Definire
precisamente, con delle parole, la Storia infinita tra l’Uomo e il Mare è cosa praticamente
impossibile.
Un grande
Scrittore Polacco, poi naturalizzato Britannico, Joseph Conrad (1857 - 1924),
che aveva avuto una vita molto avventurosa e viaggiato tantissimo, anche per
mare, ha detto:
“Il Mare non è mai stato amico dell’Uomo. Tutt’al più è stato
complice della sua irrequietezza”.
L’Uomo ha
iniziato ad avvicinarsi al Mare per necessità, dovendo procurarsi il cibo con
la pesca, già nel Paleolitico.
L’Età della Pietra Antica (“Paleolitico” dal
Greco “παλαιός λίθος”) fu il primo periodo della Preistoria in cui si
svilupparono le più antiche tecnologie umane per mezzo di strumenti in pietra.
Attraverso i
millenni la lotta tra l’Uomo e il Mare ha fatto si che venissero sviluppate
scienze e tecnologie per meglio conoscere maree, correnti, venti, profondità,
stagioni, abitudini migratorie riproduttive dei pesci, e ancora moltissimo
altro.
Per tutto ciò era necessario
costruire imbarcazioni sempre più sicure e affidabili.
Anche se
Lucio Anneo Seneca, filosofo e politico romano vissuto tra il 4 a.C. e il 65,
sosteneva che “Un grande pilota sa navigare anche con la vela rotta”, la
necessità per i pescatori di avere una buona imbarcazione è sempre stata
fondamentale.
Vi voglio
parlare di due tipi di barche che sono al centro della nostra storia.
Il primo è
il “Trabaccolo”: un’imbarcazione tipica del Mare Adriatico, nata partire dal
1700 ma che si è perfezionata nel corso del 1800, è stata usata fino ad anni
molto vicini a noi.
Nel 1915 (inizio della Prima Guerra Mondale per l’Italia)
furono militarizzate tutte le Navi e le Barche civili, tra queste vennero
censiti 168 Trabaccoli tra Venezia e Bari.
Una barca robusta con due alti
alberi, armati con “vele a terzo”, carena arrotondata, chiglia e paramezzale
(struttura interna della chiglia), interamente pontata, con una capace stiva
centrale a cui si accedeva da un grande boccaporto a prova di mare.
Il
“Trabaccolo” per le sue specificità era una barca adibita principalmente al
trasporto merci.
La seconda è
la “Paranza”: una “barca da pesca”, nata probabilmente alla fine del 700, molto
diffusa in Adriatico fino al 1950.
Aveva un lungo pennone su cui si alzava in
origine una “vela latina” e in anni più recenti una “vela a terzo”.
Lo scafo
assomigliava al “Trabaccolo” con la prora a petto d’anatra, ma aveva, in
proporzione alla lunghezza, una maggiore larghezza.
La “Paranza” era specifica
per la “pesca a strascico”, infatti il suo nome deriva dal fatto che,
originariamente, questo tipo di pesca veniva praticato con due barche che
procedevano affiancate “in paro” appunto.
Con l’invenzione dei “divergenti” è
stato possibile praticare la “pesca a strascico” anche con una sola
imbarcazione.
Descritte le
barche passiamo alla storia che desidero raccontarvi.
Agli inizi
del 1900 a San Benedetto del Tronto, una bella e accogliente Cittadina, con
origini che si perdono in Epoca Romana, adagiata sulla Costa Marchigiana alla
foce del Fiume Tronto, era molto sviluppata la pesca.
Famosi, intraprendenti e
ingegnosi i pescatori del luogo, tantoché, nel 1912, furono i primi ad
applicare un motore a una barca da pesca, una vera e propria “rivoluzione
industriale”, che li portò a navigare anche in acque molto lontane e incrementò
vertiginosamente la pesca.
Alla fine
della Prima Guerra Mondiale (1914 -1918) il Mare Adriatico, però, era molto
pericoloso, a causa delle moltissime mine che vi galleggiavano, e impoverito.
Un
consistente gruppo di pescatori decise di trasferirsi, con barche e famiglie,
su una nuova Costa, quella Tirrenica.
La Località prescelta, per non rubare il
lavoro a nessuno, era una Cittadina che in quel tempo era più “terra” di
marinai che di pescatori: Viareggio.
Viareggio è
in Toscana, nel tratto costiero
rientrante nella Provincia di Lucca, è un’accogliente e storica Località
turistico/balneare.
Le sue lunghe e sabbiose spiagge sono bagnate, per la gioia
dei vacanzieri, dalle acque del Mar Ligure.
Viareggio, oltre alle innumerevoli
attrattive estive, ha un’intensa vita mondana tutto l’anno, per esempio, dal
lontano 1873, qui, si svolge anche uno dei Carnevali più belli, coreografici,
ricchi, divertenti e famosi del Mondo.
Viareggio davanti ha il mare, alle
spalle è incorniciata dal suggestivo panorama delle Alpi Apuane, ai lati è
racchiusa dalle grandi, verdeggianti e rilassanti pinete.
La Darsena
di Viareggio è una delle zone più antiche della Città, con il suo vecchio porto
di pescatori, oggi affiancato da quello turistico e dai famosi cantieri navali
di super lussuose imbarcazioni.
Anticamente quella che oggi è la via
principale, Via Coppino, era il regno dei vecchi artigiani dediti alle barche
come i calafati e i maestri d’ascia.
Proprio la
Darsena di Viareggio fu la meta definitiva dei pescatori Marchigiani e dello
loro barche da pesca con cui erano arrivati: le “Paranze”.
Nacque cosi,
con questa forte spinta, oltre a una
nuova comunità di persone che ben s’integrarono tra di loro, quella comunità di
pescatori “Viareggini”, che nei momenti migliori ha avuto anche più di 100
barche in mare.
I
Marchigiani, grandi lavoratori e profondi conoscitori del mare, oltre alle loro
tecniche di pesca portarono anche alcune della loro tradizioni, comprese quelle
gastronomiche.
Dall’incontro
di due mondi gastronomici, nacque (senza precise certezze di attribuzione) una
particolare ricetta che venne chiamata ispirandosi alle barche da trasporto
dell’Adriatico i Trabaccoli: “Trabaccolara”.
La
“Trabaccolara” non è altro che un piatto di pasta (prevalentemente spaghetti) e
pesce, quello di recupero, il meno pregiato, quello che una volta non veniva
portato ai mercati o rimaneva invenduto, ma che oggi è stato rivalutato.
Un
sugo insaporito da pomodori tagliati a pezzettini, da aglio, prezzemolo, sale,
pepe, olio extravergine di oliva, il tutto sfumato con il vino bianco.
Una vera
e propria delizia per il palato.
La ricetta
della “Trabaccolara” è tornata in auge alla fine del 1900 grazie ai grandi
Ristoratori Viareggini che l’hanno fatta conoscere in varie parti d’Italia e
non solo.
Ecco che,
proprio per raccontare dettagliatamente questa affascinante storia, è appena
uscito un piacevolissimo Libro Tascabile intitolato: “Trabaccolara - Una storia
e una Ricetta dal Mare di Toscana” con il Progetto Grafico di Editografica.
Il Libro
edito a cura della Regione Toscana (Assessorato alle Attività Produttive, al
Credito, al Turismo, al Commercio) e “Vetrina Toscana”, nasce da un’idea di
Vieri Bufalari (caro amico che purtroppo ci ha lasciati), la Dr. Daniela Mugnai e il Giornalista Corrado Benzio.
“Vetrina Toscana”
è il progetto di Unioncamere Toscana e Regione Toscana nato per promuovere
ristoranti, produttori e botteghe che producono o utilizzano i prodotti tipici
del Territorio.
Grazie a
“Vetrina Toscana” in questi ultimi anni il Turismo Agroalimentare Regionale è
diventato un modello da imitare, un viaggio tra filiera corta
dell'enogastronomia, qualità delle produzioni artigianali e Territori dal
patrimonio storico/culturale unico.
A oggi le Aziende che aderiscono a “Vetrina
Toscana” sono innumerevoli.
“Vetrina
Toscana” ha scelto di promuoversi con tutti i mezzi possibili: stampa,
televisione, web, degustazioni, rassegne, cene a tema, cene nei musei,
spettacoli, festival.
Grande è stata la capacità di fare rete con altre
manifestazioni, sia nelle Città capoluogo di Provincia come nei piccoli Borghi.
Il Libro
“Trabaccolara - Una storia e una Ricetta dal Mare di Toscana”, in formato cm.
15,5 x 15,5, ha la Copertina rigida con bandelle, è stampato su carta lucida ed
è arricchito da moltissime e rarissime “foto storiche” oltre ad altre del
Fotografo Riccardo Bianchi.
All’inizio
due brevi introduzioni di Stefano Ciuoffo, Assessore alle Attività Produttive,
al Credito, al Turismo, al Commercio della Regione Toscana, e Oriano Landucci,
Presidente della Fondazione Banca del Monte di Lucca, Fondazione che ha
contribuito alla pubblicazione.
Seguono
quattro avvincenti Capitoli che raccontano nei particolari tutta la Storia
della “Trabaccolara”, e moltissimo altro, inquadrando il tutto sotto vari punti
di vista.
Due Capitoli sono di Corrado Benzio, uno di Franco De Felice e il
quarto di Adolfo Lippi.
Poi ci sono
due ricette, con i rispettivi procedimenti per la realizzazione.
La prima e
proprio quella degli Spaghetti alla “Trabaccolara” della brava Chef Marzia Lombardi
del Ristorante “da Giorgio” di Viareggio (LU).
Le seconda “La
Recanati” (omaggio a Porto Recanati, nelle Marche) della brava Amalia Ghilarducci Titolare e Chef
del Ristorante “da Miro alla Lanterna” sempre a Viareggio.
Seguono, nel
Libro, i nomi e i recapiti dei primi 55 magnifici Ristoranti, non solo di Viareggio,
che hanno aderito all’iniziativa per la promozione della “Trabaccolara”.
L’ultima
pagina è dedicata ha un commovente ricordo dall’amico Vieri Bufalari da parte
di Daniela Mugnai.
Un bel Libro
questo “Trabaccolara - Una storia e una Ricetta dal Mare di Toscana”, un Libro
“dal profumo di mare” che si legge tutto di un fiato da quanto appassiona.
La
“Trabaccolara” una "Ricetta Marchigiana", nata a Viareggio che non si cucina
nelle Marche.
Per tale motivo si può concludere con le belle parole scritte,
alla fine del suo Capitolo, da Franco De Felice:
“Mi piace pensare che la
Trabaccolara sia un piatto che i pescatori Sanbenedettesi hanno voluto creare
solo a uso e consumo dei Viareggini, come segno di riconoscimento per averli
accolti nei lontani anni dei primi del Novecento. E per permettere a un
Sanbenedettese, che ha l’occasione di assaggiarla, d’incanto, di sentire il
profumo del Mare di San Benedetto del Tronto. Ovunque si trovi”.
PS. Un
particolare ringraziamento al bravo Chef Giacomo Pezzini del Ristorante “Basilico Fresco” per aver preparato la “Trabaccolara” fotografata in questo
Articolo.
Trabaccolo. Disegno di Aldo Cherini
Trabaccolo. (Foto Arosio Stefano - Wikipedia)
Paranza. (Foto Arosio Stefano - Wikipedia)
"Trabaccolara" dello Chef Giacomo Pezzini
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