giovedì 4 settembre 2014

“CASTELLO DI AMA AL POGGIO 2006” UN VINO BIANCO, BEN CONSERVATO, CHE ESPRIME GRANDI SENTORI E MAGNIFICHE SENSAZIONI.




Conservare il vino in bottiglia in uno stato ottimale potrebbe sembrare semplice, ma nella realtà non è così.

L’Età della Pietra, quell’epoca dell’evoluzione umana che va da 2.500.000 anni fa, quando comparve l’uomo, a circa 5.000 anni a.C., si divide in tre periodi: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.

Verso la fine del Neolitico l’uomo incominciò a forgiare i primi metalli e nacque quella forma fondamentale di sopravvivenza umana, legata all’alimentazione, che è denominata “agricoltura”.

Proprio a quest’ultimo periodo, molto probabilmente, risalgono anche le prime coltivazioni di vigneti (vite comune o euroasiatica definita da Carl Nilsson Linnaeus, nel 1753, “Vitis Vinifera”), come dimostrato da alcuni ritrovamenti nella regione del Caucaso.

I vigneti portarono l’uva e le prime spremiture, di conseguenza si presentò subito il problema di come conservare il prezioso succo così ottenuto.

Egiziani, Etruschi, Greci e Romani svilupparono sia le modalità di coltivazione che quelle di conservazione del vino che passò dai contenitori realizzati con le interiora di animali a terrecotte di tutti i tipi e forme (famose le giare e le anfore), più raramente si faceva uso di contenitori in metallo, ma tutti i tipi usati venivano sigillati con i metodi più vari.

Successivamente, circa 2.200 anni fa, le popolazioni, abitanti nelle Provincie Romane della Gallia e della Germania, iniziarono ad utilizzare delle botti per la conservazione del vino.

Passaggio facile per loro che le usavano già per conservare e trasportare la birra.

La botte (dal Latino “buttis”= vasetto) è un contenitore, dalla forma vagamente cilindrico bombata e di varie misure, fatto di doghe di legno un po’ incurvate, tenute da cerchi di metallo.

Fu una rivoluzione, in campo enologico, così grande che le botti sono normalmente usate tutt’ora.

Altrettanto rivoluzionaria fu la successiva introduzione della bottiglia di vetro e del tappo sigillante di sughero che permise al Vino di conservarsi anche per moltissimi anni.

Alcuni ritrovamenti fanno risalire le prime “antiche” bottiglie ai Siriani nel I Secolo d.C., ma bisogna addirittura attendere quelle fabbricate a Murano (Isola della Laguna Veneta famosa, dal 1291, per la lavorazione artistica del vetro di qualità), nel XV e XVI Secolo, per poter parlare dell’inizio della diffusione del loro uso.

Ora abbiamo la bottiglia, di varie forme e capacità, perfettamente sigillata, ma abbiamo lo stesso problema di migliaia di anni fa: come conservare il vino.

Se si possiede una cantina adeguata, perfettamente attrezzata e climatizzata alle temperature consone in sintonia col grado d’umidità dovuto, non ci sono problemi, si è fortunati.

Ma la stragrande maggioranza degli appassionati deve conservare i suoi “tesori” in casa, allora, meglio prendere alcune fondamentali precauzioni per cercare di limitare i danni.

In primis dovete scegliere un locale dove la temperatura sia la più costante possibile, non abbia sbalzi, e se ci riuscite tenetelo tutto l’anno ad uno stato di piacevole freschezza. 
Ciò si può ottenere limitando il riscaldamento in inverno e con altri accorgimenti in estate, per esempio non areando nelle ore più calde.
Assicuratevi che il locale prescelto non sia eccessivamente umido o contenga materiali che possono rilasciare nell’aria sostanze dannose.
Poi è necessario che le bottiglie stiano sdraiate e le stesse, se possibile, raccolte in cassette di legno, non nelle solite “polverose” rastrelliere.

Il legno, materiale poroso, oltre a tenere i vini al buio, pur permettendo una certa respirazione, contribuisce soprattutto a proteggerli da molti altri eventuali rischi.

Ovviamente tutte queste attenzioni devono essere dedicate a quei vini che potenzialmente hanno la possibilità di dare il meglio di se con il passare del tempo. 

Questi semplicissimi consigli vi permetteranno di conservare (in modo un po’ spartano) i vostri migliori vini, soprattutto rossi, per parecchi mesi e “molto probabilmente” anche per qualche anno. 

Comunque ogni tanto stappate qualche bottiglia per controllare l’andamento visto che il vino, in casa, invecchia ad una velocità tre volte superiore a quello conservato in una vera e propria cantina.

Grande è la soddisfazione se riuscirete ad aprire una bottiglia d’annata che sia in grado di dare molto, ancor di più se si tratta di un vino bianco meno difeso dalle ossidazioni.

Un successo, per esempio, è riuscire a degustare nel Settembre 2014 un grande vino bianco come “Al Poggio 2006” dell’Azienda “Castello di Ama s.p.a.” di Gaiole in Chianti in Provincia di Siena.

Ama, sorta più di 10 secoli fa in una zona dove iniziava a fiorire l’agricoltura e la viticoltura, è una Frazione di Gaiole in Chianti, composta dal Borgo antico, inizialmente circondato dalle mura di una fortezza di cui oggi restano solo poche tracce, e da varie località rurali limitrofe. 
Il tutto ubicato a circa 500 m. s.l.m., sulle splendide e dolci colline Senesi

L’affascinante Borgo, che sorge su un’altura tra Radda e Gaiole in Chianti, è proprietà dell’AziendaCastello di Ama”, nata nel 1972 grazie all’amorevole passione di 4 Famiglie Romane, oggi si estende per circa 250 ettari (di cui 90 di vigneti, 40 di oliveti) ed è gestita dalla Famiglia di Lorenza Sebasti e Marco Pallanti con i loro figli Arturo e Norma.

Marco Pallanti, l’agronomo e l’enologo, è stato anche, per due volte, Presidente del “Consorzio del Chianti Classico”.

Al Castello di Ama molto si è fatto, negli anni, per la qualità delle vigne e del vino, tra le altre cose, per primi, qui hanno applicato l’idea di “cru” (nel significato più stretto “vino fatto da un singolo vigneto”) nella Terra del Chianti.

La prestigiosa e super premiata Azienda, vanto della viticoltura Italiana nel Mondo, produce soprattutto Vini rossi (Castello di Ama San Lorenzo, Castello di Ama Vigneto Bellavista, Castello di Ama Vigneto La Casuccia, L’Apparita, Haiku, Ama, Il Chiuso) un rosato (Rosato) e un vin santo (Vin Santo) fatto con uve di Trebbiano Toscano e Malvasia Lunga del Chianti.

L’unico Vino bianco  è “Al Poggio”.

Nel 1978  all’interno del Vigneto Bellavista, dato le sue particolari proprietà del terreno (fortemente calcareo), fu impiantata una particella, di circa un ettaro e mezzo, di Pinot Grigio.

Nel biennio 1982-1983 furono reinnestate altre parcelle con cloni di Chardonnay (Entav 95 - 96, originari di Côte d’Or, bacche medie, Entav 76, originaria di Saone-et-Loire, bacche piccole) provenienti dalla Borgogna e classificati Borgogna/Digione (Francia).

Successivamente nel 1984 sui terreni denominati “Al Poggio” furono impiantati altri 4 ettari di Chardonnay.

Per arrivare ad ottenere un vino di grande struttura fu scelto il sistema di allevamento delle viti denominato a “Lira Aperta” (un sistema studiato in Francia che deve il nome alla somiglianza con l’omonimo strumento musicale della parete fogliare sdoppiata, per una maggiore esposizione al sole, e sistemata a forma di “V”).

Attualmente Castello di Ama ha poco più di due ettari di Pinot Grigio e cinque ettari e mezzo di Chardonnay.

Con la vendemmia 1988 è stato prodotto per la prima volta il Vino bianco “Al Poggio”.

Ma torniamo alla bottiglia degustata.

Castello di Ama Al Poggio 2006”, Bianco Toscana I.G.T., 100% Chardonnay, 13% Vol., con questa vendemmia sono state prodotte 24.900 bottiglie bordolesi.

Il buon andamento del clima dell’annata in questione ha permesso di raccogliere un’uva in perfette condizioni sotto tutti i punti di vista, infatti il 2006 è considerata una delle migliori annate, negli ultimi due decenni, in tutto il territorio del Chianti Classico.

Il mosto è stato refrigerato poi fermentato per un 60% in vasche d’acciaio, mentre il 40% è passato in Barriques.

La bottiglia stappata, conservata nelle migliori condizioni, aveva il tappo perfettamente integro.
Aperta, il Vino è stato scaraffato (visto i non pochi anni di imbottigliamento) e lasciato riposare per una migliore ossigenazione.

Al momento della degustazione il nettare si è presentato con un bel colore giallo dorato intenso ma brillante e nitido, al naso ottimi sentori, molto forti, di frutta matura e di fiori freschi, in bocca un ingresso vellutato ma delicatamente “potente”, estremamente equilibrato, gli aromi rispecchiavano, prevalentemente, i sentori olfattivi, ed erano magnifici, un finale persistente e avvolgente lasciava la bocca in uno stato di puro godimento.

Un grande Vino Bianco “Al Poggio”, della magnifica Azienda Toscana Castello di Ama”, in particolare nell’annata 2006 bevuta dopo ben 8 anni, grazie anche alle amorevoli cure con cui è stata conservata la bottiglia in questione.







La Bottiglia

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