martedì 30 aprile 2013

CASE BASSE SOLDERA ROSSO TOSCANA I.G.T. 2006: NUOVA DENOMINAZIONE, NUOVA IMMAGINE.




C’è qualcosa di magico in un Vino quando è straordinario.
Non solo perché è magnifico e riesce a donare ai fortunati che lo possono degustare sensazioni uniche ed eccelse, ma anche perché riesce sempre a raccontare l’impegno e la passione di chi lo ha prodotto.

Nella buia e fredda notte tra domenica 2 e lunedì 3 Dicembre 2012 la mitica Azienda Case Basse di Gianfranco Soldera, ubicata a Montalcino in Provincia di Siena, ha subito un rovinoso atto vandalico.

Qualcuno” si è introdotto nella nuova Cantina dell’Azienda (edificata nel 2001) ed ha aperto i rubinetti delle 10 grandi botti, maestose e immobili, di Rovere di Slavonia dove riposava il “prezioso nettare rosso” delle annate dal 2007 al 2012, disperdendo gran parte del contenuto,  circa 600 ettolitri. 

Grande sdegno ha suscitato questo evento e a Gianfranco Soldera (classe 1937), e alla sua Famiglia sono giunti messaggi di solidarietà dal Consorzio del Brunello di Montalcino, dalle autorità Comunali, Provinciali e Regionali, oltre che da molte parti d’Italia e ancor di più dall’Estero.

Questo drammatico evento ha fatto molto scalpore in tutta la stampa, non solo del settore enologico, sia Nazionale che Straniera.

A seguito delle indagini subito avviate dalla Magistratura e dalle Forze dell’Ordine è stato individuato, arrestato e successivamente condannato un ex operaio della stessa Azienda Case Basse.

Questa la premessa.

In data 22 Marzo 2013 Gianfranco Soldera inviava il seguente comunicato Stampa:

Ieri 21 marzo 2013 si è svolto a Siena il processo per il drammatico danno da noi subito lo scorso Dicembre. Il giudice ha accolto il rito abbreviato chiesto dall’imputato ed ha accolto in toto le richieste del Pubblico Ministero condannando il Di Gisi Andrea per i reati ascritti a quattro anni di reclusione.

Informo inoltre che oggi ho comunicato al Presidente del Consorzio del Vino del Brunello di Montalcino, Signor Fabrizio Bindocci, e ai membri del Consiglio di Amministrazione le mie irrevocabili dimissioni dalla data odierna.

Siamo lieti di annunciare che, dopo la sospensione delle vendite a seguito del gravissimo danno occorso - come da nostro comunicato del 9 dicembre scorso - decisa allo scopo di evitare speculazioni, dalla fine di questo mese ricominciamo a consegnare il nostro vino.

Anche alla fine di fare chiarezza circa inesatte notizie circolate, desideriamo comunicare che parte del vino in quel momento in cantina si è salvato dal danno e precisamente:

1) quanto dell’annata 2006 era già stato imbottigliato e

2) parte seppur limitata della produzione delle annate 2007, 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012, le cui vendite avverranno nei prossimi anni.

Confermiamo infine la ferma volontà della nostra famiglia di continuare a produrre vino esclusivamente con le uve delle nostre viti di Sangiovese a Case Basse.
Grazie per l’attenzione. Cordiali saluti.

GIANFRANCO SOLDERA (firma per esteso)”

A seguito di una intervista, rilasciata da Gianfranco Soldera, al giornalista Luciano Ferraro e pubblicata, il giorno 26 Marzo 2013, a pagina 24 del Corriere della Sera, il Consorzio del Brunello di Montalcino ha ritenuto che alcune affermazioni del famoso produttore fossero da perseguire e pertanto ha deciso di querelare Gianfranco Soldera oltre ad espellerlo immediatamente dal Consorzio stesso.

Le dimissioni precedentemente inviate da Soldera avrebbero avuto effetto solo dal 2015.

In data 16 Aprile 2013 da Case Basse è arrivato un nuovo Comunicato (una email con due allegati):

Buongiorno, sono lieto di informarLa che, dopo il periodo di sospensione delle consegne dei nostri vini a partire dall’inizio dello scorso  dicembre, in questi giorni sto riprendendo le vendite con il TOSCANA IGT 2006 SOLDERA 100% SANGIOVESE già imbottigliato e quindi salvato dal danno. 

Uniamo copia dell’etichetta (primo allegato). Si tratta di una scelta commerciale dettata dalla consapevolezza della specifica identità e unicità del nostro vino Sangiovese, diffusamente riconosciuta dai Clienti, derivante dalla tipicità del terroir, della coltivazione dell’uva, della vinificazione e dell’invecchiamento.

Il vino è accompagnato dalla scheda tecnica allegata (secondo allegato). E’ un rapporto scientifico redatto dal Prof. Massimo Vincenzini (Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Firenze) e dal Prof. Luigi Odello (International Academy of Sensory Analysis) risultato di alcuni studi in corso a Case Basse (tra cui anche quello sulla tracciabilità curato dalla Dott.ssa Rita Vignani) di cui vengono riportate in sintesi le principali evidenze.

Colgo l’occasione per ringraziare della solidarietà che ha voluto dimostrarmi in questo dolorosissimo periodo. Cordialità, Gianfranco Soldera

La nuova immagine dell’etichetta del Vino di Case Basse Soldera 2006 sicuramente mantiene tutto il suo fascino e si distingue da quella di prima solo per aver sostituito la scritta “Brunello di Montalcino” con la nuova dizione “Toscana I.G.T.”.  

Credo che per chiudere non ci siano parole più adatte di quelle che lo stesso Gianfranco Soldera ha scritto all’inizio della sua Rubrica “Controcorrente” sull’ultimo numero, appena uscito, di quella bellissima Rivista Trimestrale, diretta da Andrea Cappelli, che si chiama “OINOS – Vivere di Vino”:

In questi pochi mesi, per la mia famiglia, è cambiato il mondo: dolore, rabbia, incredulità sono state le sensazioni immediate, ma subito grandissima volontà di reagire, prima a noi stessi, poi al mondo, la nostra forza, la nostra determinazione, la nostra volontà di continuare a produrre il nostro vino esclusivamente con le uve della nostre vigne di Sangiovese, volontà così forte e univoca da superare ogni e qualsiasi avversità”.





Case Basse Soldera a Montalcino

Gianfranco Soldera e Giorgio Dracopulos tra le Vigne

venerdì 26 aprile 2013

LEONARDO ROMANELLI E IL SUO ULTIMO LIBRO “ LA BIRRA IN TAVOLA E IN CUCINA “ AL RISTORANTE “ LA PERLA DEL MARE “ DI SAN VINCENZO (LI).




Il primo cereale coltivato, ad uso alimentare, dall’uomo, oltre 10.000 anni a. C., è stato l’orzo.

L’orzo si ottiene dalle “cariossidi” (frutti secchi indeiscenti, cioè frutti che giunti a maturazione non si aprono spontaneamente) di una pianta che si chiama “hordeum vulgare”.
Questa pianta, appartenente alla famiglia delle “poaceae” meglio conosciute come “graminacee”, è stata così denominata dal medico, botanico e naturalista Svedese, Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778), considerato l’ideatore della classificazione scientifica moderna di tutti gli organismi viventi.

Antecedentemente all’orzo coltivato l’uomo aveva avuto i primi contatti alimentari con l’orzo selvatico “hordeum spontaneum”.   

Grazie al facile metodo di coltivazione, l’orzo, è stato un tipo di coltura che ha modificato  profondamente il modo di vivere dei nostri antenati, trasformandoli da cacciatori nomadi ad agricoltori stanziali, favorendo anche la nascita dei primi villaggi.

L’orzo essendo ricco di fosforo, potassio, magnesio, vitamina PP, vitamina E, ferro e calcio, ha favorito anche lo sviluppo cerebrale dell’uomo.

Grazie all’ingegno l’uomo incominciò ad elaborare le prime tecniche agrarie ottenendo un surplus di alimenti che dovevano essere conservati, la conseguenza fu che tutto ciò andava preservato dal deperimento e dall’assalto dei roditori: una delle soluzioni, che dava maggiori garanzie, fu quella di mettere i grani del raccolto in recipienti colmi di acqua.
L’orzo immerso dava inizio al processo della fermentazione, trasformando l’acqua in un qualcosa che oggi possiamo definire una rudimentale birra.

La Birra è una delle bevande più antiche dell’Umanità. 
Le prime tracce ci giungono da scritti di origine Medio Orientale di circa 5000 anni fa, ma, dalle prove chimiche fatte su alcuni resti di antichissime ceramiche, si può azzardare a dargli un luogo e una data di nascita in un Territorio che corrisponde, a grandi linee, all’attuale Stato dell’Iran, più di 7000 anni fa.

Già i Sumeri (prima popolazione sedentaria al mondo), che vissero 4.000 anni fa sui monti della Mesopotamia, bevevano birra e la chiamavano “se-bar-bi-sag” (bevanda che fa vedere chiaro).

Questa bevanda dava ai nostri antenati più forza e felicità, rendendoli più pronti ad affrontare la vita terribile di allora; da ciò essi ritennero che in questo ci fosse un qualche intervento divino.

Anche gli Egiziani facevano largo uso di birra ma, nei momenti di carestia quando tutto l’orzo veniva destinato all’alimentazione, bevevano il “vino di palma” che ricavavano dalla linfa zuccherina della pianta.

La Birra non piaceva molto ai Greci che la dileggiavano definendola “vino d’orzo”, e anche i Romani, pur conoscendola, non né facevano un largo consumo ma la relegavano soprattutto nel campo della cosmesi femminile per la pulizia e il nutrimento della pelle.
La Birra, come bevanda, era largamente diffusa in tutta le Province dell’Impero Romano.

In quei secoli lontani fu chiamata, soprattutto, Birra, Ale e Cervisia
Il primo appellativo, molto probabilmente, deriva dal Latinobibere” (bere), mentre il secondo era usato dai popoli nordici e dagli Inglesi, il terzo deriva dal GallicoCerevisia” ed è all’origine di definizioni moderne di Birra come il termine SpagnoloCerveza”.

Attraverso i millenni la Birra fu perfezionata e, in tutte le epoche, ebbe grande importanza, fino a raggiungere i nostri giorni in cui ha una posizione di grande prestigio tra le bevande alcoliche.

Il mercato mondiale è in mano alle grandi multinazionali e a migliaia di piccoli produttori. 
Ultimamente molti degli appassionati homebrewers (in Inglese coloro che si dedicano alla homebrewing, arte di produrre birra in casa) in Italiano definiti domozimurghi (dal latino domo = casa e zimurgo = colui che pratica la zimurgia o scienza della fermentazione) si sono messi in gioco  commercializzando le loro preparazioni artigianali.  

Leonardo Romanelli, classe 1963, “nasce” come Cuoco ma successivamente si dedica all’insegnamento dei dettami di questa speciale, affascinante e poliedrica arte della “Cucina”. 

Leonardo è un personaggio molto vivo, disponibile e socievole, ha un’eccellente preparazione e una grande esperienza, la sua cultura è ben radicata e intelligentemente comunicata. 

Leonardo Romanelli è impegnato in molte iniziative nel mondo dell’Enogastronomia e dell’Arte: sommelier, critico gastronomico, food-blogger, autore e condutture di note trasmissioni radiotelevisive, attore e scrittore.

Ha ricevuto molti importanti premi, attestati e riconoscimenti. 
Ultimamente, nel 2012, gli è stato riconosciuto dalla Regione Toscana, il Premio “Cangrande d’Oro - Benemerito della Vitivinicoltura Italiana”, assegnato ogni anno, al Vinitaly, a coloro che “con la propria attività professionale o imprenditoriale abbiano contribuito e sostenuto il progresso qualitativo della produzione viticola ed enologica della propria Regione e del proprio Paese”.

Leonardo dal 1997 ad oggi ha pubblicato venti Libri di successo.

La sua ultima “fatica”, uscita nel Febbraio 2013 a cura della Casa Editrice Mondadori, s’intitola “ La Birra in Tavola e in Cucina”.

Leonardo Romanelli solo in questi ultimi anni ha approfondito il “mondo” della Birra, grazie anche alla “spinta” di un caro amico, grande appassionato di questa antica bevanda, come Luca Gatteschi,  medico della Nazionale Italiana di Calcio, che lo ha supportato nello scoprirne il fascino e la complessità.

Il risultato per Romanelli è stato molto positivo, ciò si riscontra nel suo nuovo Libro che è una interessante prospettiva sull’uso della Birra come ingrediente nelle preparazioni di Cucina.
Dopo la presentazione dello stesso autore, con l’introduzione si approfondisce, anche con molti dettagli e curiosità, la Birra: storia, ingredienti, fasi di produzione, stili birrai, degustazioni, servizio, abbinamenti.
Proprio per meglio sintetizzare quest’ultimi c’è una “Tabella degli Abbinamenti”.
Seguono 100 gustose Ricette, dagli antipasti ai dolci, dove la Birra è quel tocco in più che arricchisce e rende le portate più originali.

L’ultima parte del Libro, ma non la meno importante, contiene 5 Menu completi, sempre con la Birra come filo conduttore, di altrettanti grandi e super premiati Chef: Matia Barciulli, Moreno Cedroni, Aurora Mazzucchelli, Marco Stabile, Sergio Maria Teutonico.

Un bel Libro, interessante e piacevole da leggere, nel suo formato 14,5 x 21,5 con la copertina rigida e le 143 pagine di carta riciclata.

Mercoledì 17 Aprile 2013, dal pomeriggio inoltrato a tarda notte, presso lo Stabilimento Balneare “La Perla del Mare”, ubicato sulla spiaggia di San Vincenzo in Provincia di Livorno, nell’accogliente  e panoramico Ristorante, si è svolto un divertente e interessante incontro.
Protagonisti Leonardo Romanelli con il suo Libro, la bravissima Chef Deborah Corsipadrona di Casa” con un suo personalissimo Menu tutto a base di Birra e l’Opificio Birraio.

L’Opificio, da loro stessi definito “micro birrificio artigianale”, con sede in Lavoria, Crespina (Pi), ha portato le interessanti Birre di loro produzione (Noctua, Brama, Glaux, tutti nomi di Civette visto che Crespina è la patria della Fiera delle Civette, una tradizione risalente al 1400), che sono state usate sia come ingredienti che come accompagnamento delle portate.  

La serata è stata ben organizzata e professionalmente condotta dalla mia amica Cristina Galliti, volenterosa e appassionata food-blogger, addetta alla comunicazione di diverse importanti Aziende del settore Enogastronomico.

Dopo l’esaustiva presentazione del LibroLa Birra in Tavola e in Cucina” in cui hanno preso la parola Cristina Galliti, Leonardo Romanelli e Fabrizio Di Rado, per il Birrificio, è stato servito l’aperitivo, sempre a base di Birra accompagnato da grandi e appetitosi vassoi di pesce e verdure fritti con pastella alla Birra ChiaraNoctua”.    

Successivamente si è passati al servizio della Cena dove ogni portata era accompagnata dalla Birra usata anche come ingrediente del piatto.  

In tavola dell’ottimo pane della Casa al nero di seppia, alle acciughe e limone, ai pomodori secchi e mosto (liquido zuccherino su cui operano i lieviti per giungere alla Birra) di Birra Ambrata Glaux”, insieme ad una schiacciata fatta usando un particolare residuo dell’estrazione a caldo dell’orzo germinato, gli involucri esterni della granella, le “trebbie di Birra”:

-  Battuta di gallinella e gambero rosso, insalatina di sedano croccante e arance, gelatina e granita alla Birra di FrumentoBrama”;

- Orzotto, alla Birra di FrumentoBrama”, con filetti di rana pescatrice, rigatino e asparagi;

- Cefalo alla Birra AmbrataGlaux” con budino di borragine;

- Delicato gelato alla Birra di Frumento Brama” con biscotto croccante alle trebbie;

- Soufflé ghiacciato alla Birra ChiaraNoctua”. La “base” di questa ricetta è stata presa da pagina 103 del Libro di Leonardo Romanelli.

Belle le presentazioni, ottima la materia prima, buoni i sapori che sono stati accostati con mano sapiente e delicata dalla Chef Deborah Corsi.
Deborah riesce sempre a trasmettere in ogni sua preparazione la sua straordinaria e sincera arte culinaria.

Il servizio di Sala è stato perfettamente eseguito sotto la guida di Emanuele Giampieri marito di Deborah.  

La bella e riuscita manifestazione si è conclusa tra i ringraziamenti, i brindisi e gli applausi.






Leonardo Romanelli Presenta il suo Nuovo Libro

Leonardo Romanelli, Fabrizio Di Rado, Cristina Galliti

Vista della Sala al Tramonto

Battuta di Gallinella e Gambero Rosso

Orzotto con Filetti di Rana Pescatrice

Cefalo con Budino di Borragine

Gelato alla Birra con Biscotto alle Trebbie

Soufflé Ghiacciato

Corsi, Dracopulos, Romanelli, Galliti

domenica 21 aprile 2013

“ LA MI VENTA” E “ GONDIAZ “ A MADRID : DA 50 ANNI LA RISTORAZIONE E GLI SPECIALI PROSCIUTTI ( JAMONES ) DELLA FAMIGLIA GONZALEZ DIAZ-TENDERO.




Uno dei prodotti gastronomici più interessanti e famosi al mondo si chiama “Jamòn ”, che tradotto letteralmente significa “Prosciutto”, e viene fatto nella Penisola Iberica.

In Spagnolo prosciutto si dice anche “pernil” ma è un termine meno usato.

Per la Spagna dire “Jamòn” non è semplicemente indicare quel particolare e curato salume che si ottiene, con un antico metodo di lavorazione, dalle zampe posteriori del maiale, ma è un vero e proprio “cult gastronomico” che impazza, in senso positivo, praticamente ovunque.

La Spagna è il primo Paese al Mondo come produzione e consumo di Prosciutti.  

Il frutto della lavorazione delle spalle più piccole del maiale, quelle anteriori, si chiama “Paleta o Paletilla”, e gli insaccati si chiamano “Embutidos”.

In Spagna ci sono due razze fondamentali di maiali, il più autoctono e prezioso, il “maiale Iberico” e, quello più comune, il “maiale bianco o serrano” molto simile a quello delle zone Italiane di maggiore produzione.  
Il termine “serrano” indica la zona di allevamento e stagionatura, la sierra, praticamente le terre più montane e collinari.

Il “maiale Iberico” (Cerdo Iberico) è una razza molto antica appartenente alla famiglia dei suini, “sus scrofa domesticus” secondo la denominazione del medico, botanico e naturalista Svedese, Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778), considerato l’ideatore della classificazione scientifica moderna degli organismi viventi.

Il “Cerdo Iberico” a sua volta si divide in una decina di sottorazze differenti, la cui principale differenziazione è data dalla diversa colorazione dell’animale.

Il “maiale Iberico” allevato completamente allo stato brado, che si nutre in prevalenza di ghiande (bellotas), è il più prezioso, da questo selezionato animale deriva lo  “Jamòn Ibérico de Bellota”.

Il suino che cresce seguendo un percorso metà brado, mangiando ghiande, e metà in modo intensivo, con una alimentazione di mangimi selezionati, è la materia prima per lo “Jamòn Ibérico de Recebo”.

Il maiale allevato intensivamente, con una alimentazione esclusivamente di mangimi, serve per produrre lo  “Jamòn Ibérico de Cebo”, se l’allevamento intensivo si svolge prevalentemente all’aperto il termine esatto è “Jamòn Ibérico de Cebo de Campo”.

Per non creare confusione, data la non assoluta veridicità dell’indicazione, il termine “patanegra” (zampa nera in riferimento agli zoccoli di alcuni maiali Iberici), comunemente usato per il prosciutto di qualità Spagnolo, è stato vietato per legge a partire dal 15 Aprile 2006 con il Decreto Reale 1083 del 5 Ottobre 2001.

Tutta la produzione di “Jamones” è garantita con i marchi Denominazione d’Origine Protetta (D.O.P.), Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) e Specialità Tradizionale Garantita (S.T.G.).  

Madrid, magnifica Capitale della Spagna, ha, tra tante bellezze naturali, architettoniche e storiche, anche un’altra cosa invidiabile, quella che si può definire “un estilo de vida” (uno stile di vita) frutto del positivo modo di vivere dei suoi abitanti.

Qui a Madrid, percorrendo il marciapiede di “Calle de Bailén”, da Piazza di Spagna in direzione del Palazzo Reale e superato, alla vostra sinistra, l’Edificio tondeggiate e moderno dell’ampliamento del Senato del Regno, si giunge all’imbocco di “Plaza de la Marina Espanola”.

Al numero civico sette troverete un Locale che dal 1962 diffonde, nella Capitale, in Spagna e all’estero, la poesia della sua artigianalità, la passione e l’amore per lo “Jamòn”: LA MI VENTA.

Angel Gonzàlez Sastre, classe 1942, originario di un Paese che si chiama Rosinos de la Requejada, nella Comarca di Sanabria, Provincia di Zamora, Comunità Autonoma di Castiglia e Leòn, arriva a Madrid nel 1954, ha 12 anni ed è subito coinvolto nel lavoro dal fratello più grande, Miguel, che, pervaso da voglia di lavorare e intelligenza imprenditoriale, in poco tempo aprì diverse attività di successo nel campo dell’accoglienza e della ristorazione. 

Tra queste iniziative, il 5 Maggio 1962, venne inaugurata “La Mi Venta” (“la mia vendita” nel senso del mio negozio).   

Dopo le prime difficoltà, le cose migliorarono quando alla direzione dell’attività fu messo il giovane Angel Gonzàlez, appena tornato dopo aver fatto il servizio militare.

Angel, insieme a due sorelle, iniziò, da pioniere, a produrre e propagandare lo “Jamòn” di prima qualità,  oltre a impostare la Cucina nel solco della Tradizione Castigliana
Lentamente molti Madrileni iniziarono ad apprezzare “La Mi Venta” decretandone il successo.

Nel 1969 Angel Gonzàlez iniziò a vendere anche i funghi, non tanto per motivi commerciali, ma perché si era innamorato della giovane Crescencia Dìaz-Tendero figlia di un grossista del Mercado Maravillas (Il Mercato delle Meraviglie a Madrid è dal 1942 uno dei più grandi d’Europa) e fare la spesa tutti i giorni era un’ottima scusa per incontrarla.

Nel 1970 Angel e Crescencia si sposarono e, da soli, iniziarono la nuova fase de “La Mi Venta” portandola a nuovi successi grazie al loro straordinario impegno basato su due parole, sacrificio e lavoro.  

Tra il 1971 e il 1986 sono nati i loro 4 figli: Miguel Angel, Francisco Javier, José Ignacio, Juan.
Fin da piccoli tutti sono stati coinvolti nell’attività di Famiglia.

In questi 50 anniLa Mi Venta” è stata molto frequentata da personaggi famosi Spagnoli e non, dagli artisti, dai toreri, dagli scrittori, dai nobili (frequentatori del vicino Palazzo Reale) e dai turisti.

Nel 1992, visto il grosso lavoro di produzione, commercializzazione e distribuzione di “Jamones” e “Embutidos” di qualità sia in Spagna che in Europa, viene costituita la Ditta “Gondiaz” con sede adiacente a “La Mi Venta”.

Come è evidente il nome nasce dalle prime tre lettere di “Gonzàlez” in unione con l'altro cognome “Dìaz”.

Nel 1998 nel retro dei locali di “Gondiaz”, davanti c’è la vendita e l’esposizione, viene anche aperta una scuola professionale di taglio dei prosciutti. 
Lo “Jamòn” si taglia rigorosamente con il coltello con una tecnica antica e particolare.

Dal 15 Gennaio 2011 la conduzione de “La Mi Venta”  e di “Gondiaz” è passata nelle mani dei 4 figli di Angel Gonzàlez Sastre, sotto la direzione del più grande, Miguel Angel.

La Mi Venta”  già da fuori è molto caratteristica con la sua porta e la vetrina di legno vissuto, quest’ultima con grata di ferro.
La scritta in alto è fatta con mattonelle di ceramica. 

Con la bella stagione si può mangiare anche su alcuni tavolini posti fuori davanti all’ingresso.

Entrando, a sinistra si allunga il bancone per il servizio bar, tapas ed enoteca, con una coreografica e profumata fila di prosciutti appesi, più avanti sempre a sinistra un banco più piccolo per il taglio dello “Jamòn”. 
A destra il forno a legna e la grande griglia al carbone, in fondo, di fronte si apre la cucina e una saletta, una quindicina di posti, con alti tavoli e sgabelli per una degustazione più informale.  
Davanti al bancone più piccolo c’è la scala per scendere alle due accoglienti salette del Ristorante  al piano interrato

Arrivati in fondo alla scala troviamo un breve corridoio che unisce i due spazi, sulla parete di fronte il piccolo ascensore porta vivande e una bella esposizione di Vini protetta dal vetro.

A destra un antico locale di mattoni, con il soffitto a volta su cui sono ancora attaccati i vecchi ganci per stagionare i prosciutti, con 4 accoglienti tavoli.
A sinistra un altro locale , scavato nella roccia negli anni settanta con il soffitto a travicelli, altri 5 tavoli e, in un angolo, un piccolo banchino di servizio.  

Gli ambienti sono molto caratteristici, ben arredati, i tavoli comodi e l’apparecchiatura è ricca.

La Carta dei Vini offre, oltre ad alcuni Champagne, una selezione di circa quaranta  Etichette Spagnole, tra Rossi, Bianchi e Rosati, per un totale di 600 bottiglie, più due Vini della casa: Rioja Vallobera Crianza e Ribera Valtravieso Roble.

Il Menu è estremamente vario, di Terra e di Mare con, ovviamente, una grande scelta di “tapas”, “pinchos” e salumi.

Ma veniamo alla degustazione fatta che è stata accompagnata da una bottiglia di Vino Rosso, “Matarromera Crianza 2009”, Ribera del Duero Denominacion De Origen, 100% Tempranillo, 14,5% Vol., della Bodega Matarromera di Valladolid.

In tavola una grande e alta fetta di pane bianco:

- Consommè, in tazza, di “Jamòn” e verdure;

- Crostino di datteri e frutta, secchi, con arancia caramellata e formaggio di capra;

- Piccolo assaggio di Paella;

- Tapas “La Mi Venta”, Bandeja Imperial (ricco vassoio di affettati e formaggi);

- Presa (particolare taglio che si ottiene partendo dal collo dell’animale) di maiale Ibérico alla brace con patate al forno e verdure;

- Trittico - Mousse al cioccolato e menta su panna montata con sopra dello sciroppo alla ciliegia - Torta fresca di mele Renette - Panna cotta con caramello e toffee (particolare caramella morbida simile alla mou).

Per chi lo desidera c’è la selezionata Carta dei Caffè.

Tutto buono e discretamente presentato, sicuramente una materia prima di qualità.

In Cucina un giovane e volenteroso Chef, Jesus Garcia.

Jesus, classe 1983, ha fatto la Scuola Alberghiera di Madrid e varie esperienze in alcuni Locali importanti, da poco più di un anno lavora a “La Mi Venta”.

In Sala il gentile e disponibile Maitre Riccardo Calvo, al Ristorante da più di due anni.

Ho parlato molto con Miguel Angel Gonzàlez Dìaz-Tendero che è stato gentilissimo nel raccontarmi la storia della sua famiglia e a farmi visitare anche i Locali della Ditta “Gondiaz”.

Miguel Angel nel salutarmi mi ha detto: “Giorgio, questa è la nostra vita, la nostra passione di Famiglia, noi viviamo al piano di sopra delle nostre attività e siamo totalmente legati ad esse”.

Angel Gonzàlez Sastre, amava dire riferito a “La Mi Venta”: “Esta Casa no tiene clientes, tiene amigos, pero …. escogito (Questa Casa non ha clienti, ma amici, però ……. selezionati).”

Mesòn Restaurante

La Mi Venta

Plaza de la Marina Espanola, 7

Madrid  (Spagna)




Gondiaz

Gondiaz, la Vendita

Gondiaz, una vista dell'esposizione

La Mi Venta

Il Bancone

Il Taglio del Prosciutto

La Griglia e il Forno

La Saletta più Antica

La Presa alla Brace

Il Trittico di Dolci

Miguel Angel Gonzàlez Dìaz-Tendero e Dracopulos

domenica 14 aprile 2013

CUCINA TRADIZIONALE VS. CUCINA INNOVATIVA : AMICHE O NEMICHE ?




Il grande Luigi Veronelli (1926-2004), mai abbastanza compianto enologo, cuoco, gastronomo e scrittore Milanese, amava dire: “ il Vino è il canto della terra verso il cielo”.
Vorrei aggiungere, “immodestamente”, a questa straordinaria frase del maestro: “il Buon Cibo è la musica che accompagna questo canto”. 

Mangiare e bere sono necessità vitali, ma per mangiare e bere bene bisogna impegnarsi in una vere e propria arte del “bien vivre”.

Una  preparazione culinaria se fatta bene può essere una “forma d’arte” completa che coinvolge tutti i sensi ma, soprattutto, è l’espressione più sincera e profonda dell’animo di uno bravo Chef.

Esiste una “diatriba” tra chi sostiene la difesa a spada tratta della “Cucina Tradizionale” e chi inneggia ai contenuti di quella “Innovativa”.

Ma mettiamo qualche puntino sulle “i”.

Qual è  una preparazione di Cucina Tradizionale ?

Sicuramente il Cacciucco, la Pasta con il pomodoro, il Riso con lo zafferano, le carni alla brace, i dolci delle feste e una infinità di ricette sparse nelle varie zone della nostra penisola ognuna con una sua storia e una sua peculiarità. Bene.

Ma anche questi piatti definiti “Tradizionali” a suo tempo furono “Innovativi”.

Il Cacciucco, ad esempio, è una magnifica “Zuppa di Pesce” nata dall’incontro di numerose genti di diverse nazionalità, ognuna con la propria cultura alimentare, che nell’antica e portuale Città di Livorno trovarono accoglienza, grazie alle “Leggi Livornine” (1591) che i Granduchi di Toscana vollero per attirare una folta e varia popolazione.

Il suo nome probabilmente deriva da parole foneticamente quasi uguali provenienti da Paesi molto lontani  (Spagna, Turchia, Vietnam). 
Inconfutabile è che si tratta di un piatto povero, che nasce dagli avanzi della pesca giornaliera, come tutte le zuppe di pesce Italiane e del Bacino del Mediterraneo.

La Ricetta del Cacciucco non ha dei vincoli stretti sulle tipologie dei pesci con lisca da usare (la scelta ricade sulla disponibilità del pescato del giorno), ma piuttosto è legata al come, dove e con cosa si cuociono i vari ingredienti.  
E’ fondamentale che abbia un sapore robusto, saporito e piccante. 
Il Cacciucco, nel piatto, è accompagnato da fette di pane Toscano abbrustolito e strusciato con l’aglio.

Chi, volontariamente o casualmente, fece il primo Cacciucco inventò un piatto innovativo che oggi è un pilastro della Cucina Tradizione Livornese.

Altro esempio, il Risotto allo Zafferano (nome scientifico “Crocus Sativus”), vero e proprio “cult” nel Milanese, nasce parecchio tempo dopo il 1300, periodo in cui la spezia venne importata in Italia dall’Asia Minore attraverso la Spagna e usata principalmente come colorante.

Chi, volontariamente o casualmente, fece il primo Risotto allo Zafferano inventò un piatto innovativo.

Così pure la Pasta con il Pomodoro (Solanum Lycopersicum), come un’infinità di piatti della Cucina Italiana che contengono nella ricetta questo “frutto/bacca” di una pianta annuale originaria del Centro America e del Sud America, che non poteva essere fatta prima della scoperta di quel Continente (12 Ottobre 1492). 

Il Pomodoro arrivò in Italia intorno al 1540, per secoli fu usato solo come pianta ornamentale, era considerato anche velenoso, solo negli ultimi decenni del 1700 giunse sulle nostre tavole con un’inaspettata ed improvvisa diffusione grazie alle sue straordinarie peculiarità.  

Chi, volontariamente o casualmente, fece il primo Spaghetto al Pomodoro inventò un piatto innovativo.

Anche il Cornetto Algida, ha fatto la storia del gelato tradizionale, ma è nato in Italia solo nel 1960
Si tratta del primo cono venduto già confezionato.

Ma nel 1949 un gelataio Veneto Italiano, rimasto per amore in Spagna dopo aver fatto il volontario nella Guerra civile, inventò il “Topolino” un gelato su cono di cialda wafer ripieno di crema alla panna e ricoperto con croccante cioccolato fondente belga. 
Il simpatico nome gli fu dato in onore dell’Italia e della Fiat Topolino (non del cartone animato che in Spagna si chiama Ratòn Miguelito). 

Questo gelataio si chiamava Arturo Campo, lavorava insieme alla moglie Jole Mosena
Oggi nella Città di Cadice in Andalusia, il figlio Gianni, 69 anni nel 2012, con figli e nipoti, gestisce ancora la “Salòn Italiano Heladerìa” dove offre gelati con ingredienti rigorosamente di stagione e continua a fare il famoso cono “Topolino”.  

Anche qui il Cornetto al cioccolato è Tradizionale o Innovativo?

Potrei andare avanti con altri esempi all’infinito, ma passiamo alla Cucina oggi definita “Innovativa”.  

La “Nouvelle Cuisine” è stata battezzata e definita da due gastronomi Francesi, Henry Gault e Christian Millau, per meglio descrivere il lavoro di alcuni giovani Cuochi in urto con la cucina classica. 
Essi stilarono i 10 punti del “manifesto della libera interpretazione della cucina stagionale e regionale”, con una particolare cura ed attenzione negli accostamenti dei vari sapori e nelle studiate presentazioni.

Questa Scuola ha fatto breccia nel Mondo

In Italia tra i molti bravi e super qualificati Chef che hanno seguito questa idea non posso non nominare il maestro Gualtiero Marchesi, il primo ad aderirvi negli anni 80 (anche se poi volle distaccarsene).

Alcuni facili esempi scelti in un mare di Ricette.

Nel 1990, Fulvio Pierangelini, famoso Chef del Ristorante Gambero Rosso (due Stelle Michelin) di San Vincenzo (Li), oggi chiuso, inventò la “Passatina di ceci con gamberi”. 

Più di 20 anni fa, Maurizio Santin, classe 1966, figlio di Ezio Santin del Ristorante Antica Osteria del Ponte” (tre Stelle Michelin) oggi ceduto, a Cassinetta di Lugagnano (MI), inventò il “Flan al cioccolato”.

Potrei nominare altri moltissimi Chef ed altre Ricette nuove/innovative, ma voglio sottolineare che al contrario di alcune forzature, fatte soprattutto all’estero, gli Italiani hanno preferito non esagerare nell’innovazione.

Fuori dei confini Italiani si è visto, per esempio, il “Vaso da giardino con rametti in polvere di ginepro accompagnato da un piattino spruzzato di aceto di mele in cui zampettano alcune formiche vive”, prima si mangia il rametto poi la formiche ( NB. Se non sono dello stesso formicaio si combattono a morte). 

Questa preparazione è dello Chef René Redzepi, classe 1977 (dal 2010 miglior Chef del Mondo per la classifica “The World’s 50 Best Restaurants” della San Pellegrino) del RistoranteNoma” sul molo del Porto di Copenhagen la Capitale della Danimarca
Lo Chef ritiene che “l’acido formico con il suo intenso sapore di citronella fa impennare le sensazioni gustative”.

Concludendo se non ci fosse una Cucina così detta “Tradizionale” non né esisterebbe una  “Innovativa”, ma ciò che oggi è considerato tradizionale in realtà alla sua origine era innovativo, pertanto non c’è guerra, né inimicizia.

A tal proposito Alain Ducasse (classe 1956) straordinario Chef Francese/Monegasco (fino al 2002 ha mantenuto il titolo di più giovane Chef al Mondo premiato con “tre Stelle Michelin”), oggi titolare di 22 Ristoranti Stellati in diverse nazioni con 1800 dipendenti, sostiene un concetto condivisibile: 
Nella mia Cucina sono ferocemente tradizionale e locale ma anche totalmente innovativo e globale”.







Il Cacciucco

Il Risotto allo Zafferano

Cornetto Algida Classico

Lo Chef Fulvio Pierangelini

Flan al Cioccolato dello Chef  Francesco Bracali

Lo Chef Alain Ducasse