domenica 27 novembre 2022

“J63” IL BIRRIFICIO AGRICOLO ARTIGIANALE, DI CENAIA (PI), ESPRIME A TUTTO TONDO LE SUE MOLTEPLICI ECCELLENZE.



Prima di parlare di Birra è sempre meglio approfondire la conoscenza dell’Orzo.

L’Orzo è stato il primo cereale coltivato dall’uomo a uso alimentare oltre 10.000 anni a.C. e come alimento si ottiene dalle “cariossidi” (frutti secchi indeiscenti”, cioè frutti che giunti a maturazione non si aprono spontaneamente) di una pianta che si chiama “Hordeum Vulgare”. Questa pianta, appartenente alla Famiglia dellePoaceae” meglio conosciute come “Graminacee”, è stata così denominata dal Medico, Botanico e Naturalista Svedese, Carl Nilsson Linnaeus (1707-1778), considerato l’ideatore della Classificazione Scientifica Moderna di tutti gli organismi viventi.

Antecedentemente all’Orzo coltivato, l’uomo aveva avuto i primi contatti “alimentari” con l’Orzo SelvaticoHordeum Spontaneum”. Grazie al facile metodo di coltivazione, l’Orzo, è stato un tipo di coltura che ha modificato  profondamente il modo di vivere dei nostri antenati, trasformandoli da cacciatori nomadi ad agricoltori stanziali, favorendo anche la nascita dei primi nuclei abitativi.

L’Orzo essendo ricco di fosforo, potassio, magnesio, vitamina PP, vitamina E, ferro e calcio, ha favorito anche lo sviluppo cerebrale dell’uomo. Grazie all’ingegno l’uomo incominciò a elaborare le prime tecniche agrarie ottenendo un surplus di alimenti che dovevano essere conservati, la conseguenza fu che tutto ciò andava preservato dal deperimento e dall’assalto dei roditori. Una delle soluzioni, che dava maggiori garanzie, fu quella di mettere i grani del raccolto in recipienti colmi di acqua, l’Orzo immerso dava inizio al processo della fermentazione, trasformando l’acqua in un qualcosa che oggi possiamo definire una “rudimentale Birra”.

La Birra è una delle bevande più antiche dell’Umanità. Le prime tracce ci giungono da scritti di origine Medio Orientale di circa 5000 anni fa, ma, dalle prove chimiche fatte su alcuni resti di antichissime ceramiche, si può azzardare a dargli un luogo e una data di nascita in un Territorio che corrisponde, a grandi linee, all’attuale Stato dell’Iran, più di 7000 anni fa. Già i Sumeri (prima popolazione sedentaria al Mondo), che vissero 4000 anni fa sui monti della Mesopotamia, bevevano Birra e la chiamavanoSe-bar-bi-sag” (bevanda che fa vedere chiaro). Questa bevanda dava ai nostri antenati più forza e felicità, rendendoli più pronti ad affrontare la vita terribile di allora: da ciò essi ritennero che in questo ci fosse un qualche intervento divino. Anche gli Egiziani facevano largo uso di Birra ma, nei momenti di carestia, quando tutto l’Orzo veniva destinato all’alimentazione, bevevano il “Vino di palma” che ricavavano dalla linfa zuccherina della pianta.

La Birra non piaceva molto ai Greci che la dileggiavano definendola “Vino d’orzo”, e anche i Romani, pur conoscendola, non né facevano un largo consumo ma la relegavano soprattutto nel campo della cosmesi femminile per la pulizia e il nutrimento della pelle. La Birra, come bevanda, era invece largamente diffusa in tutta le Province dell’Impero Romano. In quei Secoli lontani fu chiamata, soprattutto, Birra, Ale e Cervisia. Il primo appellativo, molto probabilmente, deriva dal LatinoBibere” (bere), mentre il secondo era usato dai popoli nordici e dagli Inglesi, il terzo deriva dal GallicoCerevisia” ed è all’origine di definizioni moderne di Birra come il termine SpagnoloCerveza”. Attraverso i millenni la Birra fu perfezionata e, in tutte le epoche, ebbe grande importanza, fino a raggiungere i nostri giorni in cui ha una posizione di grande prestigio tra le bevande alcoliche.

Oggi il mercato mondiale è in mano alle grandi Multinazionali e a migliaia di Piccoli Produttori. In anni più recenti molti degli appassionati “Homebrewers” (in Inglese coloro che si dedicano alla “Homebrewing”, arte di produrre Birra in casa) in Italiano definiti “Domozimurghi” (dal Latino Domo = Casa e Zimurgo = Colui che pratica la zimurgia o scienza della fermentazione) si sono messi in gioco  commercializzando le loro preparazioni artigianali. 

La Birra Artigianale è un prodotto fresco e genuino, totalmente naturale, non pastorizzato, spesso non filtrato, senza conservanti e prodotto usando una materia prima di primissima scelta. Secondo la definizione più recente dell’Unionbirrai (l’Associazione di categoria dei piccoli Birrifici): “Una Birra Artigianale è cruda, integra e senza aggiunta di conservanti, con un alto contenuto di entusiasmo e creatività. Una Birra prodotta da Artigiani in quantità sempre molto limitate”.

Oggi parliamo di uno specifico Birrificio, inaugurato nel Luglio del 2013, denominatoJ63che è siArtigianalema ancheAgricoloe che ha Sede a Cenaia in Provincia di Pisa.

I “Birrifici Agricolisono si Produttori di Birra  ma anche Agricoltori, con uno strettissimo legame con il proprio Territorio e rappresentano un importante modello di rivitalizzazione delle piccole Città e delle Zone di Campagna. I “Birrifici Agricoli” hanno l’obbligo di sottostare ad alcune regole precise dovendo realizzare Birre con una percentuale, che non può essere inferiore al 51%, di materie prime prodotte in proprio o all'interno di un Consorzio. Mentre i semplici Produttori di Birre Artigianali si possono rifornire ovunque. Ma non è solo una questione di percentuali, infatti un Birrificio Agricolo se vuole aromatizzare le proprie Birre può farlo utilizzando solo prodotti legati al proprio Territorio, inoltre non sono ammessi conservanti di alcun genere e la trasformazione dei cereali può avvenire soltanto con impianti non industriali. 

Per promuovere e tutelare l'attività deiBirrifici Agricoliesiste, dal 2003, il Consorzio Italiano  di Produttori dell’Orzo e della Birra e a garanzia dei Consumatori il Marchio Collettivo di Garanzia di Origine e QualitàBirragricola Italiana”. 

Il Birrificio Agricolo ArtigianaleJ63è ubicato all’interno della Tenuta Torre a Cenaia (Antica Tenuta Pitti) che grazie all’Antico Borgo, ai due Ristoranti (Osteria Agricola Toscana Pitti & Friends e Brew-Pub, Ristorante e Pizzeria J63), al bellissimo giardino, ai laghetti, ai boschi, ai 30 Ettari di Vigne e ai suoi 500 Ettari di Campagna Toscana incontaminata (sono Biologici al 100%) crea una magnifica e suggestiva oasi di pace e tranquillità, ricca anche di gustosi sapori.

La “Tenuta Torre a Cenaia” è il cuore originario dell’odierna Cenaia, una popolosa e dinamica Frazione del Comune di Crespina Lorenzana. L’Antico Borgo della Tenuta, caratterizzato dalla Casa Turrita un tempo parte del più vasto “Castello di Cenaja”, è attestato per la prima volta in un documento del 1068. Il nome Cenaia che sembra derivare dal Latino “Caenum” (Fango/melma) e Cenaja (o Cenaria) avrebbe indicato proprio le Terre paludose ai piedi del Castello, costruito sull’unica zona sopraelevata al riparo dalle acque.

Durante tutto il XIII Secolo il Borgo subì numerosi attacchi a opera delle Truppe Fiorentine che proprio qui si scontravano spesso con le Armate Pisane. Per questo motivo nel 1286 i Pisani scavarono, all’odierno confine nord-orientale della Tenuta, il Fosso Arnonico o della Guerra, nel tentativo di tenere a distanza i nemici. A questa fase risale la definitiva distruzione del Castello di Cenaja. Nell’Alto Medioevo non si hanno notizie precise su chi abitasse e amministrasse il Borgo e i Terreni circostanti, più che verosimile pensare che la Tenuta fosse un presidio strategico Pisano sul “caldo” confine orientale. Allo stesso tempo, era un importante polo economico che, grazie alle vaste terre controllate dalla Casa Turrita, garantiva notevoli rendite e prodotti agricoli, in grado di sostentare gran parte della popolazione locale e cittadina.

La vocazione Vitivinicola della Tenuta risale alla celebre Famiglia Fiorentina dei Pitti, proprietaria delle Terre Cenaiesi fino agli inizi del Ventesimo Secolo. In particolare fu il Conte Robert Pitti (classe 1923) a infondere all’intero Territorio questo carattere distintivo che tutt’oggi lo rende celebre, e per sua decisione Torre a Cenaia ereditò la possibilità di utilizzare sia il nome Pitti che lo Stemma Araldico della Casata, unitamente alla denominazione “Cenaja Antica Proprietà dei Pitti”.

Altri importanti Personaggi hanno segnato successivamente la Storia dalla Tenuta, basti pensare a Otto Ernst-Flick, del quale restano ancora oggi le iniziali sul cancello d’ingresso. Magnate Tedesco di grande spessore internazionale, imprenditore e azionista della Daimler, multinazionale dell’industria automobilistica che annovera tra i propri Marchi anche la Mercedes Benz, segnò per Torre a Cenaia una vera e propria età dell’oro. Durante la sua permanenza, tra le stanze di Villa Valery poteva capitare di imbattersi in figure quali il Cancelliere Tedesco Willy Brandt e Christina Onassis.

Anche il Birrificio Agricolo ArtigianaleJ63ha nel suo nome una particolare Storia. La lettera “J” corrisponde a “Julia”, la giovane martire diventata poi Santa Giulia Patrona di Livorno. Secondo la tradizione, elaborata da una Passio (Parte dei Vangeli in cui è narrata la Passione di Gesù) risalente al VII Secolo, Giulia era una fanciulla Cartaginese che, divenuta schiava, fu venduta a un commerciante di nome Eusebio, il quale ne aveva apprezzato le doti e le virtù dell’animo. Giulia soleva pertanto accompagnare il padrone negli impegni di lavoro e proprio durante un viaggio in Corsica, per ragioni di commercio, fu rapita da un uomo perverso e violento. I seguaci di costui condussero a terra la fanciulla, cercando di indurla a ripudiare la Fede Cristiana. Dato che i loro sforzi si dimostrarono vani, dapprima la sottoposero a torture e flagellazione, quindi la crocifissero. Subito dopo la morte della fanciulla avvennero vari miracoli e i Monaci della vicina Isola di Gorgona, avvisati in sogno dagli Angeli di questa straordinaria vicenda, trasportarono il corpo della martire dalla Corsica alla loro Isola.

Nel racconto della Passio si trovano mescolati elementi di verità con altri frutto della fantasia popolare.

Alcuni documenti più aderenti alla realtà storica ci inducono a pensare che Giulia fu uccisa a Cartagine, vittima della persecuzione verso i Cristiani a opera dell’Imperatore Gaio Messio Quinto Traiano  Decio (201-251). Probabilmente, in quanto Civis Romana, Giulia non subì il supplizio della croce, condanna a quel tempo riservata a chi non possedeva tale status, ma verosimilmente venne decapitata o uccisa con la spada. Quando i Vandali invasero l’Africa (439), distrussero Cartagine e provocarono la fuga di molti Cristiani, le spoglie di Giulia giunsero in Corsica e alcuni secoli dopo, probabilmente nel 763, vennero definitivamente traslate a Brescia per volontà della Moglie e della Figlia di Desiderio, Re dei Longobardi. Si presume che la nave con le spoglie sia approdata proprio al Porto Pisano di allora che era Livorno dove infatti si ha notizia della diffusione fin dal IX Secolo del culto verso la giovane martire. La Festa di S. Giulia, Patrona di Livorno, si celebra il 22 Maggio, giorno in cui, secondo i martirologi, ne sarebbe avvenuto il martirio. Si dice che le spoglie della Santa dirette a Brescia siano passate dall’Antico Borgo di Torre a Cenaia, dove sostarono una notte.

Il “63” è un numero ricorrente nella Storia di Torre a Cenaia e in particolare del Birrificio che oggi ha  come Numero Civico, di Via Livornese a Cenaia (PI), proprio il63” e visto anche che nel 1463 Luca Pitti, antenato dei Conti Pitti di Cenaja, fu nominato Capitano del Popolo acquisendo nello Stemma di Famiglia la Croce Rossa che oggi contraddistingue anche i Prodotti a Marchio Torre a Cenaia.

Il “Birrificio Agricolo Artigianale J63ha Sede nel grande e accogliente Casolare di oltre 600 metri quadrati all’interno della Tenuta. Nel Locale oltre alla zona a vista riservata alla produzione delle Birra si trova anche il “Brew-Pub, Ristorante e Pizzeria”. La Cucina, dotata anche di un Forno a Legna di ultima generazione, si serve in grandissima parte di ingredienti prodotti all’interno della Tenuta o provenienti dal Territorio circostante. In particolare, l’utilizzo di lievito madre, di farine non raffinate del Consorzio Pieve Santa Luce (Pisa) e la lievitazione naturale consentono di ottenere prodotti da forno di altissima qualità, genuini e perfettamente digeribili. Due ampie Sale riservate alla Ristorazione e il grande Parco esterno consentono di organizzare eventi di vario tipo durante tutto l’anno, oltre a concerti di musica live.

Recentemente ho avuto il piacere di pranzare al “Brew-Pub, Ristorante e Pizzeria J63” abbinando al loro gustoso cibo una degustazione delle loro Birre: “JLips” (alta fermentazione, Stile Italian Grape Ale, con Mosto di Uva Vermentino), “JPils” (bassa fermentazione, Stile Pilsner), “JBlanche” (alta fermentazione, Stile Blanche), “JBlonde” (alta fermentazione, Stile Blonde), “JIpa” (alta fermentazione, Stile India Pale Ale), “JRubra” (Dopplebock a bassa fermentazione) e “JBlack” (alta fermentazione, Stile Stout).

L’impostazione di base della Produzione del Birrificio Agricolo ArtigianaleJ63” si ispira allo Stile Belga, sul quale si innestano i caratteri specifici che risaltano grazie all’utilizzo di materie prime straordinarie provenienti dalla Tenuta e dal Territorio circostante. Ho trovato tutte le Birre da loro prodotte, ognuna con le sue specifiche prerogative, delle creazioni uniche che esprimono a tutto tondo piacevoli, nuove e gustosissime sensazioni.

Voglio ringraziare per la grande disponibilità dimostratami le gentilissime Irene Scrò, Responsabile dell’Ospitalità della Tenuta, e Valentina Bernini la Responsabile di Sala del Ristorante.

Qualcuno ha scritto: “Non importa quanto piena è la nostra vita: c’è sempre spazio per una Birra”. A maggior ragione se la Birra è buona, di grande qualità e nasce da una esperta passione come quella delBirrificio Agricolo Artigianale J63di Cenaia (PI).

https://www.j63.it/

https://www.torreacenaia.it/

https://www.youtube.com/watch?v=MdwKm1etySg


"Torre a Cenaia Birrificio J63": Il Logo (Foto TaC)

"Torre a Cenaia": Birrificio J63 Vista Esterna (Foto TaC)

"Birrificio/Ristorante J63" Una Vista Interna (Foto TaC)

"Birrificio Agricolo Artigianale J63" (Foto TaC)

Confezione Regalo (Foto TaC)

"Birrificio J63": Territorio e Passione (Foto TaC)

Valentina Bernini, Giorgio Dracopulos e Irene Scrò

sabato 19 novembre 2022

“CHÂTEAU DAUZAC 2005” UN VINO ROSSO SEMPLICEMENTE MAGNIFICO.

 


La Francia è il Paese in cui la Cultura Enologica ha una Storia straordinaria e Secolare che ha avuto e ha una grande influenza su tutti gli altri Territori del Mondo dove si produce Vino. Le Zone Vitivinicole Francesi, come Bordeaux, BorgognaValle del Rodano, Valle della Loira, Alsazia e Champagne, grazie alla grande qualità della produzione abbinata a una grande capacità di comunicare tale qualità sui mercati mondiali sono considerate da tutti come modelli di riferimento. Una Tradizione Enologica quella Francese che risale a circa  il 600 a.C. quando i Greci fondarono “Massalia” (oggi Marsiglia) e introdussero nel Territorio la coltura della Vite. Successivamente gli antichi Romani dettero grande impulso in queste Terre, e anche in tutto l’Impero, allo sviluppo delle Vigne. Nel Medioevo gli Ordini Monastici Francesi furono gli artefici della prima codifica delle tecniche basilari su cui si basa l’Enologia Moderna e grazie a loro già nel 600 d.C. le Vigne erano  diffuse in tutto il Paese.

La produzione di Vino in Francia a fine 2022 si aggirerà sopra ai 44 milioni di Ettolitri, leggermente oltre la media degli ultimi 5 anni.

La qualità dei Vini Francesi, analogamente al sistema in uso in Italia, prevede tre livelli di Denominazione:

- “AOC” (Appellation d’Origine Contrôlée) il livello di qualità più alto e rigoroso del sistema e può comprendere anche delle Sottozone (come in Italia per le “DOCG” e le “DOC”) e dall’Agosto 2009 tale Denominazione ricade sotto l’ombrello della Classificazione Europea come “AOP” (Appellation d’Origine Protégée) analogamente alle “DOP” in Italia;

- “Vin de Pays” il livello analogo alle “IGT” Italiane, dall’Agosto 2009 ricade sotto la Classificazione Europea come “IGP” (Indication Géographique Protégée);

- “Vin de Table” tutti quei Vini che non rientrano, per mancanza o insufficienza di requisiti, nelle categorie superiori, dall’Agosto 2009 tale Categoria è stata rinominata “Vin de France“.

A seconda poi della Zona di Produzione dei Vini esistono delle altre specifiche menzioni come “Château”, “Cru”, “Clos”, che contribuiscono a definire e delimitare il Territorio di Origine dei Vini stessi e di alcune Tipologie.

La “Nuova Aquitania”, la più estesa Regione Amministrativa Francese, è stata istituita, a decorrere dal 1 Gennaio 2016, accorpando le Regioni di Aquitania, Limosino e Poitou-Charentes. Suddivisa in 12 Dipartimenti ha come Capoluogo la Città di Bordeaux. In questa Regione sono ubicate alcune delle più grandi e importanti Zone Vitivinicole Francesi come Bordeaux, Médoc e Margaux conosciute in tutto il Mondo come le migliori per la produzione di Vini grazie al particolare “Terroir” (Territorio), il complesso sistema ambientale naturale, chimico, fisico e climatico.

L’Imperatore Carlo Luigi Napoleone Bonaparte (Napoleone III, 1808 - 1873) in occasione della “Exposition Universelle des produits de l’Agriculture, de l’Industrie et des Beaux-Arts” tenutasi a Parigi tra il 15 Maggio e il 15 Novembre 1855, volle redigere un sistema di “Classificazione Ufficialedei migliori Vini del Bordeaux esposti per l’occasione. Un ristretto comitato di esperti e commercianti del settore, dopo aver effettuato una selezione di ottimi Vini,  prendendo anche in considerazione l’alta professionalità degli Château (61 i Castelli catalogati) e i costi di produzione, espresse la Classificazione, che prende il nome dall’anno in cui è stata fatta il 1855, ed è ordinata per importanza dal primo al quinto livello per i Vini Rossi: “Premiers Grands Crus Classés”, “Deuxièmes Crus”, “Troisièmes Crus”, “Quatrièmes Crus”, “Cinquièmes Crus”. Mentre per i Vini Bianchi la Classificazione comprese: “Premier Cru Supérieur”, “Premier Crus”, “Deuxième Crus”.

La Classificazione del 1855 era direttamente proporzionale alla qualità dei Vini, ma oggi è largamente superata dai numerosi cambiamenti che hanno interessato i Terreni coltivati dalle varie Aziende Vitivinicole che nel corso degli anni, si sono espanse, ridotte o divise senza alcuna nuova Classificazione, di conseguenza la suddivisione non risulta più una guida accurata e progressiva del valore e della qualità dei Vini Classificati.

Margaux è un Comune (circa 1500 abitanti) Vitivinicolo con “Appellation d'Origine Contrôlée ”, si trova nel Dipartimento 33 della Gironda, nell’Arrondissement (divisione amministrativa del Territorio in uso in Francia) Bordeaux, Cantone Castelnau-de-Médoc. Margaux è uno dei 6 Comuni (insieme a Listrac-MédocMoulisPauillacSaint-Estèphe e Saint-Julien) della Zona dell'Haut-Médoc che essendo Denominazioni Indipendenti possono riportare il loro nome sull'Etichetta. Il Territorio delMargaux”, ubicato sulla riva sinistra del Fiume Gironda, comprende il numero più grande di Château Grand Cru Classé”, ben 21 a cui se ne aggiungono 8 non classificati. Nella DenominazioneMargaux rientrano anche i Comuni di Arsac, Cantenac, Labarde e Soussans che comprendono nell’insieme oltre 1400 Ettari di Vigne. Qui i terreni, prevalentemente costituiti da uno strato non molto profondo di ghiaia grossolana su un sottosuolo di ghiaia fine mista a calcare, che favorisce un ottimo drenaggio, permettono di produrre grandissimi Vini Rossi che molto spesso possono essere conservati per decenni. Le Uve permesse sono: Cabernet Sauvignon (il vitigno rosso più piantato al Mondo), Merlot, Cabernet Franc, Petit Verdot, Carménère Malbec. I Vini che si producono non includono necessariamente tutte e sei le Uve citate.   

Recentemente ho deciso di aprire una Cassa da 12 Bottiglie, che conservavo gelosamente da anni, diMargaux Château Dauzac 2005e prima di entrare nel particolare delle degustazione vi voglio raccontare la Storia interessantissima dell’Azienda Château Dauzacche ha Sede nel piccolissimo (circa 600 abitanti) Comune di Labarde.

Il più antico proprietario conosciuto di queste Terre nel Margaux risale al 1190 ed era Pétrus d'Auzac che ricevette la terra da Riccardo I (Riccardo Cuor di Leone, 1157 1199) Re d'Inghilterra, Conte di Poitiers, Duca d'Aquitania, Conte del Maine e Conte d'Angiò. Nel 1545 i Monaci Benedettini dell'Abbazia di Sainte-Croix de Bordeaux furono i primi a menzionare, nei loro documenti, la TenutaBourdieu de Dauzac”, il termine “Bourdieu” faceva riferimento a una Fattoria con Vigneto. Nel 1622Bourdieu de Dauzac” apparteva a Jean Cousseau che nel 1671 cedette la proprietà alle Monache Carmelitane locali.

Il Francese Pierre Drouillard (morto nel 1740) era Cavaliere, Commerciante, Banchiere, Armatore, fu Giurato Perpetuo di Bordeaux (la Giurata era al tempo il nome del Consiglio Comunale di Bordeaux e suoi membri erano chiamati Giurati) e anche Tesoriere Generale di Francia a Guyenne. Nel 1685 acquistò la “Tenuta di Dauzac” dalle Monache Carmelitane iniziando a sviluppare notevolmente la parte delle Vigne e dando così vita alloChâteau Dauzac”.

Alla morte di Pierre Drouillard la gestione della Tenuta passò alla Moglie Elizabeth Noguès fino a quando poi la stessa andò in dote a Elisabeth Drouillard (Figlia di Pierre) quando convolò a nozze con il Conte Lynch, discendente di un'antica Famiglia Irlandese. Dalla loro unione nacquero tre Figli che successivamente subentrarono nella proprietà: il Primogenito Jean-Baptiste Lynch, Sindaco di Bordeaux dal 1809 al 1815 poi Pari di Francia, il Secondogenito, Thomas-Michel Lynch, Deputato nel 1796 e nel 1797, che si occupò anche della gestione dell'Azienda Vitivinicola a nome dei Fratelli e la Figlia Peggy Elise Lynch che sposò  l'Industriale e Armatore François-Patrice Mitchell.

Nel 1841 Thomas Diedrich Wiebroock acquistò loChâteau Dauzac” dalla Famiglia Lynch e proprio durante questa gestione con la Classificazione del 1855 lo Château DauzacdivenneCinquièmes Grands Crus Classés”.

Dal 1863 al 1939, la grande e ricca Famiglia Johnston diventò proprietaria dello “Château Dauzac” e proprio in questo periodo, grazie anche alla esperta conduzione del Direttore Tecnico della Tenuta Ernst David Dauzac, l’Azienda assunse una notevole importanza in tutto il Territorio per lo sviluppo di nuove e interessanti tecniche di produzione. Un esempio fu la battaglia per combattere la “Peronospora della Vite” (“Plasmopara Viticola” un fungo estremamente dannoso arrivato in Francia nel 1878), contro tale distruttiva infestazione furono condotti nei Vigneti di Château Dauzac, dal Professor Pierre-Marie-Alexis Millardet assistito da Ernest David Dauzac, degli studi che portarono allo sviluppo della “miscela bordolese” un fungicida a base di solfato di rame basico e calce. 

Successivamente lo “Château Dauzac” ebbe altri Proprietari: Jean-Jacques Bernat (1939) che ebbe il merito di aprire la strada alla “Termoregolazione” ideando il sistema di inserire blocchi di ghiaccio durante la fermentazione per regolare la temperatura dei Tini, la Famiglia Miailhe (1966), Felix Chatelier (1978) e il Gruppo Assicurativi FranceseMAIF” (1989). Nel 1992MAIF” ha unito le forze con un altro Viticoltore, André Lurton, creando una nuova Società che successivamente però, nel 2014, è stata sciolta e il GruppoMAIFè tornato a essere l’unico Proprietario. Durante questo periodo, nel 2004, è stata costruita la nuova Cantina Gravitazionale.

Si definisce “Gravitazionale” una Cantina in cui gli spazi sono organizzati in modo tale da sfruttare la forza della gravità per effettuare travasi o spostamenti del mosto senza consumo di energia e senza maltrattamento del prodotto attraverso pompe o altri sistemi. 

Nel Gennaio 2019 il Gruppo AssicurativoMAIFha ceduto lo Château Dauzaca Christian Roulleau, noto Imprenditore di Rennes, Cofondatore nel 1986 del Gruppo SamsicAzienda leader  nei servizi alle imprese oggi presente in 25 Paesi nel Mondo. Christian Roulleau e la sua Famiglia si sono impegnati ad attuare un forte piano di investimenti, denominato "Ambition 2030", per un approfondito rinnovamento di tutta la proprietà che si estende per 120 Ettari (297 Acri) di cui 49 di Vigneti con un’età media di circa 35/40 anni (45 Ettari nella DenominazioneMargaux e 4 Ettari nella DenominazioneHaut-Médoc”).

Situata a soli 350 m. dall'estuario della Gironda, la Tenuta dello “Château Dauzac” è abitata da garzette, aironi e moltissimi altri piccoli mammiferi. Una dozzina di alveari attigui alla Certosa permettono di produrre un ottimoMiele di fiori e di acacia”. Numerose pecore tengono sotto controllo le piante infestanti e mantengono “ricchi” i Terreni della Proprietà. I fertilizzanti utilizzati nei Vigneti sono esclusivamente organici e gli insetticidi sono banditi. I Vigneti dello Château Dauzac sono in gran parte protetti dai forti venti Oceanici dai circa 70 Ettari di Foreste che li circondano, le Viti crescono su uno strato di terreno ghiaioso piuttosto profondo con sotto un sottosuolo di argilla e gesso. Il 69% delle Viti sono di “Cabernet Sauvignon”, il 29% di “Merlot” e il 2% di “Petit Verdot”. La Vendemmia alloChâteau Dauzac” viene diraspata prima di essere fatta fermentare in Tini di acciaio inox dotati di un sistema brevettato per disperdere il cappello di vinaccia consentendo un'ottima estrazione dei tannini. Le raccolte vengono effettuate a mano in modo da rispettare l'integrità dell’Uva. Ogni parcella viene vinificata separatamente con estrazioni molto delicate, questo facilita poi la selezione dei migliori Tini. Dal 2014 la vinificazione,  che avviene in Cantina a gravità, e la fermentazione (a 28°C) viene svolta in Tini di legno realizzati da Seguin Moreau su precisa richiesta delloChâteau Dauzaccon doppie doghe trasparenti per evitare i rimontaggi dei Vini e ottimizzare così le macerazioni.

Nel 2016 lo “Château Dauzacè stato il primo nel Territorio a produrre unVino Vegano” con l'uso di proteine vegetali al posto dell'albume durante il processo di chiarificazione. I Vini da loro prodotti maturano dai 12 ai 18 mesi in Botti di Rovere Francese (60% nuove). Nella Proprietà vengono prodotti Otto Vini: lo “Château Dauzac” (il Vino di Punta), “Aurore de Dauzac”, “Labastide Dauzac”, “D de Dauzac - Rouge”, “D de Dauzac - Blanc”, “Comte de Dauzac”, “Bacchus de Dauzac” e nella Denominazione Haut-Médoc il “Haut-Médoc de Dauzac”.

Eccoci giunti alla degustazione delloChâteau Dauzac 2005Margaux Grand Cru Classé Appellation d'Origine Contrôlée, un Blend con il 60% di Cabernet Sauvignon e il 40% di Merlot, 13,5% Vol., una produzione di circa 130.000 Bottiglie. Il 2005 è stata una vendemmia a dir poco leggendaria e l’Azienda indica per questa annata almeno 30 anni di bevibilità. Lo “Château Dauzac 2005” stappato dopo 17 anni, in questo Autunno 2022, si presenta di un bel colore cremisi piuttosto intenso, al naso rileva un bouquet appagante con una bella complessità esprimendo intensi e deliziosi profumi di frutti neri, fiori e spezie, al palato è ricco, morbido, setoso e avvolgente con tannini eleganti e dalla distintiva finezza, un Vino molto equilibrato ed estremamente piacevole con un lungo e gustoso finale.

Posso solo aggiungere che loChâteau Dauzac 2005 è un Vino Rosso di grande qualità che si può semplicemente definire magnifico ed emozionante

https://www.chateaudauzac.com/

https://www.youtube.com/watch?v=dF1F6tqLFOs


"Château Dauzac": Una Vista (Foto CD)

 Tini in Acciaio (Foto CD)

Tini di Legno (Foto CD) 

La Barricaia (Foto CD)

"Château Dauzac": Gli Alveari (Foto CD) 

"Château Dauzac": Uva Straordinaria (Foto CD)

Giorgio Dracopulos con la Cassetta di "Château Dauzac 2005" 

"Château Dauzac 2005" un Vino Rosso Magnifico

Giorgio Dracopulos con lo "Château Dauzac 2005"

domenica 13 novembre 2022

“CRU CAVIAR” UN’AUTENTICA ECCELLENZA ITALIANA CHE BRILLA TRA I MAGGIORI PRODUTTORI DI CAVIALE DEL MONDO.




Il termine FranceseCru” nel corso degli anni ha assunto un significato sempre più ampio e complesso che lo rende di non facile traduzione nell'ambito di diverse coltivazioni agricole e non. Nel linguaggio comune il termine sta a indicare uno specifico vigneto con proprie caratteristiche particolari ma in alcune Regioni vitivinicole il concetto è esteso a un delimitato Territorio che può comprendere anche un piccolo Centro abitato. Il TermineCru” attualmente viene usato anche nell'Olivicoltura.

Il significato molto complesso del termine “Cru” dipende dalle varie classificazioni dei prodotti da parte degli organi che regolamentano i disciplinari di produzione di ciascuna singola Zona Vitivinicola Francese: per esempio nel “Médoc” (una Regione naturale della Francia, Penisola del Dipartimento della Gironda, in Aquitania) si adotta la scala del 1855 voluta da Napoleone III che prevedeva una classificazione con al vertice i “Premiers Crus Classés”, a seguire i “Deuxièmes Crus”, i “Troisièmes Crus”, i “Quatrièmes Crus” e “Cinquièmes Crus”.

Nella Legislazione Vitivinicola Italiana non esiste una classificazione gerarchica dei "Micro Territori" analoga a quella vigente da Secoli in Francia. Tuttavia, molte denominazioni, soprattutto quelle storiche e famose, prevedono delle "Sottozone". Ma l'analogia più consona con il “CruFrancese è la menzione (geografica aggiuntiva) ovvero il nome del Comune, della Frazione o del Vigneto (in questo caso, la Legge, prevede anche l'apposizione "Vigna") che si appone alla specifica denominazione.

Questa premessa mi serviva per arrivare a un’Azienda Italiana che ha adottato il termine “Cru” inteso come “ciò che cresce in una specifica Regione o Territorio” per divulgare una Cultura che non si riferisce al Vino ma a quella del Caviale di altissima qualità: la “Cru Caviar”.

Il “Caviale” è un alimento a dir poco straordinario che si ottiene attraverso l’attenta lavorazione e salatura delle uova di diverse tipologie di pesci denominati “Storioni”.

Lo “Storione” è praticamente un “fossile vivente” (anche per il suo aspetto) visto che ha fatto la sua apparizione nel Mesozoico, oltre 200 milioni di anni fa. Nell’antichità il Fiume Tevere ne era ricco e veniva denominato dai Romaniil lupo del Tevere”. Lo “Storione” è un pesce possente, di grandi dimensioni (diversi metri, è il più grande pesce d’acqua dolce esistente), vive per diversi decenni in acqua dolce pulita e fredda, ma anche in quella salmastra (esistono Storioni che vivono esclusivamente in Mare oppure esclusivamente in Acque Dolci). Lo Storione appartiene alla Famiglia delleAcipenseridae” che comprende 26 Specie di pescianadromi” (che per qualche ragione migrano); gli Storioni infatti risalgono i Fiumi per andare a riprodursi. Il nome “Acipenser” in Latino era il termine che indicava proprio lo “Storione”.

La Carne dello Storione è molto pregiata ma la vera delizia sono le sue uova che dopo attenta lavorazione diventano “Caviale”. Ci vogliono dai 7 ai 25 anni, a seconda delle tipologie, affinché uno Storione riesca a produrre le uova che in natura non hanno un sapore ben definito e che devono essere trattate con il sale per diventare una vera prelibatezza.

Anche se abbiamo tracce antichissime provenienti da fonti Persiane, Egiziane, Greche e Romane sul consumo di uova di Storione, bisogna arrivare nel XII Secolo per avere documentazioni, provenienti da popolazioni Mongole, su questo tipo di consumo.

Il “Malossol” il Caviale leggermente salato come lo conosciamo oggi non è stato possibile realizzarlo fino a che non furono trovati sistemi particolari di stoccaggio e trasporti refrigerati. Soltanto alla fine del XVIII Secolo il Caviale, introdotto inizialmente in Europa dalla Russia grazie al Marinaio e Commerciante Greco Ioannis Varvarkis, divenne un “fenomenoMondiale.

L’eccessivo consumo di Storioni portò presto al calo della produzione Europea mentre in Nord America nella seconda metà del XIX Secolo s’iniziò a produrre Caviale in grande quantità. Se ne produceva talmente tanto che, oltre a essere esportato praticamente ovunque, nei Bar Americani veniva servito del Caviale per promuovere le bevande come oggi facciamo con le “noccioline”. Fino al 1875 il Caviale veniva confezionato in barili di legno da 55 Kg, da allora in poi vennero adottate delle latte metalliche da pochi chili. Tali contenitori permettevano attraverso la pastorizzazione di allungare notevolmente la vita del prodotto. Successivamente nei primi anni del 1900 vennero adottati sistemi di confezionamento sotto vuoto, non solo in vetro, dal peso di 30 o 60 grammi.

Nel 1915 anche in America la produzione entrò in crisi per il troppo consumo e la pesca degli Storioni, sia da diporto che commerciale, fu vietata fino agli anni 50. Dopo l’America il Mar Caspio Russo divenne l’area di produzione principale del Caviale. Superata la metà del 1900 nell’area iniziarono anche i primi esperimenti di riproduzione artificiale degli Storioni ma anche qui la produzione esagerata mise in crisi il sistema.

A causa della penuria di Storioni selvatici a livello Mondiale nel 1998 la Convenzione di Washington sul Commercio Internazionale delle Specie di Fauna e Flora Minacciate di Estinzione  (C.I.T.E.S.) decise d’inserire tutte le specie di Storione all’interno dell’Appendice Seconda della Convenzione. Tale fatto ha portato al divieto di commercializzazione su tutti i Mercati Internazionali dello Storione Selvatico e dei prodotti da esso derivati. Oltre a ciò, la Convenzione, ha anche imposto l’obbligo di marcare la produzione proveniente dagli allevamenti con una “Speciale Etichetta Cites” dove in un codice (di lettere e numeri) vengono riassunti: la Specie dello storione, il Codice sull’origine del prodotto, il Codice Iso” del Paese di origine, l’Anno di produzione nel caso di confezionamento diretto, il Codice dell’eventuale Azienda confezionatrice, il Codice identificativo del lotto di produzione o del permessoCitesdi esportazione.

Oggi il Mercato Mondiale degli Storioni e del Caviale è sostenuto praticamente e quasi esclusivamente dagli allevamenti. Il più grande produttore in assoluto è la Cina ma la produzione si è sviluppata molto anche in Russia, in Francia, in Iran e in Italia. La nostra bella Italia oggi è la principale produttrice Europea di Caviale con circa 54 Tonnellate annue. Le Zone di maggiore concentrazione dei nostri allevamenti di Storioni si trovano in particolari Territori delle Province di Brescia, Pavia, Cremona e Venezia.

Ma torniamo all’AziendaCru Caviarche ha Sede, nella Regione Veneto, a Gardigiano una Frazione (circa 2.200 Abitanti) del Comune di Scorzè in Provincia di Venezia.

Cru Caviar” ha una lunga Storia fatta di esperienza e passione che nasce nel 1972 grazie alla Famiglia Bettinazzi, allevatori da tre generazioni, che decisero di intraprende la strada dell’allevamento ittico seguendo ogni fase dello sviluppo del pesce con estrema cura e dedizione. Nel 1989 venne iniziata l’attività di importazione e distribuzione di pregiato Caviale Iraniano e Russo ma nel 1995 l’attività si focalizzò sull’allevamento degli Storioni in Italia, predisponendo differenti siti con caratteristiche microclimatiche uniche che tutt’oggi vengono preservate in armonia con l’ambiente naturale circostante. Quattro allevamenti posizionati in Lombardia e in Veneto, tra le acque pure del Parco del Mincio (un’area protetta dedicata alla flora e alla fauna fluviale) con una filiera controllata al 100%. Oltre 20 Ettari in cui ogni Storione viene accuratamente allevato: dall’uovo all'avannotto fino all’esemplare maturo dopo oltre 20 anni. Ogni allevamento ha una propria unicità, acque incontaminate e Storioni di differenti specie, dove, dal 1997, si produce Caviale Italiano .

Nel 2008 l’Azienda ha realizzato, dopo quello di Bovolone (VR), il nuovo Stabilimento a Gardigiano e nel 2017 ha ricevuto la CertificazioneIFS”.

IFS Food” è una Certificazione che contempla severi criteri di confezionamento e produzione, uno standard a livello Internazionale che garantisce in termini di alta qualità e massima sicurezza, tutti gli obblighi normativi per la maggiore tutela dei consumatori.

Dopo aver allevato i migliori esemplari di Storione, l’Azienda passa alla delicata fase di produzione realizzando le differenti selezioni di Caviale con laTecnica Malossol” (ridotto contenuto di sale) per esaltare il gusto autentico di un grande e prezioso Caviale. Tutto ciò grazie anche alla grande esperienza del Caviar Master Aziendale Renzo Zanin (tra i più noti Maestri salatori a livello Internazionale) la cui collaborazione è iniziata nel 1997 con la loro prima produzione di Caviale.

Negli anni è stata accuratamente approfondita la conoscenza della produzione di Caviale, la trasformazione dal fresco al conservato, avvalendosi di Tecniche per mantenere assolutamente inalterate le caratteristiche organolettiche del prodotto. Viene distribuito soltanto quel Caviale che supera tutti i severi criteri di controllo, di freschezza, gusto, colore e dimensione. Dopo il confezionamento, il Cavialematura” in camere a temperatura controllata per favorire la più intensa concentrazione del sapore.

L’Azienda ha a cuore la sostenibilità, gli spazi produttivi sono sempre di più alimentati da fonti di energia rinnovabili (fotovoltaico) e l’impegnogreen” parte dal primo anello della catena, l’allevamento. Vengono utilizzati mangimi con il contenuto minore possibile di farine animali e sono totalmente privi diOGM”. Le vasche impiegano solo acqua superficiale che, oltre a rispettare il naturale andamento termico di cui i pesci necessitano, permette di non dover andare a depauperare le riserve idriche prelevando acqua dal sottosuolo. La qualità chimica e microbiologica dell'acqua viene monitorata spesso sia in entrata (per il benessere dei pesci), sia in uscita (per rispettare la normativa vigente e per assicurare un trascurabile impatto ambientale sull'ecosistema a valle dell'impianto). Inoltre vengono controllati praticamente di continuo i livelli di ossigeno nell’acqua mantenendo il livello ottimale per il benessere animale.

La “Cru Caviar” sostiene la WSCS (World Sturgeon Conservation Society) che ha come primo obiettivo quello di promuovere la conservazione, la salvaguardia e la reintroduzione in natura degli Storioni. Grazie alla continua ricerca, lo studio, il confronto con le Aziende, il coordinamento e l’organizzazione di simposi mondiali, la “WSCS” rappresenta un importante e fondamentale anello di congiunzione con chi lavora gli Storioni.

Oggi la ricca Produzione Cru Caviarcontempla non soltanto le varie e specifiche versioni di magnifico Caviale comprese le 4 Cruma anche altri interessantissimi e gustosissimi prodotti come: “Bottarga di Caviale”, “Storione Affumicato”, “Burro con Caviale”, “Uova di Salmone Chum”, “Burro con Acciughe del Cantabrico”, “Caviale Croccante”, “Zafferano in Polvere”, “Burro con Zafferano”, “Zafferano in Pistilli”, “Blinis”, “Cucchiai in Madreperla”. Il tutto confezionabile anche in bellissime versioni regalo.

Inoltre l’Azienda seleziona le migliori varietà di Caviale dall’Estero (Cina e Iran) per offrire alla clientela una garanzia di qualità assoluta.

Recentemente la “Cru Caviar”, in quanto Primo Produttore Italiano e tra i primi a livello Europeo di Caviale Beluga ha iniziato una stretta collaborazione conJRE Italia” la compagine Italiana della Prestigiosa AssociazioneJRE - Jeunes Restaurateurs” che raggruppa giovani Chef tra i più talentuosi in Europa. Una simbiosi culinaria attraverso la quale gli Ospiti dei RistorantiJRE” potranno assaporare le pregiate varietà di “Caviale CRU” con le sue innovative declinazioni, in squisite e raffinate pietanze che appagheranno il palato dei più esigenti buongustai del Caviale.

La “mission” della “Cru Caviar” è quella di creare un gioiello puro e perfetto, ai massimi dell’eccellenza, valorizzando sempre più il nobile Storione, il Caviale e ognuno dei suoi derivati  dando il giusto valore all’eccellenza del “Made in Italy” sinonimo in tutto il Mondo di qualità e sapienza artigiana. La “Cru Caviar” grazie alla pluridecennale esperienza è in grado di creare un vestito di alta sartoria cucito su misura e perfetto per soddisfare i desideri di ognuno dei palati più esigenti degli amanti del Caviale oltre a incuriosire chi fino a oggi non è mai stato tentato da queste “preziose gemme”.

Cru Caviarun’autentica eccellenza Italiana che brilla tra i maggiori produttori di Caviale del Mondo.

https://caviar.it/

https://www.youtube.com/watch?v=e959WhLT3Ow


"Cru Caviar": Prezioso Caviale (Foto CC)

Gustosissime Gemme (Foto CC)

"Cru Caviar": Una Vista della Vasche (Foto CC) 

"Cru Caviar" Cura il Benessere degli Storioni (Foto CC)
 
 Solo i Migliori Storioni (Foto CC)

"Cru Caviar" Caviale Italiano (Foto CC)

"Cru Caviar" Porta la Magia in Tavola (Foto CC)

Caviale Super Selezionato (Foto CC) 

 La Preziosa "Bottarga di Caviale" (Foto CC)

"Cru Caviar": Un'Autentica Eccellenza Italiana (Foto CC)

sabato 5 novembre 2022

“OSTERIA GRANDE” AD AREZZO: UNA NUOVA APERTURA, UNA NUOVA E PIACEVOLE ESPERIENZA POLISENSORIALE.



La magnifica Città di Arezzo è situata nella parte settentrionale della Valdichiana; i due Torrenti che l’attraversano, il Castro e il Vingone, si gettano nel Canale Maestro della Chiana, che ripercorre l’alveo dell’antico Fiume Clanis. Direttamente a nord della Città ha inizio il Casentino, la Valle percorsa dal primo tratto del Fiume Arno; a nord-ovest si trova la Valdarno Superiore, sempre percorsa dall'Arno nel tratto che scorre fra ArezzoFirenze.

Arezzo oggi è il Capoluogo (circa 100.000 Abitanti) dell’omonima Provincia Toscana ma le sue origini sono antichissime. Sorse in epoca pre-etrusca in una zona abitata fin dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento di strumenti di pietra e del cosiddetto "Uomo dell'Olmo", risalente al Paleolitico, avvenuto nei pressi della Frazione dell'Olmo durante i lavori di scavo di una breve galleria della Linea Ferroviaria Roma-Firenze nel 1863. L'abitato Etrusco si adagiava invece sulla sommità del Colle di San Donato, lo stesso occupato dall'attuale Città. Si sa che la “Arezzo Etrusca”, chiamata “Aritim” (in Latino Arretium), esisteva già a.C. nel IX Secolo.

In Secoli più recenti Arezzo è stata Sede della più antica Università della Toscana, una delle prime in Europa. Conosciuta come Città dell'oro e dell'alta moda, è stata patria di mitici Artisti e Poeti. Famosissimi, per esempio, gli affreschi di Piero della Francesca all'interno della Cappella della Basilica di San Francesco e il crocifisso di Cimabue all'interno della Chiesa di San Domenico.

Nel quadro delle rievocazioni storiche, di cui il Centro Italia è ricco, ad Arezzo si svolge la mitica “Giostra del Saracinoripristinata dopo Secoli nel 1931. Nella Giostra si sfidano i Cavalieri dei 4 Quartieri della CittàQuartiere di Porta del Foro (conosciuto anche come "Quartiere di Porta San Lorentino"), Quartiere di Porta Crucifera (conosciuto anche come "Colcitrone"), Quartiere di Porta Sant'Andrea e il Quartiere di Porta Santo Spirito (noto anche come "Quartiere della Colombina" e corrispondente all'antico Quartiere di Porta del Borgo). Ogni Cavaliere corre la lizza in base all'ordine stabilito dall'estrazione delle carriere, un rito che si svolge nella Piazza del Comune una settimana prima della Giostra. Il Cavaliere porta una lancia con la quale deve colpire il tabellone sostenuto dalburatto”, una statua lignea rappresentate un “Saraceno” (da cui il nome). Il punteggio è compreso tra uno e cinque punti; ogni Quartiere corre due volte finché, ricorrendo talvolta allo spareggio, un Quartiere non predomina sugli altri.

LaGiostra del Saracinosi svolge in pieno Centro Storico di Arezzo, nellaPiazza Grande”, il terzo Sabato di Giugno in notturna e la prima Domenica di Settembre in edizione diurna.

Piazza Grande” è la Piazza Centrale di Arezzo sorta attorno al 1200, ha una particolare forma trapezoidale inclinata in modo da facilitare il deflusso dell'acqua piovana. La Piazza è contornata da magnifici e antichi Edifici come il Palazzo delle Logge, il Palazzo della Fraternita dei Laici, il Palazzo Lappoli, il Palazzo Tofani e dall’Abside dell’imponente e bellissima Chiesa di Santa Maria della Pieve (Secolo XII). Nella Piazza si trovano anche la “Fonte Pubblica” (una fontana di marmo in stile neoclassico), l’antico “Pozzo con Tettoia” e la “Colonna Infame” (o Petrone) il luogo dove i Nunzi del Comune affiggevano le cedole con le citazioni giudiziarie, contenenti gli inviti a comparire a giudizio per gli imputati non residenti in Città o che non si erano presentati alle udienze (contumaci).

Ecco che proprio nel suggestivo contesto di Piazza Grandeal Civico 26, il 14 Giugno 2022, è stato inaugurato un nuovo e super interessante Locale: l’Osteria Grande dello Chef Fatjon Goga.

Fatjon Goga, per tutti “Johnny”, è nato in Albania nel 1991, la sua Famiglia nel 1996 si è trasferita ad Arezzo dove “Johnny” è cresciuto. Dopo aver frequentato l’Istituto ComprensivoPiero della Francesca” di Arezzo, a soli 15 anni è entrato a lavorare come “Plongeur” (addetto al lavaggio) nella Cucine dell’ AC Hotel Arezzo (4 Stelle). La sua passione per la Cucina è rapidamente sbocciata e nel 2007, l’anno dopo il suo arrivo, era già intorno ai fornelli ad aiutare.

Nel 2011 la sua voglia di apprendere e di migliorarsi lo ha portato per un breve periodo nella Cucina di un grandissimo Maestro: Alfonso Iaccarino (classe 1947) Titolare del leggendario Ristorante & RelaisDon Alfonso 1890” ubicato su “Punta Campanella” (una fascinosa roccia protesa verso il mare proprio di fronte alla magica Isola di Capri) a Sant’Agata sui Due Golfi, Frazione di Massa Lubrense (NA).

Nel 2012Johnny” ha lavorato a Montepulciano (SI) all’HotelEtruria Resort” (4 Stelle Superiore), nel 2013  è tornato ad Arezzo rientrando all’ AC Hotel Arezzo e in contemporanea ha gestito il Ristorante di “Palazzo Mannaioni” a Firenze e quello di “Una Hotel” a Fabbro (TR), tutte strutture dello stesso Gruppo.

La facilità di apprendere e la capacità di mettersi in gioco lo hanno portato nel 2015 ad assumere la guida del comparto ristorativo del “Marriott Hotel di Arezzo”, dove ha aperto il suo Ristorante fine dining”:  Lo Zafferano.

Nel suo primo Ristorante lo Chef ha avuto la possibilità di maturare il proprio pensiero di cucina, la sua filosofia, complice il modello di grandi e indiscussi Maestri ispiratori. Insieme al sodale Lorenzo Milazzo, Maître e Sommelier, “Lo Zafferano” si è fatto conoscere e apprezzare dalla clientela Aretina e non solo.

Un giovane Chef talmente bravo che nello stesso periodo è riuscito a conquistare varie collaborazioni anche in altre Aziende e strutture di pregio come la “Galateo Ricevimenti”, un Catering di Firenze, nel 2016 con la “Locanda dell’Amorosa”, Località Amorosa, a Sinalunga (SI) e  nel 2021 con l’apertura “Koob Experience” il nuovo concetto di “Urban Cocktail Bar e Art Gallery” aperto a Firenze, a due passi dalla Stazione di Santa Maria Novella, da un’idea di Emma Mailova e di suo marito Dmitry Kulish, entrambi Architetti.

Eccoci giunti al nuovo Locale l’Osteria Grande, inaugurato, come già accennato in questa calda Estate 2022, dallo Chef Fatjon Goga. Uno spazio antico in cui è stata mantenuta tutta l’essenza della storia che traspira ovunque a partire dal soffitto a botte in mattoni a faccia vista. Tutto l’arredo è stato improntato alla ricerca di materiali naturali come legno, ferro e pietra con i loro colori neutri e caldi. La vetrata all’Ingresso ha l’insegna luminosa sulla soglia, per non deturpare l’armonia artistica della fascinosa Piazza, ed esprime perfettamente l’idea che si vuole trasmettere di un varco verso un luogo semplice: un’Osteria. All’interno l’accogliente spazio si fa contemporaneo grazie anche al bel Bancone Bar con la bottigliera che appare sullo sfondo e con gli sgabelli su cui accomodarsi per un aperitivo o un “after dinner” più informali. Tutto il Locale, che può accogliere una ventina di Ospiti (con la buona Stagione i Coperti aumentano grazie allo spazio esterno) è caratterizzato da un’eleganza sobria e piacevole.

Il nuovo progetto dello Chef Goga è quello di portare il proprio stile di Cucina in un contesto dinamico e giovanile, con sapori che richiamano la Storia e la Tradizione di questa magnifica Terra, in chiave più attuale. L’Osteria Grande, aperta solo la sera, vuol essere un nuovo e super accogliente punto di riferimento per chi arriva in Città e desidera godere di una cena o di un momento di benessere immerso in un’atmosfera intima, in armoniosa continuità con la bellezza Storica della Piazza.

Lorenzo Milazzo, fedele amico e alter ego dello Chef, in Sala coordina ogni giorno un Team di ragazzi nell’accogliere la Clientela con una cura personalizzata e una passione innata. Grande amante dei Vini Lorenzo ha creato una Carta super selezionata di Etichette espressive del Territorio Chiantigiano (anche Aretino) ma che allargano lo sguardo alle Regioni più vocate d’Italia e del Mondo, con una buona scansione geografica delle migliori zone vitivinicole e un focus speciale su Bollicine e Champagne.

Tre iMenu Degustazione” che dichiarano il proprio amore per la Toscana e la sua straordinarietà: “Le nostre colline” (5 portate), “I nostri mari” (5 portate), “I nostri orti” (5 portate), oltre a un “Menu a mano libera” e la possibilità di scegliere ogni portata alla Carta.

Un’idea, quella di “Johnny”, di Cucina Artigianale che parte dalla selezione accurata delle materie prime come le carni preziose di Simone Fracassi o i tartufi di Savini, le paste fresche fatte in casa, fino ai vegetali da elaborare coniugando i canoni di eleganza e Toscanità, in modo da proporre una Cucina aderente al Territorio ma letta con un filtro personale e creativo dove “tradizionediventa anchemodernità”.

Ogni Menu e ogni Cena iniziano con deliziosi “amuse bouche” da piluccare con le mani come  l’Airbag con composta di cipolle, lo Sgombro marinato e laccato con aceto di lamponi, il Cono coi fegatini di pollo, Passion fruit e granella di nocciole. Successivamente si possono degustare gustose e belle preparazioni come: “Uovo, tartufo, formaggio stagionato e mais”, “Polpo del Mediterraneo, soia e arancia”, “Tartare di vitello, senape e salsa verde”, “Fusilloni della Val d’Orcia, pomodoro, peperoni e carpaccio di vitello”, “Riso Carnaroli 12 mesi, basilico, caviale, grué e cipolla bianca”, “Pici tirati a mano, crema di aglione di Valdichiana e oro”, “Melanzana cotta, salsa guacamole, nocciola, cipolle e curry”, “Nana aretina: petto, filetto, albicocca, cipolla borrettana brûlée”, “Spuma al cioccolato, con un biscotto imbevuto in tè di fava tonka e una cialda brioschi”, “Tiramisu scomposto, con cremoso al mascarpone, spugna e crema di caffè”.

L’ Osteria Grande è un Locale che offre un’accoglienza diversificata dove infatti si può andare anche per un semplice aperitivo o un “after dinner”, Lorenzo e Fatjon si sono affidati a un giovane e bravo Barman per approntare un’ampia “drink list” che include sia i grandi classici della Mixology Internazionale, sia un’interpretazione più personale del bere miscelato, contemporanea e originale.

All’Osteria Grande dello Chef Fatjon Goga, ubicata nella stupefacente Piazza Grande di Arezzo, non troverete soltanto una nuova apertura ma anche una nuova e piacevole esperienza polisensoriale.

https://www.osteriagrande.it/


"Osteria Grande" ad Arezzo. L'Ingresso (Foto Lido Vannucchi)

 Lo Chef Fatjon Goga (Foto Lido Vannucchi)

La Sala (Foto Lido Vannucchi)

 Il Bancone Bar (Foto Lido Vannucchi)

La Tradizione Diventa Modernità (Foto Lido Vannucchi)

La Pasta Fatta in Casa (Foto Lido Vannucchi)

Materie Prime di Eccellenza (Foto Lido Vannucchi)

Gustose Delizie (Foto Lido Vannucchi)

Fatjon Goga, Lorenzo Milazzo e lo Staff (Foto Vannucchi)