Conservare
il vino in bottiglia in uno stato ottimale potrebbe sembrare semplice, ma nella
realtà non è così.
L’Età della
Pietra, quell’epoca dell’evoluzione umana che va da 2.500.000 anni fa, quando
comparve l’uomo, a circa 5.000 anni a.C., si divide in tre periodi:
Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.
Verso la
fine del Neolitico l’uomo incominciò a forgiare i primi metalli e nacque quella
forma fondamentale di sopravvivenza umana, legata all’alimentazione, che è
denominata “agricoltura”.
Proprio a
quest’ultimo periodo, molto probabilmente, risalgono anche le prime
coltivazioni di vigneti (vite comune o euroasiatica definita da Carl Nilsson
Linnaeus, nel 1753, “Vitis Vinifera”), come dimostrato da alcuni ritrovamenti
nella regione del Caucaso.
I vigneti
portarono l’uva e le prime spremiture, di conseguenza si presentò subito il
problema di come conservare il prezioso succo così ottenuto.
Egiziani,
Etruschi, Greci e Romani svilupparono sia le modalità di coltivazione che
quelle di conservazione del vino che passò dai contenitori realizzati con le interiora
di animali a terrecotte di tutti i tipi e forme (famose le giare e le anfore), più
raramente si faceva uso di contenitori in metallo, ma tutti i tipi usati
venivano sigillati con i metodi più vari.
Successivamente,
circa 2.200 anni fa, le popolazioni, abitanti nelle Provincie Romane della
Gallia e della Germania, iniziarono ad utilizzare delle botti per la
conservazione del vino.
Passaggio
facile per loro che le usavano già per conservare e trasportare la birra.
La botte
(dal Latino “buttis”= vasetto) è un contenitore, dalla forma vagamente
cilindrico bombata e di varie misure, fatto di doghe di legno un po’ incurvate,
tenute da cerchi di metallo.
Fu una
rivoluzione, in campo enologico, così grande che le botti sono normalmente
usate tutt’ora.
Altrettanto
rivoluzionaria fu la successiva introduzione della bottiglia di vetro e del tappo
sigillante di sughero che permise al Vino di conservarsi anche per moltissimi
anni.
Alcuni
ritrovamenti fanno risalire le prime “antiche” bottiglie ai Siriani nel I
Secolo d.C., ma bisogna addirittura attendere quelle fabbricate a Murano (Isola
della Laguna Veneta famosa, dal 1291, per la lavorazione artistica del vetro di
qualità), nel XV e XVI Secolo, per poter parlare dell’inizio della diffusione
del loro uso.
Ora abbiamo
la bottiglia, di varie forme e capacità, perfettamente sigillata, ma abbiamo lo
stesso problema di migliaia di anni fa: come conservare il vino.
Se si
possiede una cantina adeguata, perfettamente attrezzata e climatizzata alle
temperature consone in sintonia col grado d’umidità dovuto, non ci sono
problemi, si è fortunati.
Ma la
stragrande maggioranza degli appassionati deve conservare i suoi “tesori” in
casa, allora, meglio prendere alcune fondamentali precauzioni per cercare di
limitare i danni.
In primis
dovete scegliere un locale dove la temperatura sia la più costante possibile,
non abbia sbalzi, e se ci riuscite tenetelo tutto l’anno ad uno stato di
piacevole freschezza.
Ciò si può ottenere limitando il riscaldamento in inverno
e con altri accorgimenti in estate, per esempio non areando nelle ore più calde.
Assicuratevi
che il locale prescelto non sia eccessivamente umido o contenga materiali che
possono rilasciare nell’aria sostanze dannose.
Poi è necessario
che le bottiglie stiano sdraiate e le stesse, se possibile, raccolte in
cassette di legno, non nelle solite “polverose” rastrelliere.
Il legno,
materiale poroso, oltre a tenere i vini al buio, pur permettendo una certa
respirazione, contribuisce soprattutto a proteggerli da molti altri eventuali
rischi.
Ovviamente
tutte queste attenzioni devono essere dedicate a quei vini che potenzialmente
hanno la possibilità di dare il meglio di se con il passare del tempo.
Questi
semplicissimi consigli vi permetteranno di conservare (in modo un po’ spartano)
i vostri migliori vini, soprattutto rossi, per parecchi mesi e “molto probabilmente”
anche per qualche anno.
Comunque ogni tanto stappate qualche bottiglia per
controllare l’andamento visto che il vino, in casa, invecchia ad una velocità
tre volte superiore a quello conservato in una vera e propria cantina.
Grande è la
soddisfazione se riuscirete ad aprire una bottiglia d’annata che sia in grado
di dare molto, ancor di più se si tratta di un vino bianco meno difeso dalle
ossidazioni.
Un successo,
per esempio, è riuscire a degustare nel Settembre 2014 un grande vino bianco come
“Al Poggio 2006” dell’Azienda “Castello di Ama s.p.a.” di Gaiole in Chianti in Provincia
di Siena.
Ama, sorta
più di 10 secoli fa in una zona dove iniziava a fiorire l’agricoltura e la
viticoltura, è una Frazione di Gaiole in Chianti, composta dal Borgo antico, inizialmente
circondato dalle mura di una fortezza di cui oggi restano solo poche tracce, e
da varie località rurali limitrofe.
Il tutto ubicato a circa 500 m. s.l.m., sulle
splendide e dolci colline Senesi.
L’affascinante
Borgo, che sorge su un’altura tra Radda e Gaiole in Chianti, è proprietà
dell’Azienda “Castello di Ama”, nata nel 1972 grazie all’amorevole
passione di 4 Famiglie Romane, oggi si estende per circa 250 ettari (di cui 90
di vigneti, 40 di oliveti) ed è gestita dalla Famiglia di Lorenza Sebasti e
Marco Pallanti con i loro figli Arturo e Norma.
Marco
Pallanti, l’agronomo e l’enologo, è stato anche, per due volte, Presidente del
“Consorzio del Chianti Classico”.
Al Castello
di Ama molto si è fatto, negli anni, per la qualità delle vigne e del vino, tra
le altre cose, per primi, qui hanno applicato l’idea di “cru” (nel significato
più stretto “vino fatto da un singolo vigneto”) nella Terra del Chianti.
La
prestigiosa e super premiata Azienda, vanto della viticoltura Italiana nel
Mondo, produce soprattutto Vini rossi (Castello di Ama San Lorenzo, Castello di
Ama Vigneto Bellavista, Castello di Ama Vigneto La Casuccia, L’Apparita, Haiku,
Ama, Il Chiuso) un rosato (Rosato) e un vin santo (Vin Santo) fatto con uve di
Trebbiano Toscano e Malvasia Lunga del Chianti.
L’unico Vino
bianco è “Al Poggio”.
Nel 1978 all’interno del Vigneto
Bellavista, dato le sue particolari proprietà del terreno (fortemente
calcareo), fu impiantata una particella, di circa un ettaro e mezzo, di Pinot
Grigio.
Nel biennio 1982-1983 furono reinnestate altre parcelle con cloni di
Chardonnay (Entav 95 - 96, originari di Côte d’Or, bacche medie, Entav 76,
originaria di Saone-et-Loire, bacche piccole) provenienti dalla Borgogna e
classificati Borgogna/Digione (Francia).
Successivamente nel 1984 sui terreni denominati “Al Poggio” furono impiantati
altri 4 ettari di Chardonnay.
Per arrivare ad ottenere un vino di grande struttura fu scelto il
sistema di allevamento delle viti denominato a “Lira Aperta” (un sistema
studiato in Francia che deve il nome alla somiglianza con l’omonimo strumento
musicale della parete fogliare sdoppiata, per una maggiore esposizione al sole,
e sistemata a forma di “V”).
Attualmente Castello di Ama ha poco più di due ettari di Pinot Grigio e cinque ettari e mezzo di Chardonnay.
Con la
vendemmia 1988 è stato prodotto per la prima volta il Vino bianco “Al Poggio”.
Ma torniamo
alla bottiglia degustata.
“Castello di
Ama Al Poggio 2006”, Bianco Toscana I.G.T., 100% Chardonnay, 13% Vol., con
questa vendemmia sono state prodotte 24.900 bottiglie bordolesi.
Il buon andamento
del clima dell’annata in questione ha permesso di raccogliere un’uva in
perfette condizioni sotto tutti i punti di vista, infatti il 2006 è considerata
una delle migliori annate, negli ultimi due decenni, in tutto il territorio del
Chianti Classico.
Il mosto è
stato refrigerato poi fermentato per un 60% in vasche d’acciaio, mentre il 40%
è passato in Barriques.
La bottiglia
stappata, conservata nelle migliori condizioni, aveva il tappo perfettamente integro.
Aperta, il
Vino è stato scaraffato (visto i non pochi anni di imbottigliamento) e lasciato
riposare per una migliore ossigenazione.
Al momento
della degustazione il nettare si è presentato con un bel colore giallo dorato
intenso ma brillante e nitido, al naso ottimi sentori, molto forti, di frutta
matura e di fiori freschi, in bocca un ingresso vellutato ma delicatamente
“potente”, estremamente equilibrato, gli aromi rispecchiavano, prevalentemente,
i sentori olfattivi, ed erano magnifici, un finale persistente e avvolgente lasciava
la bocca in uno stato di puro godimento.
Un grande
Vino Bianco “Al Poggio”, della magnifica Azienda Toscana “Castello di Ama”,
in particolare nell’annata 2006 bevuta dopo ben 8 anni, grazie anche alle
amorevoli cure con cui è stata conservata la bottiglia in questione.
La Bottiglia
L'Etichetta
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