lunedì 12 aprile 2021

CLAUDIA TREVISANI UNA STRAORDINARIA “SFOGLINA” MAESTRA NELL’ARTE DELLA PASTA FRESCA FATTA A MANO CON IL MATTARELLO.



Uno dei “simboli” più conosciuti nel Mondo dell’Italianità a tavola è sicuramente lapasta”. Ciò è dimostrato anche dalla intraducibilità della parola stessa che viene chiamata “pasta” in ogni angolo del globo.

La “pasta” attraverso i secoli è stata ed è un alimento fondamentale della nostra tradizione gastronomica e non solo. E’ una tipologia di cibo che unisce, sin dalle epoche più lontane, l’Europa e l’Asia.

Possiamo risalire all’Età Neolitica, l’ultimo dei tre periodi che costituiscono l’Età della Pietra, si parla di oltre 9.000 anni prima di Cristo, quando le popolazioni divennero stanziali e iniziarono a coltivare cereali e ad allevare animali. Con l’uso della levigatura e della scoperta della ceramica vennero introdotte anche nuove forme di più lunga conservazione di quei cereali macinati e impastati con l’acqua che venivano cotti o lasciati essiccare al sole. 

Un tipo di alimento, la pasta, conosciuto anche dagli antichi Greci che la chiamavano  “laganon” (acqua e farina di grano duro in fogli sottili poi fritti). Successivamente i Romani  la definirono “pastam” descrivendo un miscuglio di farina impastata con acqua e con l’aggiunta di una qualsivoglia salsa.

In tutti questi casi si parla di un prodotto non bollito, ma messo a cuocere su piastre calde o dentro a dei forni.

Bisogna arrivare nel V° Secolo d.C. in Palestina per trovare tracce di pasta bollita e oltre l’Anno Mille, più precisamente intorno al XII° Secolo, per trovare le prime tracce di pasta secca introdotta in Sicilia con l’arrivo degli Arabi.

In quel tempo il lungimirante e super documentato geografo, cartografo e viaggiatore berbero Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Sabti  (1099 - 1165), più semplicemente chiamato “Al Idrisi il Siciliano”, cita una pasta secca a forma di fili, da loro denominata “itriyya”, prodotta nella colonia Araba di Palermo

L’Italia, con il suo clima particolarmente adatto per la coltivazione del grano duro, divenne presto il paese più importante per la produzione di pasta.

Nel Medioevo apparvero le paste forate, la pasta secca lunga e quella ripiena e nel XIV° Secolo vennero costituite le prime Corporazioni di Pastai. Fino poi ad arrivare nel XVI° Secolo alla nascita dei primi pastifici, a conduzione familiare, sorti nella penisola Italica in zone particolarmente favorite dal clima (adatto per una lenta essiccazione della pasta) come a Gragnano in Provincia di Napoli.

Con le successive migliorie tecnologiche della rivoluzione industriale arriviamo alla pasta prodotta  in tempi più vicini a noi. La lavorazione della pasta, pur mantenendo fermi i dogmi della tradizione, si è modernizzata, in particolare per quanto riguarda la trafilatura.

La trafilatura è il passaggio della pasta nella “trafila”, la macchina che da la forma desiderata alla pasta a secondo dei formati desiderati. Impossibile non citare delle attuali  vere e proprie straordinarie eccellenze Italiche come la pasta “trafilata in bronzo” o quella “trafilata in oro”.

Ma la “pasta fresca fatta a mano con il mattarello” rimane il pilastro della Cucina più tradizionale Italiana: un “semplice miracolo” alimentare (solo due ingredienti: farina e acqua o farina e uova) che richiede una straordinaria manualità frutto di molti anni di esperienza e grande passione come quella delle “Azdore”.

Azdora” o “Arzdora” è un personaggio femminile, vero fulcro della Famiglia, molto amato nella Tradizione Emiliana-Romagnola più sincera. Il “Dizionario del Dialetto Emiliano-Romagnolo” indica il seguente significato di “Arzdora”: “reggitrice, massaia, colei che presiede alla cura e al sostegno della casa e della famiglia”. L’uso comune della parola “Arzdor” e “Arzdora” definiva la posizione effettiva in Famiglia: il Capofamiglia era l’Arzdor, ossia il reggitore, l’uomo al vertice della scala gerarchica che si occupava degli affari di casa e teneva il denaro, mentre l’Arzdora era di solito la Moglie del Capofamiglia o la Donna che doveva accudire alla Casa, preparare il vitto, attendere a tutti i lavori domestici necessari.

La “pasta fresca” dell’Emilia-Romagna nasce, in numerose versioni tipiche tutte varianti legate strettamente con i rispettivi Territori, proprio dalla fascinosa pratica manuale della “stesura della pasta”, fatta da sempre dalle “sfogline”, le donne che usando spianatoia e mattarello tirano la sfoglia. Tra le varie tipologie trovano sicuramente maggiore notorietà i tortellini, le lasagne e le tagliatelle.  

I “Tortellini” (Anolini o Cappelletti, paste ripiene che si differenziano tra loro per la natura del ripieno) per esempio sono sicuramente una di quelle preparazioni che si sono affermate per la loro straordinaria bontà praticamente nel Mondo.

Per secoli Bologna e Modena si sono “accapigliate” per la “maternità” dell’invenzione dei tortellini. Tale disputa fu appianata, alla fine dell’800, grazie all’arguzia di Giuseppe Ceri (Firenze 1839 - Bologna 1925), Ingegnere, Architetto, Giornalista, Poeta satirico e  Critico d'arte, una persona molto colta, di ingegno acutissimo e grande appassionato di Cucina.

L’accordo fissò che il “Luogo di nascita ufficiale del Tortellino fosse Castelfranco Emilia”, un Paese che sorge lungo la Via Emilia proprio a metà strada tra Bologna e Modena. Fino al 1929 Castelfranco Emilia è stato nella Provincia di Bologna poi è passato in quella di Modena.

Proprio a Castelfranco Emilia, da diversi anni nella seconda settimana di Settembre, si svolge in occasione della Festa di San Nicola la Sagra del Tortellino Tradizionale.

Sulle origini dei “Tortellini” si può dire che risalgono sicuramente al Basso Medioevo, infatti le primi tracce si trovano  in una Pergamena datata 1112 dove vi si legge: “Tertia pars turtellorum monachorum est” (la terza parte dei tortelli spetta ai monaci). Poi in una Bolla Pontificia del 1169, emanata dalla Curia Romana con il sigillo del 170° Papa della Chiesa Cattolica Alessandro III (Rolando Bandinelli, nato a Siena circa nel 1100 e morto a Civita Castellana nel 1181) si legge che una Chiesa doveva fare un’assegnazione di “duas partes turtellorum”.

In Documenti del 1200 si trovano diverse citazioni dei “tortelli”, poi dal Trecento i cosi detti “torteletti” si sono diffusi tra le classi più agiate della Popolazione anche se la loro ricetta non era certo come quella attuale.

Il termine “tortellini” lo troviamo citato nel 1708 nel Menù del pranzo natalizio del Monastero Bolognese di San Michele in Bosco dove i Monaci Olivetani (una Congregazione dell’Ordine di San Benedetto) avevano inserito la “minestra di tortellini”.

La ricetta di come realizzare i “tortellini” nei Secoli ha subito varie trasformazioni, alla fine del  1700, per esempio, Alberto Alvisi, Cuoco del Cardinale Gregorio Barnaba Chiaramonti da quando diventò Vescovo di Imola nel 1785, inserì tra gli ingredienti del ripieno il midollo di bue. Bisogna arrivare al 1891 per avere una ricetta complessivamente ben definita dei tortellini grazie a Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911, Scrittore, Gastronomo e Critico letterario) autore di quel mitico Libro di Ricette vero capolavoro della Cucina Italiana e del servire a tavolaLa scienza in cucina e l'arte di mangiar bene.

Oggi una delle rappresentanti più brave e sincere di queste antiche Tradizioni delleAzdoree delleSfoglineè sicuramente Claudia Trevisani.

Claudia è nata nella Pianura Padana a Crevalcore, uno dei 55 Comuni della Città Metropolitana di Bologna, da una Famiglia di Agricoltori. L’amore per la Terra e per i buoni frutti del duro lavoro in campagna è innato in Lei: fin da piccolissima, meno di 8 anni, grazie ai preziosi insegnamenti di una magnifica Azdora, Nonna Ambellina, la Mamma del suo Babbo che viveva in Casa, ha iniziato, tra le altre cose, ad apprendere i segreti dell’arte dell’impasto e del tirare la pasta.

Dopo le Scuole dell’Obbligo Claudia ha frequentato e si è diplomata all’Istituto Magistrale, successivamente ha studiato ottenendo un nuovo diploma, quello di Infermiera, a San Giovanni in Persiceto (BO).  

Il 17 Giugno del 1995 Claudia Trevisani si è sposata con Franco e dalla loro unione sono nati tre bellissimi figli: Samuele che oggi ha 25 anni, Simone che ne ha 13 e Sofia 10.

Claudia, una donna energica, esuberante e attivissima, ha continuato a studiare e a lavorare. Nel 2013 ha ottenuto un “Master in Coordinamento Infermieristico” (Capo Sala) presso Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Claudia oggi vive ad Alberone una Frazione del Comune di Cento in Provincia di Ferrara e lavora all’Unità Sanitaria Locale di Bologna.

Durante tutti questi anni, di grandissimi impegni familiari e lavorativi, l’amore per la “buona cucina” e la passione per la “pasta fresca” non è mai venuta meno a Claudia, anzi non ha mai perso occasione per Cucinare nei concorsi, in tutte le manifestazioni gastronomiche dove veniva invitata e per le feste degli amici. Nel 2012 ha vinto il Titolo diMiss Sfoglina” e nel 2013 a Bologna quello di “Miss Tagliatella”.

Vista l’indubbia bravura i suoi familiari hanno spinto Claudia, nel 2016, a partecipare alle difficilissime selezioni della Sesta Edizione del famoso Concorso Televisivo  “MasterChef Italia”. Tra le parecchie migliaia di candidati Claudia Trevisani è riuscita a superare molte prove difficilissime arrivando tra i primi trenta selezionati e partecipando alle prime due Puntate Televisive.

Claudia sta anche preparando un Libro dal TitoloLe Ricette dell’Azdora Claudia Trevisani” che presto verrà pubblicato, grazie alla Casa Editrice Artestampa” di Modena: una gustosa raccolta di Ricette tradizionali dei Territori di Bologna, Modena e Ferrara.

Claudia Trevisani è una sincera, bravissima e super appassionatasfoglina”, vera Maestra nell’Arte dellapasta fresca fatta a mano con il mattarello”.

https://www.facebook.com/claudia.trevisani.77


Claudia Trevisani (Foto Renato Baruffaldi)

Claudia Trevisani: i Tortellini (Foto CT)

Tagliatelle fatte a Mano 

 Tagliatelle al Ragù cotte in Pentola di Pasta di Pane. (Foto CT)
 
Claudia Trevisani e le sue Tagliatelle (Foto Renato Baruffaldi)

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