lunedì 30 gennaio 2017

IL TARTUFO BIANCO………. UN VERO E PROPRIO MIRACOLO DELLA NATURA.




I Tartufi erano già usati nell’alimentazione umana più di 4000 anni fa.
L’Italia è uno dei maggiori produttori al Mondo di “tartufi”. 
Praticamente tutte le Regioni Italiane hanno una vocazione Tartufigena (di produzione o coltivazione), tranne rare eccezioni.

Si possono trovare il Tartufo Bianco Pregiato, il Tartufo Nero Pregiato, il Bianchetto (Tartufo Marzuolo), lo Scorzone (Tartufo Estivo), il Brumale (Tartufo Nero d’Inverno) l’Uncinato Fresco (Tartufo Scorzone Invernale) e il Mesenterico (Tartufo Nero di Bagnoli Irpino, nome che gli deriva dalla zona di riferimento).

Fermo restando che ogni specifica tipologia di Tartufo ha un proprio periodo di maturazione e un proprio Territorio, dove si sviluppa al meglio, a carattere Nazionale (ogni Regione ha le sue normative) la raccolta è sempre severamente regolata.

Il Tartufo Bianco Italiano più famoso è quello di Alba, in Provincia di Cuneo, nella Regione del Piemonte
Ma ci sono Tartufi Bianchi straordinari anche in altre zone pregiatissime come, per esempio, Acqualagna, in Provincia di Pesaro e Urbino, nella Regione Marche, in molte zone della Regione Lazio e a San Miniato in Toscana.

L’antico Comune di San Miniato, dal 1925, appartiene al territorio della Provincia Pisana
Si trova a metà strada sul percorso che unisce le Città di Firenze e Pisa.
Il suo Centro Storico sorge arroccato su tre colli limitrofi alla piana dove scorre il Fiume Arno.
Le sue origini risalgono all’ VIII Secolo quando dei Longobardi (tribù germanica orientale) vi si stabilirono costruendo prima una Chiesa e successivamente una Rocca
Per questo motivo per molti secoli San Miniato fu chiamata “San Miniato al Tedesco”.

Dal 1969, ogni anno (con due sole soste nel ‘70 e nel ‘71), il secondo, terzo e quarto fine settimana del Mese di Novembre, la Cittadina si anima per la Mostra Mercato Nazionale del preziosissimo Tartufo Bianco (“Tuber Magnatum” secondo la denominazione del medico torinese Vittorio Pico del 1788) delle Colline Sanminiatesi.

Il Tartufo Bianco, un fungo dal corpo fruttifero ipogeo (sotterraneo) è una dell’eccellenze di questo particolare Territorio della magnifica campagna Toscana, che ha un habitat, ideale e unico, fatto di boschi di pioppi, tigli, querce e salici. 

Il Tartufo Bianco, pregiato “oro”, dall’aroma intenso e avvolgente, che madre natura, ogni anno, ci dona da secoli tra i mesi di Settembre e Dicembre/Gennaio, ha reso famosa anche San Miniato nel Mondo.

Sebbene sia i Sumeri che i Babilonesi, gli Egiziani e i Greci conoscessero questa delizia alimentare bisogna arrivare alla metà del I Secolo d. C., per trovare una sua prima traccia scritta nell’opera monumentale in 37 volumi “Naturalis Historia” (Osservazione della Natura), di  Gaio Plinio Secondo (conosciuto come Plinio il Vecchio). 
Qui  il “tartufo”, allora denominato “tuber terrae”, veniva descritto come un prodotto prodigioso della natura in quanto nasceva e cresceva senza radici.

I “Tartufai”, con la zappetta in mano, cercano il prezioso “frutto” interrato con il fondamentale aiuto dei cani che setacciano minuziosamente il terreno.
Non esiste una vera e propria razza di cani da tartufo, ma ogni animale deve avere delle spiccate attitudini naturali, come il forte fiuto, per essere scelto e addestrato.

La scienza che studia i tartufi si chiama “idnologìa”, il termine deriva da “hydnon” nome con cui gli antichi Greci chiamavano il “tartufo”.

La superficie esterna del tartufo si chiama “peridio”, può essere più bitorzoluta se il terreno di ritrovamento è più compatto e duro, piuttosto liscia e tondeggiante se il terreno è più morbido. 
La parte interna è denominata “gleba”. 

Il tartufo è fatto in gran parte di acqua, circa l’80%; ha pochissimi grassi e non molte proteine, ma contiene fosforo, magnesio e calcio.

La raccolta e la commercializzazione del Tartufo è regolata, come già accennato, da un severo disciplinare a carattere Nazionale e Territoriale, nella Regione Toscana dalla Legge Regionale n. 50, del’11 Aprile 1995.  

Gli abbinamenti gastronomici che si possono fare con una delizia come il Tartufo Bianco sono infiniti e vanno dagli antipasti ai dolci, ma ce ne sono due in particolare che ho sempre maggiormente gradito, per assaporarlo al meglio e sono tra i più semplici. 

Il primo è sicuramente un vero e proprio “cult” è l’uovo al tegamino (o occhio di bue) con una ricca grattata di Tartufo Bianco e il secondo è una delicata pallina di gelato fiordilatte (non troppo ghiacciata) ricoperta di scaglie di Tartufo Bianco.

Che altro dire se non che il Tartufo Bianco, vero e proprio miracolo della natura, allieta magnificamente, da secoli, i nostri palati.



Tartufo Nero Pregiato - "Tuber Melanosporum"

Tartufo Bianco Pregiato - "Tuber Magnatum"

lunedì 16 gennaio 2017

“BOCCADARNO” A MARINA DI PISA (PI)………. IL REGNO DELLE “CÈE”.




A sud della Foce del Fiume Arno (che i nostri vecchi chiamavano familiarmente “Boccadarno”), in Toscana, sorge una piccola Frazione del Comune di Pisa denominata Marina di Pisa.

Oggi il nucleo abitativo di questa Località è racchiuso dal Fiume Arno a nord e dalla fitta e bella Pineta del Litorale Pisano a sud; dista circa 12 Km. dal centro di Pisa.

L’Arno è stato sempre, attraverso i secoli, un’importante via di comunicazione sia commerciale che militare e alla sua foce, già nel 1500, sorgevano due torri di avvistamento e difesa.

La storia di Marina di Pisa nasce dopo il 1600, infatti, fino a quell’epoca, quest’area era praticamente disabitata, essendo un’insalubre palude. 
Nel 1606, Ferdinando I de’ Medici (Granduca di Toscana dal 1587 al 1609), fece spostare la foce dell’Arno di circa 1500 metri, per agevolare il deflusso delle acque, impedendo così l’allagamento del capoluogo. 
Tra il 1759 e il 1761 fu costruito sulla riva sinistra un piccolo Fortino esagonale, circondato da un fossato, a uso militare, presidio sanitario e dogana fluviale; intorno sorsero anche le prime case di pescatori.

La zona prese a essere considerata meta per il turismo estivo solo dopo che Gaetano Ceccherini, “commerciante d’acqua di mare”, nel 1869, fu costretto dal Re, Vittorio Emanuele II di Savoia (Primo Re d’Italia dal 1861 al 1878), ad abbandonare le sue proprietà a nord del fiume, ormai diventate parte della Tenuta Reale di San Rossore
In cambio, ebbe un altro  terreno sulla riva sud, ove costruì  il primo stabilimento balneare, diviso, come usava al tempo, tra uomini e donne. 
Successivamente l’attività di famiglia fu  sviluppata e ampliata dal figlio Baldassarre Ceccherini.

L’atto ufficiale della nascita di Marina di Pisa risale al “piano regolatore comunale” del 1872, dove l’Ingegner Corsani progettò l’insediamento come una griglia interrotta da tre piazze e con un lungo litorale. 
L’arrivo della linea ferroviaria a vapore Pisa-Marina, inaugurata il 23 Giugno 1892, portò un forte incremento allo sviluppo e all’apertura di nuovi ristoranti e pensioni, oltre ad altre attività commerciali.

Grazie al grande fervore industriale degli anni a cavallo del 1920, sorse, proprio alla foce, anche lo Stabilimento del Cantiere Navale G. Gallinari, trasformatosi in S.A.I. e poi denominato Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Società Anonima (C.M.A.S.A.), adibito alla costruzione degli idrovolanti del famoso Ingegnere Tedesco Claude Dornier, i primi totalmente metallici costruiti in Italia
Successivamente nel 1930 la Fabbrica passò alla Fiat.

Il complesso, abbandonato dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato anche il set di alcune scene del famoso FilmTutti a Casa” (1960) del regista Luigi Comencini con il grande Alberto Sordi
Oggi, circa al suo posto, c’è il nuovo Porto Turistico di Bocca d’Arno denominato “Porto di Pisa”.

Marina di Pisa ha ispirato, con i suoi tramonti, anche il grande “VateGabriele D’Annunzio, ed è stata sempre un luogo con un’antica e solida tradizione culinaria. 
Già nel 1889, oltre a diversi rinomati ristoranti di pesce fresco, c’era un servizio di gite, a “Boccadarno”, su barconi con a bordo un servizio di buffet, un precursore della “Compagnie des Bateaux  Mouches”, creata nel 1949 da Jean Bruel, che percorre la Senna Parigina con le sue barche-ristoranti.

Molte le ricette del territorio, tra cui spiccavano le mitiche  “cèe” una straordinaria prelibatezza.

Mi ricordo sempre delle straordinarie piattate di “cèe” che mangiavo da ragazzo, sono passati moltissimi anni, ma i meravigliosi profumi e sapori di quei piatti sono rimasti impressi nella mia mente. 
Era esaltante il momento in cui ti riempivi la bocca di un'abbondante forchettata di queste “simil bavettine” dal fantastico e incredibile sapore, un vero tripudio per il palato.

Le “cieche o ceche”, in dialetto Toscano più brevemente chiamate “cèe”, non sono altro che gli avannotti delle anguille, una “libidine” culinaria che fino a non moltissimi anni fa potevamo cucinare liberamente. 
Oggi invece la pesca è vietata (dal 1984 in Toscana e dal 1987 in tutta Italia) e s’incorre in severe multe se presi con "le mani nel sacco", anzi, con la “ripaiola” in mano, una piccola rete a maglie strettissime specifica per questo tipo di pesca (novellame).

Reti calate in acqua non solo dalle barche, ma anche dalle tradizionali e romantiche baracche, edificate sugli scogli a “Boccadarno” (e anche lungo il corso del Fiume), denominate “Retoni”.

Pescare le “cèe” può costare salatissimo, fino a Euro 20,00 l'una ......?????

L'anguilla europea ha un ciclo vitale piuttosto complesso che comincia con la deposizione delle uova nel Mar dei Sargassi (porzione dell’Oceano Atlantico compresa fra gli Arcipelaghi della Grandi Antille e le Azzorre), ogni femmina può deporre da uno a sei milioni di uova pelagiche (comunemente chiamate galleggianti a causa del loro peso specifico), del diametro di 1/3 mm, alla temperatura di 20 gradi e superiore, si schiudono liberando delle larve chiamate “leptocefali”, lunghe 4/5 mm, nastriformi e trasparenti.

Il loro lungo viaggio migratorio verso le coste dell'Europa e nord-africane avviene sfruttando la Corrente del Golfo e dura da sette a ventiquattro mesi, durante questa traversata assumono una morfologia fogliforme
Arrivate davanti alle coste europee subiscono un'ulteriore trasformazione diventando “cieche” e l'aspetto è di una piccola anguilla di 60/90 mm non ancora pigmentata, “trasparente” e dalla lisca inconsistente. 

E' questo il momento, di notte e nei mesi invernali (Dicembre, Gennaio e Febbraio), in cui invadono acque costiere, estuari e acque interne per la "gioia dei pescatori".

Pisani e Livornesi si sono sempre contesi, al solito, la ricetta, ma io preferisco ricordare come le mangiavo a casa mia ..... una “saltatina” in padella con un pochino di burro e qualche fogliolina di salvia non troppo aromatica e poi in tavola con il parmigiano grattugiato sopra........ peccato non poterle più mangiare.

Che fantastici ricordi culinari insieme a quelli, straordinariamente romantici, dei tramonti aBoccadarno…….. il regno dellecèe”.



"Porto di Pisa" una Vista

"Retoni" a Boccadarno

Le Cieche o Ceche (Cèe) - Avannotti delle Anguille

Giorgio Dracopulos a "Boccadarno"

martedì 10 gennaio 2017

CHAMPAGNE “DE VENOGE” DAL 1837 ………….. “NOBLESSE OBLIGE”.




La Francia deve le sue fortune in campo enologico sia agli antichi Greci Focesi (abitanti dell’antica Città di Focea ubicata sulle coste dell’attuale Turchia), che introdussero la coltivazione della vite, sia ai mercanti Fenici che, alla fine del VII Secolo a.C., portarono il vino nell’antica Città Greca di “Massalia” (oggi Marsiglia in Provenza).

Da allora, parafrasando un noto modo di dire, si potrebbe azzardare a scrivere che “molto vino è passato sotto i ponti”.

Oggi la Francia si alterna all’Italia, a seconda della vendemmie, come primo produttore mondiale di Vino
Grazie a una intelligente agricoltura, su terreni particolarmente avocati, abbinata alla qualità dell’uva, alle tecniche enologiche e a una sapiente commercializzazione, i suoi Vini sono all’apice del successo mondiale e sono l’esempio da seguire praticamente da tutti.

Varie e grandi zone della vasta campagna Francese sono diventate famose e nomi, come il Bordeaux, la Borgogna, l’Alsazia, le Valli del Rodano e della Loira, la Champagne, corrispondono a importanti produzioni di Vino di ottima qualità.

La Champagne, in particolare, è un Territorio, delimitato da una legge del 1927, ubicato nella Regione della Champagne-Ardenne, del nord-est della Francia, dove si produce l’omonimo e mitico vino spumeggiante.

Nella Zona si trovano circa 34.000 ettari di “ricchivigneti, a 150 Km. da Parigi, divisi in cinque zone naturali, dalle diverse caratteristiche, sia del terreno che climatiche: Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Còte des Blancs, Còte de Sèzanne e Còte des Bar nell’Aube.

Il Territorio comprende 319 Comuni, suddivisi in cinque dipartimenti: la Marne, l’Aube, l’Aisne, le Haute-Marne, la Seine-et-Marne.

Per fare lo Champagne si possono usare, teoricamente, parecchie tipologie di vitigni, in realtà vengono usati prevalentemente: Pinot Nero, Pinot Meunier, Chardonnay, Pinot Bianco, Arbanne, Petit Meslier

Il nome “Champagne” è una Appellation d’Origine Contròlée (A.O.C.), può essere “Grand Cru” o “Premier Cru”, a secondo del Comune di provenienza delle uve.
Solo le uve di 63 Comuni possono fregiarsi della Denominazione di Origine per lo Champagne, 17 come “Grand Cru” e 44 come “Premier Cru”.

Lo Champagne non è solo un Vino Francese con le bollicine (perlage) ma, in tutto il Mondo, da più di trecento anni, è un “cult”. 

Tra le Maison più importanti, con una lunga storia alle spalle, possiamo certamente annoverare  “De Venoge”.  

La Famiglia De Venoge ha origini Svizzere che risalgono, nel 1411, a Perrod e Jean De Venoge, notabili del territorio attraversato dal Fiume La Venoge, che sfocia nel Lago di Ginevra.

Henri-Marc De Venoge, nato il 3 Ottobre 1776, intraprendente uomo d’affari, viene in Italia dove tra l’altro si innamora e sposa, nel 1812, Marianna Bellinzaghi
Nel 1817 torna in Svizzera per circa otto anni, successivamente si trasferisce in Francia a Mareuil-Sur-Ay, anche oggi un piccolissimo Comune nella Regione Champagne-Ardenne.

Nel 1837, Henri-Marc De Venoge, fonda, proprio nel Comune Francese di Mareuil-sur-Ay, la “Maison De Champagne De Venoge”. 

E’ un uomo dallo spirito innovativo, una tra le sue idee,  concettualmente rivoluzionarie per l’epoca, fu quella di inventare le etichette ovali (assolutamente innovative) e, in più, iniziò anche a inserirvi delle immagini, oltre al nome del produttore…… “una vera e propria rivoluzione”.
Fu un successo immediato, alla fine del 1838 vennero vendute in tutta Europa più di 50.000 bottiglie.
Nel 1845, passò la direzione a uno dei suoi quattro figli, Joseph, nato a Milano nel 1814, durante il suo soggiorno Italiano.

Joseph De Venoge non fu certo meno intraprendente e innovativo di suo padre e tra il 1845 e il 1866, periodo in cui ebbe la responsabilità della gestione dell’Azienda, ampliò e diffuse i suoi prodotti fino negli Stati Uniti, inventando anche una serie di bellissimi nomi per le loro Cuvée (il risultato dell’assemblaggio di vini per migliorarne le qualità intrinseche).

Nel 1864 venne registrato il Marchio, per una sua speciale Cuvée (già usato fin dal 1851) della Maison, che raggiungerà vette di straordinario successo, dove le etichette e i colli delle bottiglie sono attraversate in diagonale da una striscia blu (una fascia di questo colore, portata nelle grandi occasioni, è  simbolo di nobiltà fin dal 1500): il “Cordon Bleu”.

Successivamente la Maison passò nelle mani del figlio Gaëtan, che nel 1872, insieme ad altri fondò l’Associazione che riuniva le grandi Famiglie produttrici di Champagne.

Alla morte di Gaëtan De Venoge la titolarità passò alla sua vedova, Marie Papelart, e a seguire al marito della loro figlia, Yvonne (classe 1869, l’ultima dei De Venoge), il Marchese Adrien De Mun.
Il Marchese Adrien morì nel 1922, dopo anni difficilissimi come quelli della Prima Guerra Mondiale (1914 - 1918) che danneggiarono massicciamente la proprietà. 
A seguire la crisi del 1929, che blocco anche il flusso dell’esportazione verso gli Stati Uniti, e poi ancora la Seconda Guerra Mondiale, misero in ginocchio la Maison.

Gli eredi del Marchese Adrien De Mun manterranno tra mille difficoltà la conduzione della “Maison De Champagne De Venoge” fino al 1958.
Nei 40 anni successivi, pur realizzando una produzione di livello, vari passaggi di proprietà hanno creato una instabilità che non ha giovato alla Maison.

Dal 1998 la rinascita, e il ritorno agli antichi splendori, quando la grande “Maison De Champagne De Venoge” è diventata proprietà del Gruppo Lanson-Boizel Chanoine Champagne (Lanson-BCC).

Da 180 anni la Maison de Venoge è ambasciatrice nel Mondo per lo Champagne, con dei prodotti di eccellenza e oggi produce circa 1.700.000 bottiglie all’anno nelle varie prestigiose Cuvée.

Ho avuto la fortuna di poter degustare una preziosa selezione di “Champagne de Venoge”:

- “Cordon Bleu Brut Sélect” A.O.C. (50% Pinot Noir, 25% Pinot Meunier e 25% Chardonnay);

- “Cordon Bleu Brut Millésimé 2000” A.O.C. (70% Pinot Noir, 15% Pinot Meunier e 15% Chardonnay);

- “Louis XV Brut Millésimé 1995” A.O.C. (60% Pinot Noir, 20% Pinot Meunier e 20% Chardonnay);

- “Cordon Bleu Blanc de Blancs Millésimé 2000” A.O.C. (100% Chardonnay);

- “Louis XV Extra-Brut Rosé Millésimé 2002” A.O.C. (60% Pinot Noir, 40% Chardonnay);  

- “Vin du Paradis Cuvée Dry” A.O.C. (60% Pinot Noir, 20% Pinot Meunier e 20% Chardonnay).

Degustazione  estremamente interessante di bollicine straordinarie, originali ed equilibrate, ognuna con le sue magnifiche specificità, ma tutte con sentori ben definiti e armonici, prevalenze di aromi eleganti e concentrazioni gustative di altissimo livello: dei grandi Champagne.

Maison De Champagne De Venoge” dal 1837 ………… “Noblesse Oblige” (Nobiltà fa Obbligo).




Cordon Bleu Brut Sélect

Cordon Bleu Brut Millésimé 2000

Louis XV Brut Millésimé 1995

Cordon Bleu Blanc de Blancs Millésimé 2000

Louis XV Extra-Brut Rosé Millésimé 2002 

Vin du Paradis Cuvée Dry 

mercoledì 4 gennaio 2017

“PASTA REVOLUTION” IL NUOVO INTERESSANTISSIMO E RICCHISSIMO LIBRO DI ELEONORA COZZELLA.




La “pasta” come alimento……. mettiamo dei punti fermi.

La “pasta” attraverso i secoli è stata ed è un alimento fondamentale della nostra tradizione gastronomica e non solo. 
E’ una tipologia di cibo che unisce, sin dalle epoche più lontane, l’Europa e l’Asia.

Possiamo risalire all’Età Neolitica, l’ultimo dei tre periodi che costituiscono l’Età della Pietra, si parla di oltre 9.000 anni prima di Cristo, quando le popolazioni divennero stanziali e iniziarono a coltivare cereali e ad allevare animali. 

Con l’uso della levigatura e della scoperta della ceramica vennero introdotte anche nuove forme di più lunga conservazione di quei cereali macinati e impastati con l’acqua che venivano cotti o lasciati essiccare al sole. 

Un tipo di alimento, la pasta, conosciuto anche dagli antichi Greci che la chiamavano  “laganon” (acqua e farina di grano duro in fogli sottili poi fritti). 
Successivamente i Romani  la definirono “pastam” descrivendo un miscuglio di farina impastata con acqua e con l’aggiunta di una qualsivoglia salsa.
In tutti questi casi si parla di un prodotto non bollito, ma messo a cuocere su piastre calde o dentro a dei forni.

Bisogna arrivare nel V° Secolo d.C. in Palestina per trovare tracce di pasta bollita e oltre l’Anno Mille, più precisamente intorno al XII° Secolo, per trovare le prime tracce di pasta secca introdotta in Sicilia con l’arrivo degli Arabi.

In quel tempo il lungimirante e super documentato geografo, cartografo e viaggiatore berbero Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Sabti  (1099 1165), più semplicemente chiamato “Al Idrisi il Siciliano”, cita una pasta secca a forma di fili, da loro denominata “itriyya”, prodotta nella colonia Araba di Palermo.  

L’Italia, con il suo clima particolarmente adatto per la coltivazione del grano duro, divenne presto il paese più importante per la produzione di pasta.

Nel Medioevo apparvero le paste forate, la pasta secca lunga e quella ripiena e nel XIV° Secolo vennero costituite le prime Corporazioni di Pastai
Fino poi ad arrivare nel XVI° Secolo alla nascita dei primi pastifici, a conduzione familiare, sorti nella penisola Italica in una zone particolarmente favorite dal clima, adatto per una lenta essiccazione della pasta, come a Gragnano in Provincia di Napoli.

Con le successive migliorie tecnologiche della rivoluzione industriale arriviamo alla pasta prodotta  in tempi più vicini a noi. 
La lavorazione della pasta, pur mantenendo fermi i dogmi della tradizione, si è modernizzata, in particolare per quanto riguarda la trafilatura.

La trafilatura è il passaggio della pasta nella “trafila”, il marchingegno, la macchina che da la forma desiderata alla pasta stessa a secondo dei formati desiderati. 
Impossibile non citare delle attuali  vere e proprie straordinarie eccellenze Italiche come la pasta “trafilata in bronzo” o quella “trafilata in oro”.

Proprio alla “pasta” e ai molteplici aspetti di questo “semplice miracolo” alimentare  (solo due ingredienti) che è dedicato il nuovo Libro di Eleonora Cozzella: “PASTA REVOLUTION”. 
Da sottolineare che già nel titolo la “revolution” si denota anche dalla “R” iniziale rovesciata.

La mia carissima e affascinante amica Eleonora Cozzella è nata in Sardegna, a Lanusei, in Provincia di Nuoro, il 27 Marzo 1974, ma ha vissuto a Civitavecchia, oggi Città Metropolitana di Roma Capitale

Dopo le Scuole dell’Obbligo e il Liceo Classico, si è Laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Roma La Sapienza” e si è specializzata alla Scuola di Giornalismo alla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (LUISS) “Guido Carli” di Roma

Eleonora è una bravissima professionista che si dedica con grandissima dedizione e passione all’Enogastronomia; questo suo eccellere ha avuto negli anni moltissimi apprezzamenti e riconoscimenti (nel 2010, per esempio, è stata nominata “Giornalista Enogastronomica dell’Anno), da diversi anni lavora per il Gruppo Editoriale L’Espresso.

Il LibroPASTA REVOLUTION - LA PASTA CONQUISTA L’ALTA CUCINA”  è un bel libro di 160 pagine di carta lucida, in formato 19,3 x 24,7 cm., con la Copertina cartonata e grandi bandelle. Il Libro è pubblicato da “Giunti Editore”.

All’inizio del Libro, la “Presentazione” di Oscar Farinetti (classe 1954, famoso imprenditore del settore Enogastronomico): “E’ Difficile Essere Semplici”.

A seguire 60 pagine ricchissime di foto a colori e di “tutto” sulla “Pasta”, dalla storia, alle tipologie, ai formati, ai metodi di cottura, ai più sconosciuti particolari e alla rivalutazione che i grandi Chef, non solo Italiani, negli ultimi anni, hanno dato a questo fondamento della “nostra tavola”.

Da pagina 71 in poi il “Ricettario - Interpretazioni D’Autore” integrato (testualmente) da: “Citazioni, metafore, interpretazioni e perfino stravolgimenti, provocazioni, esperimenti, ricostruzioni filologicamente precise e novità assolute”.

Quaranta meravigliose ricette” di altrettanti straordinari Chef super famosi e super premiati (l’Elenco dei nomi è anche in Quarta di Copertina), dettagliatamente descritte e stupendamente illustrate. 

Le Ricette sono state selezionate tra le 160 presentate in Otto Edizioni della bella ManifestazioneIdentità di Pasta” che si svolge annualmente, a Milano, nel contesto del Congresso Internazionale degli Chef Identità Golose”.

Il LibroPASTA REVOLUTION - LA PASTA CONQUISTA L’ALTA CUCINA” di Eleonora Cozzella non è solo interessantissimo e ricchissimo di notizie e foto ma, con la solarità che contraddistingue l’autrice, vi farà amare ancora di più quella “grazia di Dio” che è la Pasta.   




La Copertina

La Quarta di Copertina con l'Elenco degli Chef

Eleonora Cozzella e Giorgio Dracopulos

domenica 1 gennaio 2017

“COME SI MANGIA L’OLIO” IL NUOVO BELLISSIMO E UTILISSIMO LIBRO DI ANDREA LEONARDI, FILIPPO FALUGIANI E MARCO PROVINCIALI.




Conoscete bene l’Olio Extra Vergine di Oliva?

Le piante di olivo selvatico (Olea Europaea Oleaster) esistono da millenni e l’uomo ha imparato a conoscerle da oltre 6000 anni.
Questa conoscenza venne approfondita, a partire dagli Armeni e successivamente anche dagli Egiziani, e queste straordinarie piante, non più selvatiche ma coltivate, da cui, grazie alla spremitura delle olive, si ricava quel magnifico prodotto che si chiama Olio, divennero essenziali per la vita dell’uomo.

Già 2000 anni a.C. nel Codice Babilonese (composto da 282 leggi), che porta il nome del Re Hammurabi (regnò dal 1792 al 1750 a.C.), si regolava la produzione e il commercio dell’olio d’oliva.
L’olio di oliva, prima per i Greci e poi per i Romani, fu fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura, del commercio e dell’alimentazione, ciò ne favorì la diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo.

Siamo certi, grazie ai numerosi ritrovamenti archeologici, che l’olio di oliva veniva prodotto nella Penisola Italica già avanti Cristo, nei Secoli VIII e VII.

L’Italia geograficamente si prestava, e si presta, grazie al favorevole clima mediterraneo, allo sviluppo delle piante di olivo, in particolare l’Olea Europaea Sativa, le varietà da olio e da mensa.

Lucio Giunio Moderato Columella (4 - 70 d.C.), agricoltore e scrittore Romano di Agricoltura, nel I Secolo d.C., nel suo trattato, pervenutoci integro, in dodici volumi “De re Rustica”, definiva l’olivo come “il migliore albero esistente” (Olea prima omnium arborum est).

Nel mondo Romano si arrivò ben presto ad avere una classificazione di cinque tipologie di olio a seconda del momento in cui avveniva la raccolta e la spremitura:

- “Oleum Ex Albis Ulivis”, l’olio migliore, prodotto con olive verdi chiare raccolte manualmente e scelte una per una direttamente dalla pianta;

- “Oleum Viride”, quello fatto con olive più verdi e tendenti a scurirsi, prese sempre sulla pianta, buono ma non eccellente;

- “Oleum Maturum”, l’olio delle olive più mature, di qualità mediocre;

- “Oleum Caducum”, generato da frutti già caduti a terra, il meno buono;

- “Oleum Cibarium”, il risultato della spremitura delle olive peggiori, scartate e bacate, quest’ultimo olio, il più cattivo, era riservato agli schiavi.   

Sempre i Romani produssero anche selezioni particolari di olio di qualità come, ad esempio quello di Venafro (Venafrum), una zona particolarmente vocata nell’attuale Provincia di Isernia, e di conseguenza, visto che l’avidità umana è connaturata, arrivarono anche le contraffazioni. 
Infatti  c’era in circolazione molto olio scadente, come quello proveniente dall’Africa, che veniva usato esclusivamente per l’illuminazione.

L’olio d’oliva, attraverso i secoli, è sempre stato conosciuto per le sue virtù terapeutiche e organolettiche
Molti sono i suoi meriti, nella prevenzione dei disturbi dell’apparato digerente, grazie alla massima digeribilità e al fatto che viene assorbito interamente dall’intestino regolandone le funzioni. 
Oltre a ciò aiuta a prevenire e a curare molte altre malattie legate all’invecchiamento osseo e alle problematiche cardiovascolari.

Oggi la coltivazione dell’olivo viene praticata in più di 50 Paesi del Mondo, con una produzione, di livello e buona qualità, anche in quelli meno tradizionali come Messico, Cile, Perù, Argentina, Stati Uniti, e Sudafrica

L’Italia è il secondo produttore Mondiale di Olio di Oliva, dopo la Spagna, e la sua produzione migliore, l’Olio Extra Vergine di Oliva con denominazioni D.O.P. e I.G.P., è sicuramente ai massimi livelli.

Da poche settimane è uscito un nuovo importante Libro, di tre cari amici, pubblicato dalla “Edizioni Polistampa”: “COME SI MANGIA L’OLIO” di Andrea Leonardi, Filippo Falugiani e Marco Provinciali.

Come ben specificato, all’interno del Libro, è “Il primo manuale pratico di abbinamento gastronomico tra cibo e Olio Extra Vergine di Oliva”.

Il Libro, copertina cartonata, 176 pagine di carta preziosa e lucidissima, con i testi in Italiano e in Inglese (la traduzione è di Eurocontact Plus Onlus ), si presenta in modo del tutto eccezionale grazie al suo grande e magnifico formato (cm. 39,5 x 29,8). 

I testi sono stati curati da Franco Pasquini (Associazione A.N.A.P.O.O.), Filippo Falugiani (Associazione A.I.R.O.) e Andrea Leonardi (Agenzia di Comunicazione Superior ADV).
Le stupende fotografie a colori, anche giganti a doppia pagina, sono di Edoardo Sardano, Marco Provinciali e Andrea Leonardi.

Dopo una breve introduzione, di Stefano Mecocci Presidente FondazioneChiantiBanca” (Sponsor del Libro), e l’Indice, si entra nel vivo del tomo.

La Prima Parte, intitolata “L’Olio Extra Vergine di Oliva in Cucina”, comprende una seri di Capitoli dettagliati e fondamentali per comprendere l’Olio, che vanno dalla nascita della pianta alle olive, dall’uso che ne viene fatto in cucina (crudo e cotto), agli abbinamenti, per chiudere poi con l’elenco delle 166 diverse Varietà del nostro Paese e una serie di abbinamenti più particolari.

La Seconda Parte, “Elementi di Fisiologia Sensoriale”, ci illumina sulle degustazioni. 
A integrazione di questa Seconda Parte si trova anche una professionale “Scheda di Valutazione Sensoriale”.

La Terza Parte, la più “corposa”, anche per le foto delle bellissime preparazioni, è quella dedicata al “Ricettario”. 
Sei grandissimi Chef, non solo Italiani, e un Pizzaiolostellare”, super premiati e osannati da tutte le Guide Specializzate del settore, hanno preparato le loro più belle e buone realizzazioni dando, per ognuna, vari specifici suggerimenti per i migliori abbinamenti con le tipologie più consone di Olio Extra Vergine di Oliva.

Gigantidella Cucina come Gaetano Simonato, Vito Mollica, Lino Scarallo, Pietro Leeman, Guido Haverkock, Oliver Glowing e il “mago del forno a legna e dell’impasto da pizza”  Vincenzo Capuano, hanno interpretato, in diverse versioni ciascuno per un totale di 28 ricette, tutto il loro amore per l’Olio Extra Vergine di Oliva
La Terza Parte si conclude con le schede e le foto dedicate ai maestri sopra elencati.

A seguire una parte altrettanto importante, la “Carta degli Oli”, dove vengono illustrate 23 pregiate Aziende Produttrici e un loro Olio EVO di punta.

Infine troviamo la “Mappa delle Produttività Italiane” (Regioni con Oli Extra Vergine di Oliva a Denominazione D.O.P. e I.G.P.), una pagina dedicata al PremioIl Magnifico” e altre tre pagine di Cultura informativa.

Il “Premio Internazionale Il Magnifico”, dal 2013, premia ogni anno l’Olio, "il migliore tra i migliori del Mondo”, dopo una super selezione fatta da un severissimo Panel di famosi esperti.  

Che altro dire del nuovo interessantissimo LibroCOME SI MANGIA L’OLIO”, di Andrea Leonardi, Filippo Falugiani e Marco Provinciali, se non che è bellissimo e utilissimo.



La Quarta di Copertina

La Copertina