giovedì 28 aprile 2022

“HISTORY OF THE MODERN KITCHEN” DI CLAUDIO PAOLINI: UN LIBRO ASSOLUTAMENTE MAGNIFICO E SUPER INTERESSANTE.



Con il termine “Cucina” oggi si intende anche quel complesso di elettrodomestici, spesso a installazione libera, utilizzati per cucinare.

Si tratta di uno specifico combinato che unisce un forno (elettrico o a gas) con un piano cottura, dotato di fornelli a gas, elettrici o a induzione. Il forno può essere anche dotato di spiedo automatico e di un elemento riscaldante elettrico per rosolare i cibi, anche se il forno è a gas, nonché di ventole che hanno la funzione di mantenere costante la temperatura. Il suo uso può essere sia domestico, sia industriale. I prodotti più moderni sono dotati di molteplici accessori, come “display LCD informativi”, accensione automatica dei fornelli, termometri per la temperatura, timer e ausili per il controllo della cottura. Tutte le “più moderne cucine a gas” sono dotate di valvola di sicurezza e sensori che riconoscono un eventuale spegnimento accidentale della fiamma, bloccando quindi l'erogazione del gas stesso.

Ma quello che ai nostri tempi si trova comunemente in ogni casa o in ogni attività commerciale dove si preparino cibi è una diretta evoluzione di un oggetto particolare che è stato di grande importanza nella storia dell’Umanità: laStufa”.

La “Stufa” nel corso dei secoli ha visto cambiare il combustibile con cui veniva alimentata. All'inizio veniva usata la legna, poi il carbone, successivamente il cherosene e quindi anche il gas e nelle più moderne l’elettricità. In passato le “Stufe” venivano utilizzate sia per scaldare gli ambienti sia per cucinare, col tempo però ha perso la seconda funzione che viene oggigiorno coperta dalle "Moderne Cucine".

La Storia che Vi voglio raccontare è indissolubilmente legata a una delle scoperte fondamentali dell’Umanità, ilfuoco”: luce e calore sprigionati durante la combustione.

Non ci sono certezze come gli Uomini vennero a contatto con questo misterioso elemento naturale e neanche sappiamo come riuscirono inizialmente a utilizzarlo, ad addomesticarlo per le  esigenze più semplici. Ritrovamenti Archeologici fanno risalire a circa un milione e mezzo di anni fa il primo uso del fuoco a scopo di riscaldamento e illuminazione favorendo enormemente l'evoluzione degli uomini primitivi.

Grazie all’uso del fuoco gli uomini primitivi iniziarono a cuocere i loro cibi cambiando le abitudini alimentari, ampliando la loro dieta anche ad alimenti che non potevano essere consumati crudi e aumentando la possibilità di nutrirsi, contando anche sul fatto che i cibi cotti sono decisamente più digeribili di quelli crudi. All'incirca 9.000 anni fa, il fuoco permise la lavorazione dell'oro e dell'argento, metalli che si trovano in natura come pepite. Poi nacque la metallurgia: fondendo i minerali nelle fornaci gli uomini impararono a estrarre e a lavorare il rame, lo stagno e successivamente il ferro. Tali lavorazioni permisero la realizzazione di innumerevoli oggetti: gioielli, recipienti, punte per le lance e le frecce decisamente più micidiali di quelle in legno o pietra. Questa nuova abilità degli uomini fu una svolta tanto importante da segnare il passaggio da un'era all'altra: dall'età della pietra all'età dei metalli.

Inizialmente i fuochi venivano accesi all’aperto e quindi si cucinava in spazi circoscritti a terra. Poi si preferì portare il fuoco all’interno, collocandolo al centro dello spazio abitativo, ma anche qui si cucinava sulla fiamma viva del fuoco che ardeva in buche scavate nel terreno, poi si usarono pietre riscaldate o braci per avere una cottura più controllata.
Tutto ciò spiega perché il Fuoco ha fatto diventare “il Focolare e la Cucina” il Cuore della Casa, il centro di tutte le attività quotidiane. Per Secoli la “Cucina” è stata lo spazio domestico per antonomasia, la grande stanza che ospitava praticamente la gran parte dei compiti domestici.

Nelle antiche Case Romane la Cucina era un ambiente specifico già strutturato dove lazona cotturaconsisteva in una costruzione in muratura, appoggiata a una parete, sulla cui superficie trovavano posto alcuni fori rettangolari in corrispondenza del fuoco che veniva alimentato nel vano sottostante.

Alcuni ritrovamenti a Pompei ci mostrano anche altre strutture realizzate come “Cucina” per esempio una superficie adattata a ospitare braci accese su cui si ponevano i recipienti per la cottura dei cibi, venivano allora usati anche i treppiedi nel caso in cui alcuni recipienti non dovessero andare a contatto diretto con la fonte di calore.

Con il passare dei Secoli man mano che le abitazioni s’ingrandivano, con l’aggiunta di altre stanze, il locale costruito attorno al fuoco rimaneva l’unico punto fermo.

Nel Medioevo il metodo di cottura del cibo variava a secondo della Classe Sociale: Contadini e il Popolo meno abbiente cuocevano gli alimenti in calderoni di metallo appesi e il calore era regolato ponendo il calderone più in alto o più in basso sopra il fuoco. La bollitura era il metodo preferito perché si poteva cuocere tutto senza che nulla andasse sprecato.

La carne era prerogativa delle Classi più Agiate che praticavano la caccia nei propri possedimenti e la selvaggina si cuoceva allo spiedo, su grandi fuochi. Si usavano anche i forni, presenti nelle case dei nobili o nelle botteghe dei fornai. Spesso nelle Comunità Medievali il forno era una proprietà condivisa che tutti, a turno, potevano utilizzare. Questa pratica è stata presente in molti Paesi dell’Italia Contadina fino in anni molto più recenti.

Nelle Cucine il Fumo e la Fuliggine sono sempre stati un gravissimo problema causando spessissimo incendi, la situazione migliorò nel XVI Secolo quando vennero adottati Camini o altre soluzioni per veicolare i fumi all’esterno. Nel corso del 1400 i camini a uso cucine si differenziarono da quelli delle stufe o caminetti da riscaldamento e divennero più funzionali con cappe più basse dotate di accessori specifici.

Agli inizi del 1600, a Firenze, il Frate Gherardo Fiammingo realizzò il primo prototipo di “Cucina Moderna” istallandolo nel Monastero delle Murate.

In Francia comparve il “Potager”, la cui denominazione è etimologicamente legata alla parola “zuppa” in Francese. Utilizzato prevalentemente per la preparazione di zuppe e piatti cotti a fuoco lento, consisteva di un piccolo piano cottura in muratura, con in cima dei fori quadrati con griglie, su cui erano poste le braci prelevate dal focolare.
Niente di nuovo, in realtà, visto che gli antichi romani già avevano qualcosa di simile, ma fino a quel momento i Cuochi dovevano essere capaci di cucinare direttamente sulla fiamma viva, senza la possibilità di controllare le temperature. Dotato di un numero variabile di focolai, questo strumento aprì nuove prospettive: il “Potager” consentiva di gestire le cotture mediante la regolazione dell’intensità dei fuochi e favoriva la preparazione simultanea di più alimenti.

Proprio in questo periodo si affermò una certa organizzazione della “Cucina”: da luoghi fumosi e sporchi si passò a un ambiente più razionalmente definito, più pulito e più ordinato.

Da allora in poi ci fu un’accelerazione nelle invenzioni. Nel 1735, l’Architetto Francese François Cuvilliés, progettò la “Stufa Castrol” la prima “Stufa Economica”. Infatti con un pezzo di legno bruciato si aveva calore per riscaldare l’ambiente, si aveva l’acqua calda, una piastra dove cuocere e un forno sempre caldo a disposizione. Nella seconda metà del XVIII Secolo, la Rivoluzione Industriale introdusse nuove invenzioni, l’utilizzo di nuove fonti energetiche, prezzi più convenienti e nuove modalità di efficienza economica ed ergonomica.

Si iniziò a utilizzare il carbone per alimentare i fuochi e cambiarono le dimensioni e le forme delle “Cucine” che vennero realizzate in ghisa per resistere agli alti livelli di calore, poiché il carbone brucia a una temperatura molto più alta del legno. Poi arrivò il gas e successivamente l’elettricità arrivando in fine ai nostri tempi dove le “Cucine” rispecchiano e seguono le trasformazioni sociali ed economiche.

Ecco che mi è capitato di leggere un Libro veramente straordinario che racconta super dettagliatamente proprio questa interessantissima Storia con un occhio di riguardo per la Toscana e Firenze, dato che è si tratta di una Edizione Bilingue (Inglese - Italiano) si intitola: “History of the Modern Kitchen”.

History of the Modern Kitchenè un bel Libro nel grande formato 31,5 x 23,5 cm. con copertina rigida e 160 Pagine di carta lucida, finemente illustrato con foto, disegni e documenti antichi, è stato pubblicato nel 2021 dalla Casa Editrice di PratoGruppo Editoriale”.

Il Libro è stato curato da Claudio Paolini Storico dell’Arte Laureatosi presso l’Università di Firenze, è specializzato in arti decorative (con particolare riferimento alla storia del mobile e dell’arredamento), è stato Direttore del Centro Ricerche e Documentazione dell’Istituto per l’Arte e il Restauro di Firenze e Direttore dei Comitati Scientifici dei Progetti Artis e Plaster, per la salvaguardia delle tecniche artistiche e la documentazione nel settore del restauro, promossi dalla Commissione Europea. È inoltre Direttore Scientifico del Progetto Argos, volto alla creazione di un Data Base in Rete per la normalizzazione dei linguaggi nei settori dell’Arte e dell’Artigianato Artistico. Attualmente è Funzionario della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico (l'Antropologia professionale nei beni culturali) per le Province di Firenze, Prato e Pistoia.

Il LibroHistory of the Modern Kitchenha avuto il fondamentale supporto economico dell’AziendaOfficine Gulloe per tale motivo Due dei Nove Capitoli sono dedicati proprio alla Storia e alle preziose realizzazioni di questa Azienda.

Officine Gullo è un’eccellenza Italiana, un’espressione sincera dell’Antica Artigianalità Fiorentina,  nata dalla visione illuminata e la passione del suo fondatore Dott. Carmelo Gullo, affiancato oggi al timone dell’Azienda dai tre figli Pietro, Andrea e Matteo. Il suo “know-how” racconta una straordinaria unione tra tradizione e avanguardia. Ogni prodotto “Officine Gullo” racconta una storia, sono cucine su misura e accessori eredi della nobile tradizione dei Cucinieri Fiorentini Ottocenteschi, frutto della creatività della Famiglia, della sua esperienza nell’ingegneria meccanica e dell’alto artigianato nella lavorazione dell’acciaio inossidabile ad alto spessore, del rame brunito, della ghisa e dell’ottone.

Ho letto con grande piacere il LibroHistory of the Modern Kitchentrovandolo assolutamente magnifico e super interessante.

https://officinegullo.com/

https://www.youtube.com/watch?v=6V2XtugW0Vc


"History of the Modern Kitchen" il Libro: Il Fascino del Tempo 

 La Cucina che era a Bordo dello Yacht di John Fitzgerald Kennedy

 "Officine Gullo": Artigianalità e Gusto

"Officine Gullo House" Firenze (Foto Mattia Aquila)

 "Officine Gullo": Arte Senza Tempo (Foto Officine Gullo)

Giorgio Dracopulos e il Libro "History of the Modern Kitchen"

 

giovedì 21 aprile 2022

“ROSAE MARIS” ALL’HOTEL GRANDUCA DI GROSSETO: “FANTASIE SU VINI ROSATI DI MAREMMA” UN EVENTO GUSTOSO E DIVERTENTE.

 


Tutto e di piùè stato scritto sul Vino in particolare su quello “Rosso” e su quello “Bianco”, ma sul “Vino Rosato”, che ha una Storia antica ma una diffusione molto più recente, moltissimo c’è ancora da dire e raccontare. Con il termine “Rosato” genericamente facciamo riferimento a Vini del Centro e del Sud Italia e con “Rosé” parliamo di Vini del Centro e Nord Italia, o di altri Paesi, i Vini possono essere fermi o mossi.

Già nella Magna Grecia (le Colonie Greche dell'Italia Meridionale alcuni Secoli a.C.) veniva praticata la vinificazione “a lacrima”, sottoponendo a delicata pigiatura le uve nere poste in sacchi, in modo da farle lacrimare e poter raccogliere il mosto senza tenerlo a contatto con le bucce. Durante l’Impero Romano si ricavava il “mosto fiore lagrima”, collocando le uve prima della pigiatura nel “forum vinarium” o “calcatorium”, dove erano sottoposte alla compressione determinata dal loro stesso peso, lasciando fuoriuscire una prima quantità di mosto, che veniva fatto fermentare in modo separato fino a ottenerne un Vino dal colore rosato chiaro.

Molte sono le Leggende, Francesi e Italiane, che si attribuiscono il merito di aver diffuso il “Vino Rosato”, ma non è fondamentale se sia nato sulle sponde del Lago di Garda o per merito della “sete dei Francesi” come alternativa dissetante all’acqua, da qui il nome “Vin de Soif” (Vino della Sete).

In Italia, per esempio, nella Regione Puglia nel piccolo Comune di Salice Salentino, nella Zona Centrale del Salento, in Provincia di Lecce, nell’AziendaLeone De Castris” nel 1943 venne realizzato un Vino Rosato Italiano il “Cinque Rose” (Five Roses) ottenuto da Uve di Negroamaro.

In Francia, Barbe-Nicole Ponsardin (1777 - 1866) Vedova Clicquot, più nota come Madame Cloicquot Ponsardin o “Veuve Clicquot” ("Vedova Clicquot"), nel 1818 creò il primo Champagne Rosé della storia (il Veuve Clicquot Rosé) per assemblaggio: aggiunse una percentuale di Vino Rosso alBrut Yellow Label”.

A seconda delle tempistiche di macerazione sulle bucce, il metodo con cui vengono realizzati (escluso Champagne e Spumanti che si possono anche miscelare), iVini Rosatisi  suddividono in:

- “Vini di una Notte”: la macerazione del mosto avviene tra le 4 e le 12 ore;

- “Vini di un Giorno: in questo caso si parla di una macerazione almeno di 24 ore;

- “Vin Gris”: caratterizzati da una sfumatura rosa tenue, grazie all’utilizzo di uva a bassa capacità colorante e alla mancata macerazione del mosto a contatto con le bucce;

- “Vin de Saignée” (saignée = salasso): durante la macerazione di un Vino Rosso una parte del mosto viene prelevata (fino al 20-30%, da qui il nome) per permettere una maggior concentrazione di fenoli, colore e sapore, il mosto prelevato poi viene vinificato in bianco;

- “Blush Wines”: prodotti negli Stati Uniti grazie al Californiano White Zinfandel, un Vino prodotto da Uve a Bacca Rossa Zinfandel (un Uva che ha lo stesso DNA del nostro Primitivo), un tipo di Vini che incorpora parte del colore delle bucce, ma non abbastanza per qualificarlo come Vino Rosso, hanno una connotazione lievemente effervescente.

Esistevano già due date per celebrare i Vini Rosati” (Secondo Sabato di Giugno e il 14 Agosto) ma la Francese Valérie Rousselle, Proprietaria di “Châteaux Roubine” e “Châteaux Sainte Béatrice”, ha voluto lanciare anche un “International Rosé Day”, inizialmente per celebrare i Vini Rosé della Provenza ma visto che per tale fatto è stata appositamente creata l’Organizzazione Internazionale del Rosé, presieduta da Valérie Rousselle stessa, a partire dal 22 Giugno 2018 ogniQuarto Venerdì di Giugnoè diventato il giorno in cui celebrare il Vino Rosé e Rosato in tutto il Mondo.

Sebbene oggi il maggiore mercato in espansione dei Vini Rosati sia quello Americano il Popolo che beve di più questa tipologia di Vino è quello Francese che consumano circa il 40% del mercato globale. I Vini Rosati e Rosé sono estremamente versatili, con sentori piacevolmente freschi, delicatamente profumati, fascinosamente fruttati e floreali, in genere il tannino è molto leggero e poco strutturato, si sposano molto bene con diverse tipologie di pietanze e sonostappabiliin mille occasioni

Martedì 5 Aprile 2022 nell’accogliente Salone dell’Hotel Granduca (4 Stelle) di Grosseto si è svolta un’interessantissima Manifestazione: “Rosae Maris - Fantasie su Vini Rosati di Maremma”.

L’Evento è nato da un’idea del grande Alfredo Sibaldi Bevilotti in collaborazione con la bravissima Presidente di Rosae Maris Elisabetta Ceccariglia.  “Rosae Marisè un’Associazione di Produttori che si dedica alla promozione dei Vini Rosati di Maremma.

Alfredo Sibaldi Bevilotti è un vero mito della Ristorazione Italiana e Internazionale nella sua lunga carriera iniziata nel 1984 ha ricevuto un’infinità di importantissimi attestati e riconoscimenti che qui sarebbe troppo lungo elencare, vi basti sapere che per ben due volte ha ricevuto anche la prestigiosissima “Stella” della Guida Rossa Michelin.

Il FormatRosae Maris - Fantasie su Vini Rosati di Maremmadestava particolare interesse in quanto non vi era solo la degustazione di 15 Vini Rosati ma anche uno specifico abbinamento cibo/vino.

Per realizzare i “finger food gourmandesabbinati ai Vini, Alfredo Sibaldi Bevilotti ed Elisabetta Ceccariglia, hanno scelto un comune Amico il super capace Chef Daniele Zanzucchi.

Daniele Zanzucchi (classe 1972) è nato a Como, da sempre appassionato di Cucina nel 1988 si è Diplomato presso la prestigiosa Scuola Alberghiera Regionale Grande Bretagne” di Bellagio (CO). Molte sono state le sue importanti esperienze lavorative in Ristoranti Italiani ed Esteri: negli Stati Uniti è stato al “Il Palio” di New York, al “Cafè Sapori Ristorante” di West Palm Beach in Florida, in Kazakistan al “Cafè Toscano” di Almaty, in Thailandia al “Divino - Food and Wine” di Bangkok, in Italia ha lavorato con famosissimi Chef anche “Stellati” come Giancarlo Morelli, Norbert Niederkofler, Filippo Chiappini Dattilo, Antonello Colonna, Stefano Ciotti, Enrico Bartolini e Gianfranco Vissani.

Attualmente Daniele Zanzucchi è lo Chef dell’HotelTerme Marine Leopoldo II” (4 Stelle) a Marina di Grosseto (GR), la bella e grande struttura è della stessa Proprietà dell’Hotel Granduca.

Ma torniamo alla DegustazioneRosae Maris - Fantasie su Vini Rosati di Maremmache si è svolta suTre Ronde di Assaggiognuna composta da 5 Vini Rosati con i rispettivi abbinamenti di finger food

PRIMA RONDA DI ASSAGGI:

Soffio Rosato 2021”, Toscana IGT, 50% Alicante e 50% Syrah,  Azienda Bruni. Sautè di lupini basilico appena appassito con cecina di granturco.

 “Rosato La Selva 2021”, Toscana IGT, Ciliegiolo e Sangiovese, Cantina La Selva. Calamaretti mayo agli agrumi e patata schiacciata alla forchetta.

Rosamati 2021”, Toscana IGT, Syrah, Fattoria Le Pupille. Pappa al pomodoro tiepida con bottone di triglia cotto sulla pelle e filo di olio EVO.

Ciarlibò 2019”, Toscana IGT, Grenache, Diegale. Lasagnetta di carasau ragù di totani capperi dry e bottoni di zucca.

Acquagiusta Rosato 2021”, Maremma Toscana Doc, Alicante, Tenuta La Badiola. Lonzino e ravaggiolo.

SECONDA RONDA DI ASSAGGI:

Illario 2021”, Maremma Toscana Doc, Sangiovese, Fattoria di Magliano. Pane fritto in olio di oliva con cozze al coltello sugo di pomodoro e vino bianco.

Albàrese 2021”, Maremma Toscana Doc, Ciliegiolo, Cantina I Vini di Maremma. Cefalo sott'olio, vellutata di cannellini e basilico stirato.

Almar”, Vino Spumante Rosato, Sangiovese, Syrah, Cabernet Sauvignon, La Vigna sul Mare. Butterfly di mazzancolle scarola appassita e pomata di pomodori gialli.

Rosamundi 2021”, Maremma Toscana Doc, Sangiovese, Moris Farms. Panzanella fatta il giorno prima con filetto di acciuga.

Staccione 2021”, Maremma Toscana Doc, Sangiovese, Tenuta Montauto. Sgombro appena scottato su cremoso di bufala.

TERZA RONDA DI ASSAGGI:

Belguardo Rosé 2021”, Toscana IGT, 50% Sangiovese e 50% Syrah, Tenuta Belguardo. Crema di cefalo, pepe dell’Indonesia e carpaccio di ananas tiepido.

Maestrale 2021”, Maremma Toscana Doc, Ciliegiolo,  Fattoria Mantelassi. Cannolicchi in umido al basilico su passatina di farro monococco e salsa alle vongole.

TM Rosé 2021”, Toscana IGT, 70% Merlot, 20% Cabernet Franc e 10% Mourvèdre, Tenuta Monteti. Hummus, yogurt di latte di bufala carciofi crudi e cavolo nero fritto.

Rosato 2020”, Maremma Toscana Doc, 60% Sangiovese, 30% Syrah e 10% Merlot, La Chimera d’Albegna. Tartare di manzo carciofi & cacio.

Rosato di Ampeleia 2020”, Toscana IGT, Alicante e Carignano, Ampeleia. Gnocco di semolino e ricotta con Blu e pistacchi al naturale.

Il Servizio è stato svolto con molta professionalità dai Sommelier dellaScuola Europea Sommelier Delegazione di Grossetoguidati da uno straordinario professionista come Renato Girolamo Costanzo.

Una degustazione lodevole, molto piacevole e interessante che ha suscitato in tutti i presenti molti apprezzamenti positivi.

L’Evento ha avuto il supporto di Partner/Sponsor come: Hotel Granduca, Antichi Gusti di Maremma, Caseificio Il Fiorino, La Maremmana - Caseificio Inno al Sole, Hummustown, I Pescatori di Orbetello, La Selva Società Bioagricola, la Tenuta di Paganico.

Grazie ad Alfredo Sibaldi Bevilotti, a Elisabetta Ceccariglia, allo Chef Daniele Zanzucchi, insieme a tutti i loro Collaboratori, oltre alla fondamentale presenza delle Aziende Vitivinicole, l’EventoRosae Maris - Fantasie su Vini Rosati di Maremma” all’HotelGranduca” di Grosseto è stato notevolmente gustoso e divertente.

https://rosaemaris.it/

https://www.facebook.com/RosaeMarisRosati

https://www.hotelgranduca.com/

https://www.youtube.com/watch?v=I8bY_j-F544


La Sala dell'Hotel "Granduca" a Grosseto (Foto Federico Giussani)

Elisabetta Ceccariglia e Alfredo Sibaldi Presentano l'Evento

I Sommelier Stappano i Vini..... (Foto Federico Giussani)

Il Controllo dei Tappi..... (Foto Federico Giussani)

Inizia la Degustazione..... (Foto Federico Giussani)

"Prima Ronda di Assaggi": i Vini (Foto Federico Giussani)

"Prima Ronda di Assaggi": gli Abbinamenti

 "Seconda Ronda di Assaggi": Vini e Abbinamenti

"Terza Ronda di Assaggi": i Vini. (Foto Federico Giussani)

"Terza Ronda di Assaggi": gli Abbinamenti

Alfredo Sibaldi, Dracopulos, Daniele Zanzucchi, Elisabetta Ceccariglia

Organizzatori, Chef e Produttori

venerdì 15 aprile 2022

IL “MOLINO DALLAGIOVANNA” REALIZZA CON PASSIONE E ARTE MOLITORIA FARINE SUPERIORI CHE PROFUMANO DI GRANO BUONO.



La “farina” ha avuto da sempre e ha un ruolo essenziale nella storia dell’alimentazione umana; le varianti possono essere numerose ma l'origine di ogni macinazione nasce dal “grano” che appartiene alla Famiglia delle Graminacee, riconoscibili genericamente per la particolare forma a spiga: il “grano” è una delle specie vegetali più coltivate al Mondo. Utilizzato anticamente anche al posto della moneta come merce di valore per scambi e baratti è ancora oggi un enorme motore economico che costituisce un'importante risorsa per le aree in cui può essere coltivato.

La parola “farinaderiva dal Latino “farīnache a sua volta deriva da “far = farro”, infatti gli Antichi Romani proprio dal “farro” ottenevano la polvere adatta a insaporire e raddensare le loro preparazioni. La “farina alimentare” è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante: grano, mais, orzo, farro, riso, avena, segale, castagne, ceci, mandorle, nocciole, grano saraceno. Comunemente però indichiamo col nome di “farina”, senza specificarne l'origine, quella ottenuta dal “grano tenero” (triticum aestivum) che viene usata per la panificazione, in pasticceria e in cucina. La farina di “grano duro”, usata per la panificazione e la produzione di pasta alimentare, prende il nome di "semola".

Su chi ha realizzato per primo la “farina” non ci sono ovviamente certezze trattandosi di un evento che si perde nella notte dei tempi, ma alcuni Ricercatori Italiani, delle Università di Firenze e di Siena, della Soprintendenza all'Archeologia della Toscana e dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, hanno analizzato uno strumento litico (oggetto di pietra realizzato dall’uomo), un pestello da macinazione con residui di grani di amido, recuperato nel 1989 nella Grotta denominataPaglicci”, in Puglia nelle vicinanze di Rignano Garganico oggi Provincia di Foggia, stabilendo che nel Paleolitico Superiore, circa 32.000 anni fa, si produceva farina macinando chicchi di avena selvatica.

Gli abitanti dell'insediamento di “Grotta Paglicci” erano cacciatori e raccoglitori, ma avevano acquisito la sofisticata tecnica di manipolazione delle piante necessaria a ottenere farina. La tecnica di lavorazione adottata indica con precisione che migliaia di anni prima dell'avvento dell'agricoltura il consumo di avena macinata aveva un ruolo importante nelle strategie di sopravvivenza di quella popolazione.

Pare siano state però le Popolazioni dell'Asia Minore, della cosiddetta area della “Mezzaluna Fertile”, che oltre 10.000 anni fa per integrare la caccia fino allora praticata addomesticarono le piante che gli servivano per il sostentamento facendo nascere quel sistema straordinario che definiamo “agricoltura”.

La “Mezzaluna Fertile” era una Regione Storica del Medio Oriente che si estendeva all'incirca sugli attuali stati di Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Cipro, Turchia, Iraq, Kuwait, Iran e Arabia Saudita.

La coltivazione delle “graminacee”, soprattutto del grano, si diffuse pian piano in tutt'Europa, contribuendo a migliorare la qualità dell'alimentazione delle popolazioni del vecchio continente. Nel Medioevo, la più diffusa era certamente la farina di frumento, adatta alla preparazione di pane, pasta e prodotti da forno. Con la scoperta dell'America arrivò sulle tavole degli Europei anche la farina di mais, da cui si sviluppa la polenta, originariamente preparata anche dagli Antichi Romani con farine di altri tipi di cereali (soprattutto miglio e farro).

La “farina di frumento”, così come la conosciamo oggi, viene utilizzata soprattutto per la preparazione di pasta, pizza e pane. Le sue caratteristiche alimentari dipendono soprattutto dalla quantità di produzione (industriale o artigianale da piccoli mulini) e soprattutto dalla sua macinazione. Il processo di raffinazione nasconde numerose curiosità e dipende dalla lavorazione dei chicchi di grano; il processo di abburattamento separa infatti il germe di grano dalla crusca, facendo così ottenere un prodotto più o meno raffinato. Il particolare nome deriva proprio dal “buratto”, uno strumento dotato di griglia che separa, grazie alla forza centrifuga, tutti gli elementi del cereale.

Dalla raffinazione industriale si ottiene la “farina bianca”, o “00”, mentre nelle produzioni artigianali che effettuano una lavorazione e una raffinazione più blande sul chicco, si ottiene la farina integrale. Particolare la produzione dei Mulini conmacina a pietra”, diffusi ancora in alcune parti del Territorio Italiano (soprattutto nell'Italia Centrale e nel Meridione) che mantengono intatto il chicco di grano durante tutte le fasi della sua macinazione e ne preservano le caratteristiche organolettiche e nutrizionali, grazie alle basse temperature di lavorazione che non superano mai i 30°.

Particolare attenzione poi si deve avere per la “qualità della farina”: in base alla sua granulometria e alla sua raffinazione assorbirà più o meno acqua: di norma, più sarà fine e impalpabile, più acqua dovrete aggiungere ai vostri impasti.

Nella splendida Regione dell’Emilia-Romagna in Provincia di Piacenza si trova lo storico Comune di Gragnano Trebbiense, ubicato nella Pianura Padana tra il Fiume Trebbia a Est e il Torrente Luretta a Ovest, qui in Località Pilastro al Civico 2 c’è un Azienda che produce farine di alta qualità: il Molino Dallagiovanna.   

La Storia di questa Azienda nasce nel 1832 quando la Sig.ra Ernesta con uno spirito pionieristico e tanto sacrificio commercializzava cereali che ritirava, con un antico carro trainato dai cavalli, dagli agricoltori e poi li portava a macinare in vari Molini della zona. Passarono alcuni decenni in cui l’attività si ampliò e sopraggiunse la necessità di acquisire un Molino, tale fatto si realizzò nel 1870 con l’acquisizione del primo Molino a pietra che era alimentato dall’acqua del Rio Vescovo. Il Molino apparteneva ai Visconti di Modrone e su di esso gravava una “servitù di messe alla Curia”, dopo anni di duro lavoro si realizzò nel 1926 la possibilità di riscattare tale servitù per la somma di 12.000 Lire.

Passarono i decenni e i discendenti della Famiglia della Sig.ra Ernesta continuarono a portare avanti l’attività in anni anche difficilissimi come quelli della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945).

Nel 1949 la guida dell’Azienda venne assunta da Guido, Renzo e Vittorio Dallagiovanna che, spinti da un forte spirito innovativo, tra le molte novità introdotte costruirono anche il Primo Molino a Cilindri, a cui ne susseguì un Secondo nel 1953. Ancora oggi i loro nomi sono impressi nel Molino tanto da essere presenti anche nel nome Societario stesso dell’Azienda: “Molino Dallagiovanna G.R.V.”.

Nel 1961 venne realizzato il Molino nell’attuale Sede e nel 1965 venne edificato il primo Magazzino, che verrà poi ampliato nel 1971 contemporaneamente all’avvio del Secondo Molino a cilindri. Nel 1984 vennero costruiti i Silos in cemento armato. Nel 1993 fu avviato il primo Impianto di Miscelazione Automatico che permetteva di miscelare non solo i grani ma anche le farine.
Nel 1995 vennero costruiti 4 Silos in lamiera per lo stoccaggio del grano da 7.000 quintali l’uno, dove c’era il Primo Molino del 1949. Nel 2000 venne installato il primo Impianto di Macinazione con la moderna e altaTecnologia Buhler” e fu aperto anche il primo laboratorio d’analisi interno che, con il passare degli anni, si è avvalso di macchinari sempre più moderni.

Nel 2008 venne costruito il Magazzino con Confezionamento e Logistica e il nuovo Laboratorio d’Arte Bianca. Nel 2010 fu ampliato lo stoccaggio del grano con l’inserimento di un quinto Silos in lamiera da 18.000 Quintali. Con la nascita dell’Ufficio di Comunicazione e Marketing, si svilupparono anche gli investimenti in nuovi mercati Nazionali e Internazionali.
L’attenzione al Cliente divenne la Missione dell’Azienda tanto da creare uno specifico Laboratorio di Panificazione interno per testare le performance delle farine sui prodotti finiti e agevolare la formazione dei Clienti con corsi di aggiornamento grazie a tecnici interni. Tra il 2015 e il 2018 furono realizzati altri 25 Silos di stoccaggio (dove tutta la movimentazione è ad aria) per miscelare 23 Tipi di Farine da grani macinati in purezza, insieme a ciò anche l’avvio del nuovo Impianto di Macinazione che ha permesso all’Azienda il raddoppio della produzione.

Oggi ilMolino Dallagiovannaè guidato dalla quinta e sesta generazione della Famiglia: i Cugini Pierluigi e Sergio Dallagiovanna insieme a loro Stefania, Sabrina e Renza Figlie di Pierluigi e Paolo Figlio di Sergio. L’Azienda sta vivendo una forte crescita in un’ottica lungimirante facendo conoscere a tutta Italia e in oltre 50 Paesi nel Mondo, l’alta qualità delle sue farine. I Dallagiovanna selezionano personalmente solo le più pregiate qualità di grani per le loro farine. Ai fornitori viene richiesto sempre il “passaporto dei grani” che certifica i trattamenti effettuati sul campo durante la semina e la provenienza: questo per garantire solo prodotti eccellenti.

La Ricerca e lo Sviluppo sono fondamentali per valutare qualità, forza, elasticità, resistenza e tenacia di ogni singola farina attraverso analisi effettuate con tecnologie di ultima generazione. Compito di un Molino non è solo offrire una farina di altissimo livello, ma anche ottenere prodotti equilibrati, costanti e sicuri. La pulizia è uno dei requisiti chiave per proporre una farina di qualità superiore, per tale motivo al Molino Dallagiovanna si effettua una prima pulitura a secco del grano e successivamente sono gli unici che lo lavano con acqua. Questo tipo di lavorazione, abbandonato da tutti gli altri causa i costi elevati, permette di eliminare tutte le impurità e ammorbidire i chicchi facilitandone la successiva molitura a freddo che lenta e delicata rispetta le componenti organolettiche del grano.

Nel loro “Laboratorio d’Arte Bianca” le farine sono testate da espertissimi Tecnici dell’Azienda, come Mattia Masala, e da importanti Maestri provenienti dalle Migliori Scuole d’Italia: CAST Alimenti, AMPI e da grandi professionisti del settore e Chef di tutto il Mondo che, con la loro arte ed esperienza, sono fondamentali per il miglioramento continuo della produzione.

Il “Molino Dallagiovanna”  produce moltissime tipologie di farine: dalle linee tradizionali per pane, pasta, dolci e pizza, quest’ultime anche con le virtù del germe di grano, una linea di preparati senza glutine e senza lattosio specifici per ogni settore dell’Arte Bianca, farine biologiche, semilavorati professionali e farine create “su misura” in base alle esigenze produttive della clientela. Ogni farina viene confezionata in sacchi con chiusura a valvola termosaldata a ultra-suoni per impedire contaminazioni e fuoriuscita del prodotto. I prodotti vengono imballati e confezionati per mezzo di materiali riciclabili e di facile smaltimento. Le farine, infine, vengono lasciate riposare prima di essere vendute sul mercato.

La sostenibilità è una componente fondamentale per l’Azienda infatti il Molino negli anni ha stretto legami forti con l’ambiente e il territorio per poter garantire prodotti eccellenti per tale motivo sono stati creati rapporti commerciali di lungo termine con gli Agricoltori e i Fornitori di tutte le materie prime sulla base dei medesimi valori di sostenibilità e di trasparenza.

In quasi duecento anni di vita ilMolino Dallagiovannaè diventato una delle realtà più produttive e moderne del settore, in grado di esportare oltre i valori tradizionali di un’antica arte molitoria anche l'eccellenza alimentare Italiana, realizzando con grande passione farine superiori che profumano di grano buono.

https://www.dallagiovanna.it/

https://www.youtube.com/watch?v=N3n8G1ZKsxw


"Molino Dallagiovanna"

Luigi e Sergio Dallagiovanna (Foto MD)

"Sesta Generazione": Stefania, Sabrina, Paolo e Renza (Foto MD) 

 Il Fascino del Grano (Foto MD)

 La Magia della Farina (Foto MD)

Il Prodigio dell'Impasto (Foto MD)

Mattia Masala, Sabrina Dallagiovanna e Giorgio Dracopulos

sabato 9 aprile 2022

“GUIDA AL SAKE” IL NUOVO, DIVERTENTE E ISTRUTTIVO LIBRO DI LORENZO FERRABOSCHI PER CONOSCERE TUTTO SULLA MITICA BEVANDA GIAPPONESE.

 


Nel Mondo esiste una “bevanda alcolica” che costituisce una categoria a parte, non essendo classificabile né tra i Distillati né tra i Liquori, il suo nome è “Sake”.

Il “Sake” (dal Giapponese , "bevanda alcolica") è una bevanda tipica del Giappone, si ottiene attraverso un antichissimo processo di fermentazione che coinvolge un particolare tipo di riso decorticato, acqua purissima, spore “kojie specifici lieviti.

Koji” (in Giapponese: kōji, o 麹菌kōji-kin), nome scientifico “Aspergillus oryzae”, è un “fungo filamentoso” (una muffa). Viene impiegato da Secoli in diverse Cucine dell'Asia Orientale come fermentante. Viene usato anche per saccarificare il riso, altri cereali e le patate per la produzione di bevande alcoliche come “Huangjiu”, “Makgeolli”, “Shōchū”, “Sake”, oltreché per l’Aceto di Riso.

Quello che in Occidente è conosciuto come “Sake” in realtà per Giapponesi è un particolare “Vino di Riso” chiamato “Nihonshyu” (日本酒 Alcol Giapponese). In Giappone con la parola “Sake” si indica semplicemente una bevanda alcolica che a seconda della Regione di provenienza può assumere vari significati specifici. Per esempio nel Kyūshū Meridionale (Kyūshū una delle Otto Regioni del Giappone, situata direttamente a sud-ovest di Honshū l'Isola principale dell'Arcipelago Nipponico) il termine “Sake” si riferisce di solito allo “Shochu” di patate (芋焼酎 Imojyouchyou). Lo “Shochu” è un distillato che si può realizzare con orzo, patate dolci e riso.

Sake” è anche l'Awamori (泡盛 letteralmente cupola trasparente, o “kusuvecchia bevanda) un altro particolarissimo distillato delle Isole Okinawa (沖縄諸島 Okinawa Shotō), il gruppo principale dell'Arcipelago Giapponese delle Ryūkyū.

La Storia delSake” si perde tra molte leggende millenarie di origine Cinese e Giapponese. L’unica certezza è che il “Sake” ha seguito sicuramente lo sviluppo della Coltivazione del Riso che fu introdotta in Giappone dalla Cina, nel già citato Kyūshū, nel tardo PeriodoJōmon-jidaicirca 2600 anni fa.

Il PeriodoJōmon-jidai” (縄文時代) classifica la Storia Giapponese nei secoli a.C. che intercorrono da circa il 10000 fino al 300.

Nell’EraYayoi-jidai” (弥生時代) che va dal 300 a.C. al 250 d.C., attraversando il Neolitico, l'Età del Bronzo e l'Età del Ferro, la “coltivazione del riso” si diffuse in tutto il Giappone. La Tecnica di Produzione del Sake” si è gradualmente e notevolmente sviluppata dal metodo iniziale, il più antico, che vedeva nella masticazione del riso cotto (per unirlo con gli enzimi contenuti nella saliva) il mezzo per la saccarificazione, per poi favorirne la fermentazione con il lievito.

Si indica il PeriodoNara-jidai” (奈良時代), che va dal 710 al 784, come quello in cui  il “Sake” iniziò a essere fatto nella maniera che conosciamo oggi con la fermentazione che utilizza le spore di “koji”. Allora ci fu una tale diffusione del “Sake”, per dedicarlo agli Dei e all'Imperatore durante cerimonie ed eventi, che venne istituito un Ufficio apposito per il controllo della sua produzione.

Esistono, a grandi linee, due principali tipi di Sake: il “futsuu-shu” (普通酒) ovvero il "sake normale" e il “tokutei meishyoshyu” (特定名称酒), il sake per occasioni speciali. Ma parlare in dettaglio del “Sake”, della sua filosofia, delle tecniche di realizzazione, dei vari tipi e classificazioni, del modo di servirlo e di degustarlo, ci vorrebbero dei Tomi. Ecco che in Italia per aiutarci a conoscere questa speciale bevanda alcolica è nata la “Sake Company” di Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima, oltre a ciò, alla fine del 2021, proprio Lorenzo Ferraboschi ha pubblicato anche il super interessante LibroGuida al Sake”. 

Lorenzo Ferraboschi è nato a Piacenza il 19 Luglio 1977, dopo le Scuole dell’Obbligo e le Superiori nel 2001 si è Laureato in Industrial Design al Politecnico di Milano. Nel 2002 si è trasferito in Giappone dove è rimasto per una decina di anni avvicinandosi molto alla filosofia, alla cultura, alle tradizioni e ai particolari usi e costumi di un Popolo tanto straordinario quanto affascinante.

Per un lungo periodo Lorenzo ha lavorato a Tokyo presso il “Samsung Japan Design Center”. Nel 2008 ha preso in Moglie la bellissima Maiko Takashima e con Lei nel 2009 ha fondato la “F-T” una Trading Company specializzata inItalia & Giappone”. Ma la “F-T” è stata soltanto il punto di partenza infatti fin dal 2011, quando Lorenzo e Maiko sono tornati in Italia, hanno iniziato a dare vita con grande successo a una serie di Società diversificate e specializzate in campo Enogastronomico legate al Giappone come la “Sake Company”, la “Wagyu Company”, la “Sakeya - The House of Sake”, la “Sake Sommelier Association”, di cui Lorenzo Ferraboschi è referente per l’Italia, “Gourmet Giappone” e il “Takochu”.

La Storia della “Sake Company” nasce da un fatto piuttosto semplice: visto che anche il “Sake” come molto altro era entrato a far parte della vita quotidiana di Lorenzo, che ne era diventato un consumatore attento e appassionato, dopo il suo rientro in Italia, ogni tanto si faceva spedire delle casse di “Sake” dalla Suocera in quanto i prodotti che trovava in Italia non erano all’altezza di quelli che aveva conosciuto in Giappone. Dal semplice piacere di poter apprezzare un prodotto di qualità al desiderio di condividerlo dando vita a un qualche tipo di commercializzazione il passo è stato breve.

Nel 2014 a Lorenzo Ferraboschi capitò di leggere una ricerca della “Jetro”.

La “JETRO” (Japan External Trade Organization) è un Ente semi-governativo Giapponese, il cui scopo è quello di promuovere i rapporti economico commerciali tra il Giappone e il resto del Mondo. E’ stata fondata nel 1958 dal “MITI” (attuale “METI”, Ministry of
Economy Trade and Industry) ed è presente con 37 uffici in Giappone e 73 all'Estero.

Nella ricerca sopra citata si evidenziava come alcune specifiche specialità gastronomiche Giapponesi arrivate a Londra nel giro di 5 anni erano diventate di moda e si erano diffuse anche a Parigi e a Milano. Era successo per l’insieme delle preparazioni tipiche denominate “Sushi” e per quella zuppa arricchita dalle mille versioni denominata “Ramen”: ecco che Lorenzo pensò che un tale successo sarebbe potuto nascere anche per il “Sake”.

Nel Giugno del 2015 Lorenzo Ferraboschi e sua moglie Maiko Takashima decisero che era giunto il momento di buttarsi nella nuova impresa e si fecero spedire un certo numero di selezionate  bottiglie di “Sake” per farle assaggiare a Ristoratori, Bartender e addetti al settore Food and Beverage. A Lorenzo però non bastava solo una conoscenza da appassionato della materia, voleva vedere il "dietro le quinte" e imparare tutto sul “Sake”. Il primo passo dei suoi studi è stato in Inghilterra, a Londra, alla “Sake Sommelier Association” (unica operante al di fuori del Giappone) dove ne è diventato membro e successivamente Educator in Italia (Sake Sommelier Association Italia). Poi si è recato nuovamente in Giappone dove ha lavorato nelle più importanti “Sakagura” (i luoghi dove viene prodotto il sake) e ha imparato a produrlo con le proprie mani.

La nascita della “Sake Company” ha significato la realizzazione di un sogno per Lorenzo Ferraboschi e sua moglie Maiko Takashima: un’Azienda che vende prima di tutto la competenza e poi l’estrema qualità dei vari tipi di “Sake” importati. In pochi anni grazie a questa iniziativa l’Italia ha scalato posizioni su posizioni in Europa per volumi di importazione del Sake e nell’Ottobre 2018 ha raggiunto un traguardo storico diventando il Primo Paese in Europa superando l’Inghilterra (fino ad allora il primo importatore Europeo).

Parallelamente è cresciuta anche la Sake Sommelier Association Italia di cui Lorenzo è il Responsabile Unico; l’Associazione si è rivelata un fattore determinante in quanto a competenza e cultura del prodotto e ha aiutato a superare ogni dubbio su ciò che inizialmente non si conosceva, interpretando il Sake come un vero e proprio veicolo culturale.

Oggi la “Sake Company” ha nel suo catalogo oltre 100 referenze di Sake (rigorosamente importati a temperatura controllata4 gradi”) che provengono dalla maggior parte delle 47 Prefetture del Giappone. Sono Prodotti di primissima qualità, per lo più a Produzione Artigianale, che seguono processi manuali e lavorazioni legate alla stagionalità e alla raccolta dei vari tipi di riso, oltre alle particolari lavorazione (levigatura) dello stesso che ne determinano il valore.

La scelta è vastissima: i classici e le etichette riserva, gli spumantizzati e gli invecchiati, gli affinati in legno di cedro e il famoso Sake torbido e moltissimi altri. Un’infinita ricchezza di note, profumi e gusti, con varie modalità di degustazione: fredda, a temperatura ambiente o calda per una maggiore esaltazione del corpo e degli aromi. La vendita avviene tramite canali tradizionali e con un efficiente Servizio On-line. Visto il successo Italiano successivamente è stata aperta la “Sake Company Iberica” e altre Filiali Europee.

Oltre a tutto ciò, grazie al grande lavoro svolto da “Sake Company” e della “Sake Sommelier Association”, nel Mese di Dicembre del 2016 a Milano, in Via Cesare da Sesto 1 in Zona Porta Genova, ha aperto “Sakeya” la PrimaHouse of SakeItaliana. Un super accogliente Bistrot, Store e Bar, dove accanto alla fornitissima Cantina di Sake (più grande d’Europa) si può degustare l’ottima Cucina dello Chef Masaki Inoguchi assistito da uno Staff Giapponese e Italiano con una professionalità di altissimo livello. Tutto ciò rende “Sakeyaun luogo magico e speciale.

Se la “Sake Company” è la “Via Italiana” per conoscere e acquistare la bevanda alcolica più Giapponese che ci sia il nuovo LibroGuida al Sake” è il fondamentale mezzo per approfondire nei minimi dettagli che cosa sia effettivamente il Sake.

Il LibroGuida al Sake - La bevanda, le temperature, i bicchieri e gli abbinamentidi Lorenzo Ferraboschi è edito da Trenta Editore un Centro Culturale fondato da Barbara Carbone e dedicato alla cultura del cibo in ogni sua forma per diffondere con qualità, curiosità e innovazione, la grande emozione della buona tavola. Trenta Editore è una grande tavola conviviale capace di unire pensieri, parole e persone. La Società è nata nel 2004 con l’intento di diventare una presenza importante nel settore Editoriale della Cucina. Il Loro Catalogo si caratterizza per la presenza di Libri con temi insoliti e curiosi, capaci di appassionare lettori di ogni tipo, attraverso collane differenti, sia in lingua Italiana che in lingua Inglese.

Il LibroGuida al Sake” è nel pratico formato 15x21 cm., nelle 128 Pagine di cui si compone  l’Autore, ferratissimo in materia, dopo Prefazione e Introduzione ha concentrato un mare di informazioni in Tre ampi e particolareggiati Capitoli: “Le Origini”, “La Produzione” e “Come bere il sake”. Oltre a tutto ciò troverete anche altre simpaticissime curiosità. Il Libro è ben illustrato con foto e disegni a colori grazie anche a Laura Dalla Mutta la Responsabile della Progettazione Grafica.

Il divertente e istruttivo nuovo LibroGuida al Sake - La bevanda, le temperature, i bicchieri e gli abbinamentidi Lorenzo Ferraboschi è assolutamente imperdibile per chi vuole conoscere tutto sulla mitica bevanda Giapponese.

In Giappone per fare un brindisi si usa la parola “Kanpai” che si scrive, causa trascorsi Storici, con Caratteri Cinesi “乾杯”, i Caratteri” significano “bicchiere vuoto” e quelli “”significano “tazza con alcol”, pertanto una traduzione letterale in Italiano diventerebbe: “Svuota il bicchiere che stai bevendo”.

Si può brindare con un Libro? Con Guida al Sakesicuramente si e allora con Tutti Voi lo faccio alla maniera Giapponese : “Kanpai” (traducendolo però semplicemente inSalute!”).

https://sakecompany.com/

https://www.youtube.com/watch?v=PRorA2oe_Sg


Il Libro "Guida al Sake" di Lorenzo Ferraboschi: Imperdibile

"Sake" la Mitica Bevanda Giapponese 

Libro "Guida al Sake": L'Autore Lorenzo Ferraboschi

"Sake": Tutto il Fascino del Giappone

Il Libro "Guida al Sake" di Lorenzo Ferraboschi