mercoledì 22 gennaio 2014

“RIBERA DEL DUERO”, IN SPAGNA, UNA DELLE MIGLIORI ZONE VITIVINICOLE DEL MONDO.




La Comunità Autonoma (suddivisione territoriale Spagnola) di Castiglia e Leon occupa la parte settentrionale dell’Altipiano, più antico e più vasto della Penisola Iberica, la Meseta.

Il suo Territorio, il più grande di Spagna, corrisponde al più grande bacino imbrifero (idrografico) della Spagna quello del Fiume Duero, dei suoi affluenti e dei molti laghi naturali.
Il Fiume Duero percorre per ben 572 km. in Spagna, e su 112 fa da confine con il Portogallo.

La Castiglia e Leon ha nove Province: Avila, Burgos, Leon, Palencia, Salamanca, Segovia, Soria (famosa per il prezioso tartufo nero, la “Trufa Negra”), Valladolid, Zamora.

In queste Province si trova il 60% di tutto il patrimonio architettonico, artistico e storico di tutta la Spagna.

La vastità di questo Territorio e le sue varie peculiarità fanno nascere da zona a zona diversi microclimi.

Nella parte meridionale Provincia di Burgos c’è la “Comarcas Ribera del Duero”.

La “comarcas” in Spagna è una particolare suddivisione storica dei territori rientranti sotto le Province, in Italia lo potremmo equiparare al termine “distretto”.  

La Ribera del Duero è una zona prevalentemente dedita all’agricoltura, vi si pratica la pastorizia e vi si coltiva estesamente cereali, barbabietola, ma soprattutto vite.

Qui troviamo la D.O.C. (in Spagnolo “Denominacion de Origen”) Ribera del Duero che è estesa, per 20.700 ettari vitati, su 60 Comuni della Provincia di Burgos, 19 di Soria, 4 di Segovia e 19 di Valladolid.

La prestigiosa “Denominacion de Origen Ribera del Duero” è nata nel 1982 e il “Consejo Regulador de la Denominacion de Origen Ribera del Duero” ha sede nel piccolo Comune di Roa, ubicato a 820 m. s.l.m., rientrante nella denominazione.

La Zona della Denominazione è considerata il “Cuore della Ribera del Duero”.

Le sue particolari caratteristiche del terreno e del clima, che passa da nevicate copiose e vento gelido (- 18°), a forti tempeste improvvise, a venti secchi e a un clima caldo e arido (+ 40°), creano una natura inimitabile.

Qui dal tempo della conquista Romana della “Hispania”, iniziata nel 218 a.C. e terminata nel 17 a.C., si coltiva la vite e dal XIII Secolo furono edificate le prime Cantine e si iniziò a commerciare il Vino.

Nella Ribera del Duero il Vitigno “rosso” (tinto) più coltivato è il Tempranillo (conosciuto anche, tra gli altri nomi, come “Cencibel “, “Tinta del Pais” e “Tinto Fino”), ma ci sono anche Cabernet-Sauvignon, Merlot, Malbec, Garnacha Tinta e l’unico bianco autorizzato l’Albillo o Blanca del Pais.

I Vini prodotti vengono suddivisi in:

- “Jovenes”, quelli che non passano in botte o se vi riposano per un periodo che non superi i 12 mesi;

- “Crianzas”, almeno 12 mesi in botti di rovere e l’immissione sul mercato dopo due anni di vita;

- “Reserva”, un minimo di 12 mesi in botte, l’invecchiamento deve essere di almeno 36 mesi tra botte e bottiglia prima di essere commercializzati;

- “Gran Reserva”, un minimo di 24 mesi in botte e almeno 60 mesi tra botte e bottiglia, vini di eccezionale qualità che non vengono venduti prima dei 5 anni;

- “Rosados”, le uve di questa particolare tipologia vengono fermentate senza le bucce per produrre vini più freschi da bere poco tempo dopo la vendemmia. 

Alla “Denominacion de Origen Ribera del Duero” appartengono 249 Cantine (Bodegas) tra cui alcune dai nomi super famosi nel mondo come la “Bodegas Vega Sicilia”.

Ho partecipato ad una degustazione di Vini Rossi della Ribera del Duero organizzata dal “Consejo Regulador de la Denominacion de Origen Ribera del Duero” in collaborazione la “Union Espanola de Catadores” (UEC), l’Associazione Sommelier Spagnola.

Ecco i Vini Rossi “Denominacion de Origen Ribera del Duero” degustati:

- “Trus Crianza 2010”, 100% Tempranillo, 14% Vol., ha riposato per 14 mesi in botti di rovere Francese, un vino seguito dall’Enologo Juan Carlos Martinez per le “Bodegas Trus SL.”;

- “Balbàs 2010”, 90% Tempranillo e 10% Cabernet Sauvignon, 14% Vol., passato in legno, curato dall’Enologo Pedro A. de la Fuente per le “Bodegas Balbas SL.”;

- “Matarromera Crianza 2009”, 100% Tempranillo, 14,7% Vol., passato in legno, un Vino dell’Enologo Felix Gonzalez, prodotto dalla “Bodega Matarromera SL.”;

- “Monte Pinadillo Crianza 2009”, 100% Tempranillo, 14,5% Vol., passato in legno, gli Enologi di questo Vino sono due, Juan Ayuso e Luciana Calvo, è prodotto dalle “Bodegas San Roque de la Encina Sdad. Coop.”;

- “Vizcarra Torralvo 2009”, 100% Tempranillo, 14,5% Vol., Vino passato in legno, Enologo Juan Carlos Vizcarra che è anche il produttore con la sue “Bodegas Vizcarra SL.”;

- “Neptis 2009”, 100% Tempranillo, 13,5% Vol., passato in legno, l’Enologo è Lolo Yebra, ed è prodotto da “Arco de Curiel SL.”;

- “Proventus 2009”, 100% Tempranillo, 14% Vol., ha riposato per 18 mesi in botti di rovere, l’Enologa è Monica Penas, è prodotto dalle “Bodegas y Vinedos Qumran SA.”;

- “Raiz Profunda 2009”, 100% Tempranillo, 14% Vol., Vino maturato in legno, gli Enologi sono Ignacio Figueroa e Ignacio de Miguel, prodotto dalle “Bodegas Raiz y Quesos Paramo de Guzman SL.”;

- “Tres Matas 2009”, Riserva, 100% Tempranillo, 14,5% Vol., ha fatto 24 mesi di barrique, l’Enologo è Ruben Iglesias, viene prodotto dalle “Bodegas y Vinedos Vega de Yuso, SL.”;

- “Silvanus 2009”, 100% Tempranillo, 14% Vol., passato in legno, l’Enologa di riferimento è Natalia Calleja, viene prodotto dalle “Bodegas Asenjo & Manso, SL.”;

- “Regina Vides 2009”, 100% Tempranillo, 15% Vol., è stato in botti di rovere più di 12 mesi, un Vino curato dagli Enologi Jesus M. Sastre e Juan Ayuso, prodotto, con uve di vigneti con più di 50 anni, dalle “Bodegas Hermanos Sastre S.L.”;

- “Targum 2007”, 100% Tempranillo, 14,5% Vol., è stato per 14 mesi in barrique Francesi, l’Enologo è Juan José Ayuso Arenillas, viene prodotto da “Abadia de Acon SL.”;

- “Castillo de Penafiel 2006”, Riserva, 100% Tempranillo, 14% Vol., ha riposato in botti e in bottiglia per il periodo stabilito dalla Denominazione “Reserva”, l’Enologo è Alvaro Martin, viene prodotto dalle “Bodegas Thesaurus SL.”;

- “Senorio de Nava 2006”, Riserva, 100% Tempranillo, 14% Vol., passato in legno nei tempi dovuti, è stato curato dagli Enologi Alberto Ajona e Antonio Segurado, viene prodotto dalla “Bodega Senorio de Nava SA.”;

- “Baron del Valle 2005”, Gran Riserva (l’unica bottiglia decantata), 100% Tempranillo, 14% Vol., ha riposato in barrique e in bottiglia per il periodo stabilito dalla Denominazione “Gran Reserva”, è stato seguito da Maria del Carmen Alba, e prodotto da “Vina Solorca S.L.”.   

Una degustazione molto interessante di Vini che, pur mantenendo ognuno le sue peculiarità, possiamo definire robusti e dai sentori marcati.

Il Territorio della “Denominacion de Origen Ribera del Duero” è stato premiato, in occasione dei suoi 30 anni dalla nascita, dalla famosa rivista specializzata Americana “Wine Enthusiast Magazine” (fondata nel 1988 da Adam e Sybil Strum), come “Migliore Regione Vitivinicola del Mondo per l’Anno 2012”.






Matarromera 2009, Balbas 2010, Trus 2010

Monte Pinadillo 2009, Vizcarra 2009, Raiz 2009 

Baron del Valle 2005

sabato 18 gennaio 2014

SUKIYABASHI JIRO A TOKYO IL LOCALE DEL PIU’ GRANDE SHOKUNIN DEL MONDO: JIRO ONO.




Il “Sushi” (in Giapponese la parola è scritta con un carattere Cinese e significa letteralmente “acido”) è un tipo di Cucina, oggi famosa internazionalmente, che ha origini antichissime.
E’ nata in Cina ed è stata importata in Giappone da alcuni monaci Buddhisti nel 600 d.C., ed è proprio in Giappone che ha trovato la popolarità, ad iniziare dal 1820, grazie ad un Cuoco di strada, Hanaya Yohei (1799-1858), nella Città di Edo (oggi Tokyo).

Per Sushi s’intende una serie di coreografiche preparazioni a base di riso bianco (varietà Japonica a grana corta), cotto accuratamente seguendo regole precise, e poi marinato con aceto di riso, zucchero e sale, unito a pesce o frutti di mare (non sempre crudi), alghe, altri vegetali e uova. 

Il Sushi viene generalmente fatto in piccole porzioni, che si intingono in vari condimenti e che, con “buona volontà”, si possono mangiare, con le mani o con le tradizionali bacchette (hashi), in un sol boccone.

La Cucina Sushi ha varie forme e tipologie, ognuna di esse ha un nome specifico, tra le più famose:

- “Chirashi”, varie tipi di pesce crudo, tagliato ad arte, servite in una ciotola di riso “gohan”, cotto con una procedura ad assorbimento d’acqua;

- “Donburri”, è come il “Chirashi” ma con una sola tipologia di pesce;

- “Futomaki”, arrotolato di “Sushi” con all’interno pezzetti piuttosto grandi;

- “Nigiri Sushi”, pezzetti di pesce crudo sistemati su polpettine di riso “gohan” trattate con aceto di riso (per mantenerle compatte) zucchero e sale; 

- “Gunkan Nigiri”, un particolare tipo di “Nigiri” che contiene gli ingredienti in forma raccolta;

- “Hosomaki”, riso arrotolato, in alga “nori” (essiccata con un procedimento manuale molto particolare), con l’aggiunta di un solo ingrediente;

- “Sashimi”, alcuni piccoli tranci di pesce, tagliati sottili, che possono essere crudi, cotti o in salamoia;

- “Temaki”, un cono di alga “nori” ripieno di riso e vari ingredienti tagliati a bastoncini piccoli e corti;

- “Uromaki”, (detto anche California Roll essendo stato inventato, negli anni ottanta, a Los Angeles dallo Chef Ichiro Mashita del Ristorante “Tokyo Kaikan”), involtino in cui l’alga “nori”, con i vari ingredienti compreso il pesce crudo, è all’interno del riso che può essere semplice o ricoperto di semi di sesamo.

Il "Sushi" è un alimento semplice, essenziale, ma pieno di sapore: l’assoluta semplicità lo conduce alla purezza.

Come molte altre cose del Giappone il “Sushi” non è solo una particolare e difficile Arte Culinaria ma è una vera e propria “filosofia di vita”.

Un’apprendista Cuoco passa almeno due anni a strizzare piccoli asciugamani bollenti per la clientela e a buttare il riso nell’acqua. 
Successivamente deve specializzarsi nelle preparazioni con il suo maestro (Shokunin) per almeno altri tre anni prima di poter esercitare ciò che ha appreso. 
Ma solo dopo 10 anni può definirsi “Itamae”, uno Chef professionista di “Sushi”.

Per il Cuoco di “Sushi” anche gli strumenti più usati, i coltelli, sono qualcosa di simile alle spade per i Samurai, tanta è l’amorevole cura con cui, ogni giorno, li tengono pulitissimi e affilatissimi.

Nella Cucina Sushi” le preparazioni non devono appagare soltanto il palato ma, necessariamente,  devono soddisfare anche la vista, ricreando nel piatto una sorta di “Giardino Zen”, mitico e spettacolare luogo di meditazione dei monaci delle Scuole Buddhiste Giapponesi denominate appunto “Zen”.

Tokyo, Capitale del Giappone, è una Metropoli da 13,5 milioni di abitanti, è suddivisa, nella parte centrale e più popolata, in 23 Quartieri Speciali, uno di questi si chiama “Chuo-ku”.

Uno dei Distretti di “Chuo-ku”, ubicato nella parte sud-occidentale, noto nel mondo come vasta area commerciale di lusso ricca di boutique, negozi, magazzini, ristorante e caffè, si chiama “Ginza” (il nome deriva dalla parola Giapponese “gin” = argento).

Tra i molti Palazzi super illuminati e affollati di “Ginza”, dove spiccano le vetrine delle grandi firme, c’è ne è uno un poco più anonimo, destinato ad uffici, il Tsukamoto Sogyo Building, al primo piano interrato di questo edificio si trova una dei posti gastronomici più interessanti del mondo: il “Sukiyabashi Jiro”.

Chiamarlo “ristorante”, date le sue piccole dimensioni (un bancone con soli 10 posti a sedere su sgabelli con spalliera imbottiti, e tre tavolini), forse non è proprio la parola giusta, è piuttosto un “tempio” della gastronomia Giapponese dove l’arte del “Sushi” è al massimo livello.

Il “Sukiyabashi Jiro” è dello Chef, anzi dello “Shokunin” (Maestro Sushi Chef), Jiro Ono.

Jiro è nato nella Città di Hamamatsu, il 27 Ottobre del 1925, suo padre aveva problemi di alcool e aveva lasciato la famiglia quando lui aveva sette anni, all’età di solo nove anni è entrato a fare pratica nelle cucine di “Sushi” e da allora l’arte del “Sushi” è diventata tutta la sua vita.

Jiro Ono ha due figli, il più grande, che ha più di 50 anni, lavora con il padre, Yoshikazu, e Takashi che ha aperto, a Roppongi Hills (un grande e moderno complesso urbano di Tokyo dove spicca la Mori Tower un grattacielo di 258 metri) il suo “Sukiyabashi”, praticamente una copia del Locale di Jiro.

Yoshikazu ha iniziato a lavorare con il padre all’età di 19 anni e all’inizio non era entusiasta del lavoro, ma a poco a poco la passione di suo padre lo ha contagiato.

Il “Sukiyabashi Jiro” nel 2008  ha avuto, dalla super prestigiosa Guida Rossa Michelin Giapponese, la “Terza Stella” facendo diventare Jiro Ono lo Chef  “tristellato” più anziano al mondo e l’unico di “Sushi”.

Jiro Ono fino a settanta anni è andato tutte le mattine, prima dell’alba, all’antico mercato ittico all’ingrosso di Tokyo, il più grande del mondo, “Tsukiji shijo”, ma avendo avuto problemi al cuore, questo fondamentale compito è passato al figlio Yoshikazu che lo esegue diligentemente andando e tornando in bicicletta.

Jiro è talmente preso dal suo lavoro che anche la notte sogna nuove ricette che poi mette in pratica.
Jiro non fa mai vacanze, “sono noiose e lunghe”, preferisce lavorare.

Il riso, di qualità, usato da Jiro proviene dal suo fornitore di fiducia, Hiromachi Honda, e, dopo l’attenta e precisa cottura, viene accuratamente servito alla temperatura del corpo umano.

Al “Sukiyabashi Jiro” vengono serviti tre tipi di straordinario e super selezionato tonno, O-Toro (tonno grasso frollato 10 giorni), Chu-toro (tonno medio), Akami (tonno magro frollato tre giorni).

Il pesce usato, in molti casi, viene sfilettato quando è ancora vivo. 
Il polpo di Jiro, per esempio, viene massaggiato per 45/50 minuti per ammorbidirlo prima di cucinarlo.

Jiro assaggia sempre tutto e controlla in continuazione il lavoro di suo figlio e degli apprendisti, è severissimo con tutti ma anche con se stesso, non è mai soddisfatto e vuole sempre migliorare.
Gli apprendisti si trovano con sempre maggiore difficoltà dato i molti sacrifici che devono affrontare per raggiungere il livello di “Itamae”.

Il “Sukiyabashi Jiro”, pur avendo pochissimi coperti e il bagno all’esterno, ha “tre stelleMichelin e durante la sua storia è stato super premiato.

A pranzo e cena si mangiano  portate, differenziate tra uomini e donne, in 15/20 minuti con una spesa minima di 30.000 yen (circa 250,00 Euro): in proporzione al tempo è il Locale più costoso al mondo.

Al “Sukiyabashi Jiro” bisogna prenotare con mesi di anticipo. 

Jiro con il suo aspetto dimesso è un gigante della Cucina Giapponese che guarda sempre avanti, oltre se stesso, per protendersi verso il raggiungimento della perfezione.

Il 95% della Cucina “Sushi” avviene nella preparazione degli ingredienti prima che vengano assemblati per la presentazione.

Il “Sushi”, secondo Jiro, va preparato con estrema delicatezza come se si tenesse in mano un pulcino.

Il Menu è di 20 portate, è Jiro lo aggiorna ogni giorno a seconda della spesa fatta.

All’inizio si parte con le preparazioni classiche (come maguro = tonno rosso e pesce del giorno), poi si passa a crudi e cotti di mare (come tako = piovra, ika = calamari, fugu = pesce palla, estremamente velenoso se non preparato alla perfezione), infine le cose più particolari (come ikura = salmone, tobiko = uova di pesce volante, tamago = frittata dolce a base di uova).

Tutte queste prelibate portate di “Sushi” devono essere mangiate appena servite, nel rispetto  dell’equilibrio perfetto tra il riso e il pesce.

Insieme al Sushi di Jiro si mangia anche la sua filosofia.

In abbinamento alle preparazioni vengono serviti vari condimenti, tutte ricette segrete di Jiro, tipo wasabi = rafano Giapponese, shoyu = salsa di soia e il suo aceto di riso.  

Al “Sukiyabashi Jiro” si beve esclusivamente il “sake” (vino di riso fermentato) o la birra.

Per il famoso critico gastronomico Giapponese Masuhiro Yamamoto  un grande Chef deve essere : serio sul lavoro, migliorare ogni giorno, essere estremamente pulito, essere un leader intransigente con se stesso e con i collaboratori, avere una straordinaria passione per il suo lavoro.

Jiro Ono ha tutte queste prerogative.




Sukiyabashi Jiro, il Bancone

Shokunin Jiro Ono

giovedì 9 gennaio 2014

STOLICHNAYA ULTRA LUXURY VODKA: LA SECONDA LIMITATISSIMA EDIZIONE (THE NEW ZEALAND EDITION) DELLE PRISTINE WATER SERIES DI ELIT.




Nell’Oceano Pacifico (179 milioni di Km. quadrati, il più grande dei cinque Oceani della Terra) e più precisamente nella sua parte meridionale c’è uno Stato Insulare che la popolazione autoctona, i Maori, chiama “Aotearoa” (ao: nuvola - tea: bianca - roa: lunga).
Noi lo conosciamo con il nome di Nuova Zelanda.

La Nuova Zelanda è un arcipelago formato da due grandi isole (del Nord e del Sud), separate dallo stretto di Cook, largo 26 Km., e da moltissime altre più piccole in gran parte disabitate.

Le due Isole insieme, in lunghezza, non superano i 1.500 Km. e per larghezza i 200 km.; l’insieme dell’Arcipelago ha una superficie di circa 270.000 chilometri quadrati, dove vivono 4,5 milioni di persone.

Molte delle Isole più piccole per la bellezza della natura incontaminata sono state definite, dall’UNESCO, Patrimonio dell’Umanità.

La terra più vicina è l’Australia a circa 2000 km. a nord-ovest.

In Nuova Zelanda il clima è temperato, marittimo con abbondanti precipitazioni e ciò rende il territorio particolarmente ricco di brevi corsi d’acqua, cascate e laghi.

Qui la natura è straordinariamente bella e a iniziare dal 1887 sono stati istituiti molti Parchi Nazionali, Forestali e Marini per preservarla. 

In questo incontaminato “paradiso terrestre” possiamo trovare una delle sorgenti d’acqua più pure del mondo la “Blu Spring”.

La sorgente sgorga nel complesso collinare delle Mamaku Ranges, nell’Isola del Nord
Le aspre Colline in questione sono di origina vulcanica, non superano i 600 metri, e sono ricoperte in gran parte da foreste. 
Quest’acqua, naturalmente super filtrata attraverso la pomice (roccia magmatica) delle colline, ha una fantastica tonalità blu ed una limpidezza incomparabile.

Proprio la magnifica acqua di questa sorgente è stata usata dall’Azienda Russa Stoli per un edizione speciale (la seconda), della sua “Vodka Elit Pristine (Incontaminata) Water Series”, battezzandola con il nome  “The New Zealand Edition”.

Nella prima edizione, “The Himalayan Edition”, era stata usata l’altrettanto pura acqua di montagna proveniente dai ghiacciai, posti a 3000 metri, delle cime dell’Himalaya.

L’Azienda Stoli (Stolichnaya) nasce a Mosca, nella tradizione della Prima Distilleria di Stato del 1901, da un brevetto del 1938; successivamente tra il 1946 e il 1948 ha aperto i battenti ed ha incominciato la sua produzione.

La Vodka (in Italiano “Acquetta”) è una delle bevande alcoliche più antiche e bevute nel mondo. 
Si produce, dopo una prima fase di fermentazione, con almeno tre distillazioni dalla fecola e polpa di patate oltre che dai cereali. 
Il filtraggio si ottiene con materiali vari, tra cui polveri di diamante, carboni e farine fossili.

Con la prima distillazione si ottiene la “Brantowka” (Vodka bruciata) 15 gradi alcolici, dalla seconda la “Prostka” (Vodka rustica) 30°, dalla terza la “Okovita” (Acquavite) 70°.

Fondamentale la qualità dell’acqua aggiunta per portare, nella Vodka Russa, l’alcool intorno al 40%  come indicato dalla scuola del famoso chimico Russo Dimitrij Ivanovic Mendeleev (1834 - 1907).

La Vodka della Stolichnaya è fatta con frumento e segale, la fermentazione dura circa 60 ore e le fasi di distillazione sono addirittura quattro con il raggiungimento di ben 96,4 % Vol. e solo  successivamente viene aggiunta l’acqua. 
Per ottenere il massimo della filtrazione vengono usati quarzo, sabbia, carbone attivo e un particolare tessuto.

Stolichnaya” è la forma aggettivale del termine “Stolitsa” (Capitale), infatti sulle etichette della Vodka Stolichnaya classica si trova il disegno del famoso “Hotel Moskva” dove Stalin soggiornò e da dove parte una delle prime stazioni della metropolitana della Capitale.

Oggi l’Azienda “Stoli”, la più premiata Vodka del mondo, appartiene allo “SPI GROUP” (Società nata nel 1997 da un’idea dell’imprenditore Russo Yuri Shefler) ed è distribuita in Italia dalla “Velier S.p.A.” di Genova.

Da più di 65 anni la Vodka Stolichnaya viene prodotta e imbottigliata, in Lituania, dalla storica DistilleriaLatvijas Balzams”.  

Per la “Vodka Stolichnaya Elit Pristine Water Series The New Zealand Edition” viene usato un grano, super selezionato e speciale, proveniente dalla Riserva Naturale Biologica Russa di Kershinskoye  Vodokhranilishche.

Il prezioso “Alpha Spirit”, ottenuto con le varie fasi di lavorazione, dopo essere stato filtrato con l’esclusivo processo “freeze out” alla temperatura di - 18°, viene unito all’acqua purissima proveniente dalla SorgenteBlu Spring” della Nuova Zelanda.

Il risultato è un prodotto cristallino, al naso eccezionalmente pulito e neutro, delicatamente fresco con sottili aromi floreali e di agrumi, dal gusto molto vivace, elegante, vellutato e lungo.

Della “Elit Pristine Water Series The New Zealand Edition” sono state prodotte soltanto 300 bottiglie  con un importante tappo in palladio.

Le bottiglie, da un litro in cristallo soffiato, sono state appositamente commissionate alla celebre e storica Ditta FranceseCristallarie Royale de Champagne” che le ha prodotte con uno strato in rilievo, nella parte bassa, riproducente la “Felce Argentata” simbolo della Nuova Zelanda.    

Per impreziosire ancora di più questa limitatissima Edizione è stata adottata una custodia di legno Kauri lavorata.

Il pregiato legno Kauri (Aghatis Australis) è dell’albero più grande per cubatura (alto anche 70 metri con un diametro di 10 metri), più antico e più raro del Mondo. 

Il Kauri Millenario adoperato per la cassetta è ottenuto da piante che in seguito a enormi cataclismi sono rimaste sotto il fango anche per 50.000 anni, senza pietrificare o decomporsi grazie alla mancanza di ossigeno, questa assoluta rarità si trova esclusivamente in una ristrettissima area paludosa preistorica nel Nord della Nuova Zelanda.  

Il legno brillante e lucido del contenitore è stato disegnato con fronde di “koru” simbolo Maori di nuova vita, crescita, forza e pace.

La “Vodka Stolichnaya Elit Pristine Water Series The New Zealand Edition” è talmente rara, ricca di magnifiche e preziose peculiarità, compresa la lussuosissima presentazione, che non si può certo sperare di comprarla a un prezzo basso.










Elit The New Zealand Edition  

Il pregiato legno "Kauri" disegnato

giovedì 2 gennaio 2014

IL “FOUR SEASONS HOTEL FIRENZE” E IL SUO RISTORANTE “IL PALAGIO” SONO NEL GOTHA MONDIALE DELL’ACCOGLIENZA DI LUSSO.




La parola “Lusso” deriva dal termine Latino “Luxus” con cui si indicava la “Sovrabbondanza”.

Oggi nel Dizionario della Lingua Italiana con la parola “Lusso” si indica la ricchezza, la magnificenza negli usi e negli agi della vita, atti e modalità questi che denotano un notevole benessere economico.
Sinonimi del termine “Lusso” sono “Sfarzo” e “Sontuosità”.

Il “Lusso” non è fatto solo di “Beni Veblen”, quelle cose per cui il desiderio di acquistarle, da parte di un certo tipo di consumatori, aumenta con il crescere del loro prezzo. 
Questa particolare tendenza fu teorizzata dall’Economista e Sociologo Statunitense Thorstein Bunde Veblen (1857-1929) nel suo saggio, del 1899, “La Teoria della Classe Agiata”. 

Il “Lusso” comprende anche cose meravigliose, rare e uniche che per la loro realizzazione o conduzione danno lavoro a milioni di persone nel mondo.
Pensate agli straordinari Ingegneri e operai super specializzati che costruiscono auto come le Ferrari, le Lamborghini o le Maserati (solo per citare le Italiane), o agli orafi artigiani che realizzano degli incredibili capolavori, oppure ai grandi maestri dell’arte, di ogni epoca, che grazie al “Lusso”  hanno potuto e possono fare, divulgare e conservare nei secoli la loro incredibile arte.

Ma pensate anche a quante preziose opere, realizzate in altri tempi, possono, grazie al “Lusso” essere conservate e mantenute in perfette condizioni continuando così ad essere patrimonio della cultura di ognuno di noi.

Non solo queste, che vi ho citato, ma una lunghissima lista di eccellenze, in tutti i campi possibili e immaginabili, per merito del “Lusso” ritrovano vita e possono continuare ad esistere.

In Toscana nella Città di Firenze, che per il mondo è uno splendente faro di arte e cultura, tra l’infinità di bellissimi edifici storici c’è, al numero civico 99 di Borgo Pinti, il Palazzo della Gherardesca oggi sede di uno degli alberghi più prestigiosi al mondo, il “Four Seasons Hotel Firenze” (5 Stelle).

La Four Seasons Hotels & Resorts è una Società Canadese, fondata nel 1960 da Isadore Sharp,  titolare di una catena di 86 Alberghi/Resort super accoglienti ubicati in posti bellissimi e sparsi in 34 Paesi del Mondo
In Italia, per ora, ci sono due strutture di questa catena, una a Milano e l’altra è quella di Firenze.

Il complesso del Palazzo della Gherardesca, rientrante nel patrimonio artistico nazionale, è  composto da due grandi Edifici, il “Palazzo della Gheradesca” e il “Conventino”.
Il Primo è stato edificato tra il 1472 e il 1480, su progetto di Giuliano Giamberti da Sangallo (1445-1516) architetto, ingegnere e scultore Fiorentino. 
Il Secondo risale al XVI secolo ed è stato in epoche passate sede di un convento dell’Ordine Religioso delle “ Serve di Maria Riparatrice”.

I due Edifici sono divisi dal fantastico parco botanico privato, il più grande di Firenze, 4,5 ettari, denominato il “Giardino della Gherardesca” (già Giardino Pinti).

Il Palazzo della Gheradesca è uno dei più importanti esempi di quello stile abitativo denominato “casini di delizie”, grandi e accoglienti case di città che in realtà sono bellissime Ville immerse nei colori dei loro parchi e giardini. 
Tutta la struttura, di incredibile bellezza, si eleva intorno al grande cortile a forma quadra, studiato per sfruttare al massimo la luce naturale, con arcate a tutto sesto su pilastri quadrati, all’interno dei quali corre il loggiato con le volte a botte. 
Il tutto arricchito e decorato con una fine, preziosa serie di pitture e di bassorilievi. 

Dal 1940 al 1942 il Palazzo è stato risistemato e il cortile, per meglio preservarlo dalle aggressioni atmosferiche, è stato ricoperto con un lucernaio; tutto il lavoro e stato progettato e seguito dall’architetto Riminese Piero Sanpaolesi (1904-1980) e dall’architetto Montecatinese Raffaello Brizzi (1883-1946).

Il complesso, dopo essere stato rilevato dalla “Four Seasons Hotels & Resorts” nel 2001, è stato in sette anni meticolosamente restaurato, sotto il controllo della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza delle Belle Arti. 
In questo periodo è avvenuto anche l’accurato recupero dell’infinità di opere d’arte in esso contenute.  

Dal 15 Giugno del 2008 tutto il Complesso del “Palazzo della Gherardesca” è una delle “perle” della catena alberghiera della “Four Seasons Hotels & Resorts”.

Il “Four Seasons Hotel Firenze” ha 116 straordinarie camere e suites (altre 37 sono al Conventino) tutte diverse l’una dall’altra ed ognuna ricca di dettagli unici (affreschi, fregi, bassorilievi, lucernai, soffitti istoriati, camini monumentali, ecc.), la piscina, il fitness centre, la libreria e la sala di lettura, oltre a moltissimi altri servizi ai più alti standard di ospitalità.

Un Hotel immerso in una straordinaria atmosfera per sentirsi “a casa quando si è lontani da casa”.

Sotto le feste di Natale poi questa atmosfera è ancor più sentita anche grazie ai lussuosi addobbi che ogni anno con uno straordinario gusto vengono preparati.

Una particolarissima attenzione e cura viene dedicata all’enogastronomia di qualità con una predilezione per i prodotti e le ricette del Territorio.

Il RistoranteAl Fresco”, aperto nella bella stagione al bordo piscina, “La Magnolia” area ristorativa all’interno del Conventino, il lussuoso e accogliente spazio denominato ”Atrium Bar”, e fiore all’occhiello della struttura il RistoranteIl Palagio”.

Il termine “palagio” vuol dire “palazzo”, deriva dal Latino “palatium” e nel Medioevo indicava quegli edifici appena più grandi delle case-torri, oltre a quelli dove era la sede del podestà.

Il Palagio” è il Ristorante principale del “Four Seasons Hotel Firenze”, ubicato nelle ex scuderie del Palazzo oggi trasformate in una suggestiva, lussuosa e “magica” sala dalle grandi colonne e il soffitto a volta. 

Una dozzina di comodi tavoli riccamente imbanditi per circa 55 coperti, nella bella stagione si cena all’aperto sulla terrazza.

La grande sala del Ristorante gira intorno alla bella struttura a vetrine-frigo (piene di favolose etichette) che forma l’Enoteca, una bomboniera con bancone dove si possono degustare i selezionatissimi vini della Cantina, oltre 500 Etichette dall’Italia e dal Mondo, molti anche al bicchiere, una scelta favorita dalle loro macchine “enodispenser” ad azoto che migliorano la conservazione dei Vini aperti.

Il bravissimo, simpatico e gioviale Vito Mollica è l’Executive Chef del “Four Seasons Hotel Firenze” che con il Ristorante Il Palagio”, tra i tantissimi successi e riconoscimenti, ha avuto dalla Guida Rossa Michelin 2012 (pubblicata nel Novembre 2011) la prestigiosissima “Stella”. 

Vito Mollica è nato, il 27 Luglio 1971, ad Avigliano in Provincia di Potenza, fino all’età di sei anni è vissuto nella Contrada Tuoppo, nel 1977 seguendo la famiglia si trasferisce al nord a Origgio, in Provincia di Varese, dopo suo padre lavorava già da quattro anni. 

Vito seguendo l’amore per la buona cucina, sviluppatosi grazie all’arte della sua mamma, nel 1984 frequenta il Centro di Formazione Professionale Alberghiero di Casarco (Località Piazzo) in Provincia di Lecco.

Diplomatosi nel 1987 muove i suoi primi passi nel mondo della Ristorazione entrando in importanti Cucine come quelle del” Principe di Piemonte” di Viareggio (LU) e il “Gama Hotel” di Milano. 
Tra il 1988 e il 1989 ha fatto esperienza in Inghilterra

Tornato in Italia i suoi grandi meriti e la sua bravura lo hanno fatto rapidamente salire di grado nei diversi Locali dove ha lavorato a Milano, Madonna di Campiglio (Trento) e Genova: alla fine del 1991 è già Chef de Partie e nel 1993 Sous Chef

Tra l’Agosto del ’94 e l’Ottobre del ’95 è Chef de Cuisine al “Caruso Restaurant” del Jolly  Hotel Carlton di Amsterdam in Olanda. 
Successivamente, dopo aver trascorso ancora un anno in Inghilterra, nel Novembre del 1996 entra a lavorare al “Four Seasons Hotel Milano”.

Dall’Ottobre del 2000 all’Agosto del 2007 è l’Executive Chef del “Four Seasons Hotel Praga” nella Repubblica Ceca
Dal Settembre 2007 è al “Four Seasons Hotel Firenze”.

Oltre a tutto ciò Vito Mollica ha fatto degli stage, in Italia e all’estero, da straordinari maestri super stellati come gli Chef Ferran Adrià Acosta e Gualtiero Marchesi.

Al “Four Seasons Hotel FirenzeVito Mollica è coadiuvato da un grande Executive Pastry Chef come Domenico Di Clemente e da una Brigata di Cucina e di Sala particolarmente  efficienti e altamente professionali.

In particolare la Brigata di Sala è composta dai Restaurant Manager Gabriele Fedeli e Mario Esposito, la Restaurant Guest Relations Sofia Schuen, i Restaurant Supervisor Nicola Ceccarelli e Giuseppe Galante, i Sommelier Walter Meccia e Thomas Vandenbossche.

Ma veniamo alla degustazione fatta al RistoranteIl Palagio”.

Prima del pranzo vero e proprio, un ricco aperitivo con moltissimi appetitosi stuzzichini elegantemente serviti e accompagnati da “Bianca Vigna” Prosecco D.O.C. Brut dell’Azienda Bianca Vigna di San Pietro di Feletto (Treviso).

Al tavolo le portate sono state abbinate alle seguenti bevande:

- “Pieropan Soave Classico 2012”, Soave Classico D.O.C., 85% Garganega e 15% Trebbiano di Soave, 12% Vol., prodotto dall’Azienda Vitivinicola Leonildo Pieropan di Soave (Verona);

- “Cupano Montisi 2004”, un Vino Rosso Riserva Speciale, 100% Sangiovese, 12.5% Vol., imbottigliato appositamente per il Four Seasons Hotel dall’Azienda Agricola Cupano di Tondini Ornella ubicata in Località Camigliano a Montalcino  (Siena);

- “Carpano Antica Formula”, Classico Vermut Vanigliato (primo della storia), 16,5% Vol., prodotto in quantità limitata e in pregiate bottiglie di vetro soffiato, secondo l’antica e prima ricetta segreta di Benedetto Carpano del 1786, dalla Fratelli Branca Distillerie di Milano. 

In tavola il fragrante pane della Casa assortito ai vari sapori.

Sono state servite le seguenti portate:

- Insalata di mare su crema di ceci neri;

- Risotto alla verza con fricassea di maialino;

- Tacchinella di Zavoli con passata di castagne, pinoli, uvetta e salsa al rosmarino;

- Baguette al cioccolato Amedei;

- Piccola Pasticceria della Casa.

Tutto molto buono e ben presentato.

La Cucina del grande Chef Vito Mollica è molto curata, attenta ed esperta, trasmette sensazioni positive ed esalta le buone materie prime locali e stagionali. 

Il “Four Seasons Hotel Firenze” con i suoi trecento addetti è una “grande impresa” che necessità di una solida e sapiente guida come quella di Patrizio Cipollini.  

Il Toscano General Manager Patrizio Cipollini  ha iniziato la sua carriera, nel “Four Seasons Hotels & Resorts”, nel 1993 con l’inaugurazione del “Four Seasons Hotel Milano” (primo Hotel della Catena in Europa). 
Dal 2001 è a Firenze dove, come Direttore Generale, ha seguito tutti i lavori di restauro per l’apertura del “Four Seasons Hotel Firenze”.

Patrizio Cipollini guidando l’Hotel anche con grande rispetto e attenzione per tutto il suo Team è riuscito a dare un’anima estremamente sensibile allo Staff con enormi vantaggi sulla qualità dell’accoglienza.

Tra lo Staff dell’Hotel un particolare ringraziamento, oltre a tutti coloro che mi hanno splendidamente accolto, aiutato e servito, va all’amico Chef Vito Mollica, alla gentilissima e disponibilissima PR Coordinator Claudia Porrello, e al bravo e premuroso Sommelier Walter Meccia.

Il “Four Seasons Hotel Firenze” e il suo RistoranteIl Palagio”, grazie alle speciali e rare peculiarità insieme ai più alti standard di ospitalità, sono meritatamente nel gotha Mondiale dell’accoglienza di lusso.





Il Cortile

Uno dei Loggiati

"Atrium Bar"

L'Enoteca

Ristorante "Il Palagio" una Vista

Insalata di Mare su Crema di Ceci

Risotto Verza e Maialino

Tacchinella di Zavoli

Baguette al Cioccolato Amedei

La Pasticceria dello Chef Domenico Di Clemente

Vito Mollica e Giorgio Dracopulos

Lo Chef Vito Mollica e il suo Team

Patrizio Cipollini e Giorgio Dracopulos