giovedì 21 febbraio 2013

RISTORANTE DANTE E IVANA A TIRRENIA (PI) QUANDO LA PASSIONE PER LA BUONA CUCINA SI FONDE CON L’AMORE PER LA QUALITA’.




Dopo l'Anno Mille, le popolazioni Italiche, per meglio difendersi dalle innumerevoli invasioni e successivamente dalle sempre più numerose incursioni dei pirati, che martorizzavano le coste, si erano ritirate nelle zone collinari più alte e sui monti. 
Le campagne e le coste, abbandonate per secoli, si erano trasformate in un malsano deserto paludoso, fonte di malaria, specialmente nei territori del centro/sud dello Stivale.

In periodi più vicini a noi lungimiranti governanti tentarono il recupero di queste vaste zone ma  bisogna arrivare agli anni tra il 1920 e il 1940, quando tutta l'Italia fu pervasa da uno spirito di rilancio Nazionale in ogni settore, per vedere, la messa in campo di un mega progetto, che coinvolse tutto il Paese: bonifiche e nuove fondazioni di centri abitati.

Nacquero così decine di Borghi, Cittadine e Città, che furono frutto dell'opera di migliaia di lavoratori guidati da grandi Ingegneri ed Architetti del tempo, che realizzarono opere, con una forte impronta razionalista, tutt'oggi considerate all'avanguardia e ammirate in tutto il mondo.

Tra i tecnici più famosi si possono annoverare talenti come l'Ingegnere Pier Luigi Nervi e gli Architetti Marcello Piacentini e Giuseppe Terragni, ma il loro numero fu talmente elevato che  permise di portare a termine una infinità di splendide realizzazioni sparse in ogni angolo della nostra penisola.
Nel tratto di Costa tra Marina di Pisa e Livorno sorse, nel 1932, per la volontà congiunta delle autorità politiche di allora, Pisane e Livornesi, Tirrenia.

Vennero incaricati Architetti come Antonio Valente, Adolfo Coppedè e Federico Severini, che in breve tempo, come era in uso, edificarono l'abitato intorno alla centrale Piazza dei Fiori e alla strada litoranea, Viale del Tirreno, che da nord a sud anche oggi l'attraversa.

Come già fatto anche in altre località (vedi a Viareggio il Principe di Piemonte), venne costruito lo Stabilimento Imperiale, nel prolungamento verso il mare della piazza centrale, dove, tra marmi, alti soffitti, larghe vetrate e saloni, si poteva usufruire dei servizi del Caffè, dell'Albergo e dello Stabilimento Balneare.

Tirrenia fu progettata anche come Città del Cinema con i suoi attrezzati Studi Cinematografici, i primi in Italia, sull'esempio di quelli statunitensi, con la nascita della casa di produzione cinematografica "Tirrenia Film Studios".

Nella parte più meridionale dell'abitato, nella frazione del Calambrone, vennero edificate anche le belle e grandi Colonie Balneari estive gratuite per la gioventù.

Per agevolare le comunicazioni, il 26 Agosto 1935, fu completata la linea ferroviaria Pisa, Marina di Pisa, Tirrenia, Calambrone, Livorno, che, partendo dal centro Pisano, arrivava a Livorno, alla Stazione di Barriera Margherita, proprio davanti all’Accademia Navale.
Mi ricordo benissimo, per esserci stato, il cosiddetto “Trammino” per i Pisani e il “Trenino” per i Livornesi, comodo e divertente. Purtroppo, il servizio fu interrotto il 15 Settembre del 1960.
Oggi Tirrenia conserva in buona parte l'impronta datale alla nascita, ma grazie al grande sviluppo urbanistico degli anni cinquanta e sessanta, è diventata un centro balneare dal forte richiamo turistico, sia nazionale che internazionale. 
I cinque attrezzati chilometri di spiaggia, gli alberghi, i diversificati locali, il maneggio, la possibilità di usufruire di molte aree attrezzate per i diversi sport, tra cui anche il golf, il Centro Coni, fanno di questa Località, in estate, un centro vitale sia di giorno che di notte.

Come tutti i luoghi di vacanza moltissimi giovani, e non solo, negli anni, hanno frequentato Tirrenia, e molti sono, per tutti loro, i piacevoli ricordi legati alla gioventù, ai divertimenti e agli amori.
Non nego che anche per me Tirrenia mi riporta alla mente momenti intensi, spensierati e felici legati ad anni in cui ero giovanissimo.
Tra i ragazzi che trascorrevano i loro momenti felici a Tirrenia c’erano Dante Grassi e Ivana Lucchesi. Anche per loro Tirrenia è stata la culla del loro amore.

Dante, classe 1940, nato a Pontedera (Pi), fin da giovane si appassiona al mondo della ristorazione e del vino. 
Tale e tanta è la passione che studierà nei primi corsi organizzati dall’Associazione Italiana Sommelier, diplomandosi e diventando anche il primo Delegato A.I.S. della Provincia di Pisa. Successivamente ricoprirà nell’Associazione anche autorevoli cariche Regionali
Come Sommelier lavora in sala in diversi importanti Ristoranti nel Pisano e a Forte dei Marmi (LU).

Ivana, classe 1951, è nata a Livorno, fin da piccola ha una innata predisposizione per la cucina sviluppatasi anche grazie alla bravura della sua mamma.
Dante e Ivana convolano a nozze nel 1973 e vanno a vivere a Pontedera. Dalla loro unione nasceranno due figli: Rolando e Daniele.

Nel 1979, dopo aver deciso di intraprendere insieme un’attività mettendo a frutto le loro passioni ed esperienze, prendono in gestione un Locale Bar/Pizzeria proprio sulla Litoranea, lato sud, di Tirrenia

Dopo il primo anno di prova rilevano completamente il Locale, nasce cosi quello che negli anni diventerà uno dei Ristoranti più famosi della costa Toscana: “Dante e Ivana”.

Il Locale riscuote da subito molti successi ottenuti con una Cucina assolutamente tradizionale e di qualità “innaffiata” da ottimi Vini scelti da Dante

Nel 1985 la ristrutturazione lo porta ad essere un vero e proprio Ristorante di livello, raffinato ed elegante. La Cucina rimane tradizionale ma si sposta verso l’alto per il servizio offerto e per l’accurata, estrema selezione delle materie prime, oltre che per la tipologia della clientela.
Attraverso gli anni moltissimi sono stati i personaggi, anche del mondo dello spettacolo, che sono diventati clienti e frequentatori assidui di “Dante e Ivana”.

Nel 2009, dopo una lunga e super soddisfacente carriera, Dante e sua moglie Ivana si ritirano per godersi il meritato riposo della pensione. 
Da quella data il “timone” del Ristorante passa al figlio Daniele.

Daniele Grassi, classe 1976, cresciuto in questo ambiente tra cotanti aromi e sapori non poteva non appassionarsi anche lui alla ristorazione. 
Dopo essersi diplomato nei servizi di sala, nel 1996, all’Istituto Professionale di Stato Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “Giuseppe Minuto” di Marina di Massa, si reca all’estero per fare esperienze. 
Francia, Germania e Austria sono le nazioni in cui lavora, sempre in Locali importanti e conosciuti, sia in sala che in cucina.

Nel 2002 rientra definitivamente in Italia a lavorare con il babbo e la mamma. 

Nel 2004 riapre, a Pisa, la vecchia “Osteria del Violino”  che successivamente, nel 2009, assumendo la conduzione del Ristorante di famiglia a Tirrenia, passa al fratello più grande Rolando.

Il Ristorante “Dante e Ivana” è un bel Locale, tranquillo, accogliente e rilassante. 
Dalla doppia porta d’ingresso si entra nella sala rettangolare, una decina di tavoli, ordinati e apparecchiati con eleganza, con intorno delle sedute imbottite. Di fronte un piccolo corridoio, con il guardaroba, che divide, a sinistra, la cucina e, a destra, la ricca cantina, ambedue sono a vista. 
Il colore che prevale è il bianco.

La Carta dei Vini è molto ampia, circa 700 Etichette, prevalentemente Italiane, con molto spazio  alla Toscana, ma non mancano selezionate e preziose bottiglie Francesi
Molto si deve all’eredità lasciata da Dante ma anche Daniele ha fatto bene la sua parte nelle scelte, del resto anche lui, dal 2001, è Sommelier A.I.S..

Il Menu è di mare, ovviamente legato a quanto di più fresco offre il mercato giornaliero.

Ma veniamo alla degustazione fatta che è stata accompagnata da una buona bottiglia di “Monte Fiorentine 2011”, Soave Classico D.O.C., 12,5% Vol., vinificato in acciaio, prodotto al 100% con uve di Garganega, provenienti dai vigneti di 45 anni del Monte Fiorentine a nord del Colle Rugate, a 220 metri sul livello del mare, ubicate a Brognoligo di Monteforte d’Alpone, dell’Azienda Agricola Ca’Rugate di Montecchia di Crosara (VR).

In tavola un ricco vassoio in argento con dei golosissimi panini della casa ai vari sapori (burro, cipolla, cappero, origano):

- Barchettina di baccalà mantecato con ristretto di aceto balsamico e paprika dolce;

- Seppia sfrangiata su vellutata di peperoni gialli e mosto cotto;

- Tortelli di pappa al pomodoro al burro e salvia con bottarga disidratata di dentice;

- Gamberi all’arancia con al centro tartarina di gamberi e carciofo arrostito;

- Baccalà al vapore con crema di carote, sesamo e profumo di menta;

- Dischi di pasta sfoglia con crema pasticcera alla vaniglia con sopra scaglie di cioccolato fondente Valrhona (Azienda Francese fondata nel 1922 che produce del magnifico cioccolato).

Tutto buono e ben presentato.

Lo Chef Daniele Grassi ha imparato molto bene a cucinare, anche da delle speciali insegnanti come sua mamma Ivana e sua nonna materna Odette, e i risultati si vedono.

Daniele ha una bella famiglia, la moglie Debora e i figli Alberto e Piergiorgio, che sicuramente gli danno quella stabilità e tranquillità che si riflette anche sulla qualità del lavoro.

Mentre ci salutavamo Daniele mi ha detto: “la cucina è un’arte innata e istintiva, o ce l’hai o non ce l’hai, al contrario, per esempio, della pasticceria che è una scienza”.

Al Ristorante “Dante e Ivana” di Tirrenia ho trovato uno Chef/Patron che fonde la passione per la buona Cucina con l’amore per la qualità.

 Ristorante Dante e Ivana

Viale del Tirreno, 207/C

Tirrenia  (Pisa)

Tel.  050  32549




Daniele Grassi e Giorgio Dracopulos

Una Vista della Sala

La Cucina a Vista

I Panini della Casa

La Barchettina di Baccalà Mantecato

La Seppia Sfrangiata

I Tortelli

I Gamberi all'Arancia

Il Baccalà al Vapore

La Pasta Sfoglia con Crema Pasticcera

Lo Chef Daniele Grassi

sabato 16 febbraio 2013

VERRIGNI, ANTICO PASTIFICIO ROSETANO DAL 1898, LA PASTA ITALIANA EXTRA LUSSO TRAFILATA IN ORO.




La “pasta” attraverso i secoli è stata ed è un alimento fondamentale della nostra tradizione gastronomica e non solo. 
E’ una tipologia di cibo che unisce, sin dalle epoche più lontane, l’Europa e l’Asia.

Possiamo risalire all’Età Neolitica, l’ultimo dei tre periodi che costituiscono l’Età della Pietra, si parla di oltre 9.000 anni prima di Cristo, quando le popolazioni divennero stanziali ed iniziarono a coltivare cereali e ad allevare. 
Con l’uso della levigatura e della scoperta della ceramica vennero introdotte anche nuove forme di più lunga conservazione di quei cereali macinati e impastati con l’acqua che venivano cotti o lasciati essiccare al sole. 

Un tipo di alimento, la pasta, conosciuto anche dagli antichi Greci che la chiamavano  “laganon” (acqua e farina di grano duro in fogli sottili poi fritti). 
Successivamente i Romani  la definirono “pastam” descrivendo un miscuglio di farina impastata con acqua e con l’aggiunta di una qualsivoglia salsa.

In tutti questi casi si parla di un prodotto non bollito ma messo a cuocere su piastre calde o dentro a dei forni.

Bisogna arrivare nel V° Secolo d.C., in Palestina, per trovare tracce di pasta bollita e oltre l’Anno Mille, più precisamente intorno al XII° Secolo, per trovare le prime tracce di pasta secca introdotta in Sicilia con l’arrivo degli Arabi.

In quel tempo il lungimirante e super documentato geografo, cartografo e viaggiatore berbero Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Ṣiqillī  (1099-1165), più semplicemente chiamato “El Edrisi il Siciliano”, cita una pasta secca a forma di fili, da loro denominata “itriyya”, prodotta nella colonia Araba di Palermo.  

L’Italia, con il suo clima particolarmente adatto per la coltivazione del grano duro, divenne presto il Paese più importante per la produzione di pasta.

Nel Medioevo apparvero le paste forate, la pasta secca lunga e quella ripiena e nel XIV° Secolo vennero costituite le prime Corporazioni di Pastai. 
Fino poi ad arrivare nel XVI° Secolo alla nascita dei primi pastifici, a conduzione familiare, sorti nella penisola Italica in una zone particolarmente favorite dal clima, adatto per una lenta essiccazione della pasta, come a Gragnano in Provincia di Napoli.

Con le successive migliorie tecnologiche della rivoluzione industriale arriviamo alla pasta prodotta  in tempi più vicini a noi.

Nella Regione Abruzzo sorse, nella metà del 1800, in Località “Le Quote” vicino al mare, una Stazione Ferroviaria che serviva l’interno del territorio e l’antico Paese, con l’omonimo Castello, di Montepagano

Qui in pochi anni sorsero diverse case, la prima Chiesa (Santa Filomena) e una scuola elementare. 
Il 22 Maggio 1887, con decreto reale del Re d’Italia Umberto I, la località venne battezzata Rosburgo (borgo delle rose). 
Nel 1927, l’allora Presidente del Consiglio, Benito Mussolini decise di italianizzarne il nome, oltre ad elevarla a Comune Capoluogo, e con un altro decreto regio, questa volta firmato dal Re Vittorio Emanuele III, rinominò   Rosburgo “Roseto degli Abruzzi”.  

La Storia che vi voglio raccontare è una di quelle che fanno grande il nostro Paese, è una storia di uomini e donne dediti, con una straordinaria passione al lavoro, ai prodotti della terra con i loro derivati e all’amore per la qualità senza compromessi.

Luigi Verrigni era un piccolo artigiano di Rosburgo che, con tutta la sua famiglia, iniziò a produrre  pasta (spaghetti) di qualità, la produceva macinando i grani con macine a pietra, impastava la farina con l’ottima, limpida e fresca acqua proveniente dalle sorgenti situate, a 900/1000 metri, sulla catena montuosa più alta degli Appennini continentali, il Gran Sasso d’Italia, successivamente la essiccava all’aria aperta e al sole disponendola su canne.

Le acque del Gran Sasso sono batteriologicamente pure, povere di sodio e di bicarbonato di calcio. 
Nel 1934 sono state convogliate in quella straordinaria opera, progettata e realizzata dall’Ingegnere Teramano Alfonso De Albentiis (1871-1942), che è l’Acquedotto del Ruzzo.

Nel 1898, Luigi Verrigni, iniziò a servire alcune nobili e ricche famiglie di Rosburgo diventando ben presto famoso, sia in zona che nei territori limitrofi, per la bontà della sua pasta
Il successo fu tale e tanto che il figlio di Luigi Verrigni, Gaetano, sviluppò l’attività sperimentando nuove e più moderne tecniche di lavorazione.

Attraverso i decenni la Pasta Verrigni ha raggiunto dei livelli straordinari, conquistando i palati più sofisticati, gli intenditori e i più grandi Chef, sia in Italia e che all’estero.

Dal 2008 l’Azienda, oggi denominata “Antico Pastificio Rosetano”, una volta si chiamava “La Rosetana”, è guidata da un nipote di Luigi Verrigni, un altro Gaetano, insieme alla gentilissima consorte Francesca Petrei Castelli.

Qui si lavora il “Triticum Turgidum Durum” (grano duro), esclusivamente Italiano, proveniente anche da coltivazioni dell’Abruzzo, dall’Azienda Agricola della signora Francesca a Pineto (Teramo) e dall’Azienda Agricola Valentini (antichissima proprietà risalente alla metà del 1600) di Francesco Paolo Valentini a Loreto Aprutino (Pescara).  

La lavorazione della pasta attraverso gli anni, pur mantenendo fermi i dogmi della tradizione, si è modernizzata, in particolare per quanto riguarda la trafilatura.

La trafilatura è il passaggio della pasta nella “trafila”, il marchingegno, la macchina che da la forma desiderata alla pasta stessa a secondo dei formati desiderati.  

Nella loro Azienda alla trafilatura in bronzo si è affiancata, grazie all’aiuto dell’artigiano orafo Sandro Seccia, la trafilatura in oro per produrre lo “spaghettoro”, il “fusilloro” e i “quadri” (formati quadrati). 
Questo tipo di trafilatura, prima e unica al mondo, impreziosita dal contatto con l’oro, rende la pasta ricca di ricercata ruvidezza e di elegante, avvolgente e particolare consistenza. 
Peculiarità straordinarie che grandi e super stellati Chef sfruttano nelle più sofisticate mantecature.

Dopo un periodo in cui la pasta riposa si passa al rigoroso processo di essiccazione, lento, fino a 60 ore a secondo della tipologia, e a bassa temperatura, tra i 45 e 50 gradi, mentre il prodotto è in movimento, al fine di conservare nella sua piena integrità la struttura amidacea della pasta per  mantenere invariati gli antichi e squisiti sapori di una volta.   

Oggi l’Antico Pastificio Rosetano Verrigni produce 80 formati diversi di pasta nelle varie tipologie, dalle tradizionali alle aromatizzate fino alle biologiche. 

Dopo 115 anni di storia, intrisi dell’amorevole dedizione e della passione della famiglia Verrigni, l’Antico Pastificio Rosetano di Gaetano e Francesca Verrigni, può vantarsi di produrre, in un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, della pasta Italiana speciale, extra lusso trafilata anche in oro.





Francesca Petrei Castelli e Gaetano Verrigni

L'Antico Marchio

La Preziosa Trafila in Oro

Lo Scrigno Spaghettoro

Riquadri Trafilati in Oro

I Cuori


Linea Valentini

Scatola Fantasia

domenica 10 febbraio 2013

“ SILENE - CUCINA, OLIO, ARTE IN TOSCANA ” IL NUOVO BELLISSIMO LIBRO DELLO CHEF ROBERTO ROSSI.



Il Massiccio Montuoso dell’Amiata, alto 1738 metri s.l.m., fa parte dell’Antiappennino Toscano e si trova al centro di una verdeggiante zona divisa tra le Provincie di Grosseto e Siena.

Il Monte Amiata è un antico vulcano spento, si presume che la sua ultima eruzione risalga a più di 700.000 anni fa, oggi è una nota Stazione Sciistica della Toscana Meridionale. Il nome Amiata deriva dalla ricchezza delle sue falde acquifere (per gli antichi “ad meata=alle sorgenti”), intelligentemente convogliate, negli Anni Trenta, in quel capolavoro di ingegneria che è l’Acquedotto del Fiora.

L’Amiatese è un territorio accogliente e ricco, in tutti i sensi: dagli straordinari oliveti secolari ai boschi di castagni (castagne D.O.P.) e faggi, dal sottobosco lussureggiante dove abbondano i funghi, ai prelibati prodotti dell’allevamento e suoi derivati, alle Strade del Vino D.O.C. del Montecucco e dell’Orcia, dai maestosi Castelli Medievali alle Abbazie Romanico-Longobarde, dalle antiche Ville agli antichi Palazzi, dalle Chiese ai vicoli inerpicanti dei paesini arroccati, dai Parchi Naturali alla Zona Geotermica. Una infinità di meraviglie che si susseguono per la gioia degli occhi e del palato di residenti e turisti.

Alle pendici del Monte Amiata c’è il Comune di Seggiano, in Provincia di Grosseto, una delle più belle e conservate zone della campagna collinare Toscana.   
Poco più in alto dell’antico Paese di Seggiano si trova il Villaggio Turistico di Pescina, qui nel 1830 è stata aperta una Stazione di Sosta (Posta), l’Osteria di Elena, espressione tipica di accoglienza del tempo, che dal 1957 si chiama ”Silene”. Il Locale prende il nome da Silene Ciacci, bisnipote dei fondatori, che per prima gli ha dato un’impronta di qualità. Attraverso gli anni si è trasformato in Locanda, Osteria e quindi Ristorante, con primati quali, l’ottima cucina, l’ospitalità, il primo posto telefonico pubblico e per aver avuto il primo televisore, in bianco e nero, di tutta la zona.

Dal 2000 il Ristorante “Silene” è di Roberto Rossi, bravo, dinamico e simpatico Chef/Oste.

Roberto nasce a Castel Del Piano (Gr), nel 1972, da una famiglia contadina, e di questa sua origine ne è molto fiero, cresce a Seggiano, ha un rapporto costante e stretto con tutta la natura che lo circonda e di conseguenza con tutti i prodotti della sua terra. Anche prima di diplomarsi Ragioniere, durante le vacanze estive, entra, a soli 14 anni, nel 1986, a lavorare al Silene.
La sua sarà una gavetta fatta di amore e passione, gettando il cuore oltre l’ostacolo, che gli permetterà di salire tutta la scala gerarchica della cucina fino a diventare Chef e successivamente anche proprietario del “Silene”.

Roberto ha una filosofia ben chiara: un totale rispetto per la qualità delle materie prime, di cui ha una profonda conoscenza (ciò gli permette di adottare le tecniche di lavorazione e di cottura più adatte), dare priorità alle magnificenze del territorio, senza dimenticare tutte quelle altre che fanno della nostra bella Italia il primo Paese in assoluto nel Mondo per il “Buon Gusto”. Non solo buona cucina tipica, quindi, ma anche Cucina Italiana di grande livello.

Questa sua grande attenzione al territorio lo ha portato ad intraprendere, nel 2001, insieme ad un piccolo gruppo di altre importanti Aziende, il progetto del grande Luigi Veronelli denominato L’Olio secondo Veronelli”, per la produzione di un Olio Extravergine di Oliva denocciolato, dopo tre anni di intenso lavoro è rimasto solo lui a credere caparbiamente nel risultato. E’ nato così il suo Olio Extravergine di Oliva Mono Cultivar (Olivastra di Seggiano) Denocciolato “Il Silene”, unico e raro, fatto con un procedimento innovativo, che permette una completa estrazione dalle parti nobili della polpa, riuscendo cosi ad ottenere sublimi aromi e sapori.

Questa tecnica moderna trova origine in una antica tradizione Romana, che privava del nocciolo le olive destinate a produrre l’Olio dei Re.

Roberto Rossi produce circa 15.000 bottiglie da 100 ml. e 3.000 “magnum” da 250 ml., distribuite nei migliori Locali del mondo. 
Roberto sottolinea che non vive di Olio, ma l’Olio “Il Silene“ è parte del suo cuore, e il risultato si vede e si sente, questo eccezionale prodotto prende, ai concorsi,  sempre il massimo delle votazioni dagli esperti e si è abituato a ricevere, molto spesso, l’ambito Premio delle “5 Gocce” conferito alle migliori produzioni Italiane, il massimo.

Il Ristorante “Silene” è un posto che non è facile descrivere, per apprezzarne il fascino bisogna andarci, mangiarci e possibilmente anche dormirci, in una delle sei accoglienti camere del primo piano, non camere di Albergo, ma stanze per gli ospiti di Roberto.

Questo e tantissimo altro è raccontato nei minimi particolari nel nuovo Libro di Roberto Rossi intitolato ”Silene - Cucina, Olio, Arte in Toscana” edito da Bandecchi & Vivaldi Editori di Pontedera (PI). 

Un Libro di grande formato, cm. 33,7 X 25, con sovracopertina lucida e scritte in oro, con i testi perfettamente curati dal bravo giornalista Enogastronomo Andrea Cappelli, ricco di grandi e bellissime foto di Bruno Bruchi appassionato gourmet e maestro dello scatto.  

Centonovantuno pagine affascinanti dove si passa, dopo il sommario e l’Introduzione di Roberto Rossi, al CAPITOLO UNO - “SILENE un grande classico”, con 4 sottocapitoli: Pane, Funghi, Tartufo, Vino.
Come in una lunga, informale, affettuosa, chiacchierata con un amico, Roberto racconta ad Andrea Cappelli la sua storia, le cosa che ha amato e che ama, i personaggi fondamentali della sua vita.
Tra tutti spiccano i suoi genitori, Luciana e Giancarlo detto “Franco”, le nonne Marina e Alpina, la sua dolce metà Giada, Maurizio Landi figlio di Silene Ciacci, la insostituibile Marinella detta “Lella”, da 16 anni il suo braccio destro nella Cucina del Silene, il grande amico Gianfranco Soldera, straordinario produttore di Brunello, e l’artista internazionale Daniel Spoerri.

Il CAPITOLO DUE - “L’extravergine denocciolato IL SILENE come lo voleva anche Veronelli … “ dedicato a quel magnifico Olio Extra Vergine di Oliva, super premiato, vero e proprio “oro liquido” che Roberto produce con cura amorevole e infinita dedizione con olive monovarietali di cultivar “olivastra seggianese” D.O.P..

CAPITOLO TRE - “Per una storia del paesaggio dell’olio” contributo di Andrea Ciacci del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università degli Studi di Siena.

CAPITOLO QUATTRO - “La denocciolatura delle olive” di Alfonso Ranalli dirigente di ricerca CRA OLI-Centro di Ricerca per l’Olivocoltura  e l’Industria Olearia della sede scientifica di Pescara. Con una Appendice - “Radici” scritto di Sveva Di Martino sul “Museo dell’Olio e dell’Olivastra Seggianese” di Seggiano.

Il CAPITOLO CINQUE  - “Salute Roberto” una lunga e affettuosa lettera di mano del maestro Daniel Spoerri a Roberto Rossi, in cui racconta la sua venuta 20 anni fa in questa zona, la nascita del suo Giardino d’Arte (il parco oggi è ricco di più di 100 opere del grande artista), il suo rapporto di amicizia e fiducia con Roberto tanto da dargli, qualche anno fa, la gestione del suo prezioso Giardino

CAPITOLO SEI - “Daniel Spoerri: Eat Art e Giardino” dove Andrea Cappelli descrive l’arte di questo illustre personaggio (danzatore, coreografo, pittore e scultore, nato in Romania nel 1930 ma naturalizzato Svizzero) che oltre ad essere il fondatore della “eat art” è anche una importante figura nel mondo internazionale della gastronomia.

Nel Libro ci sono poi alcune pagine con gli scritti che gli amici, Rino Fontana, Pasquale Forte, Paolo Baracchino, Leopoldo Franceschi, Fabrizio Bindocci e Gianfranco Soldera, hanno voluto dedicare a Roberto.

Seguono 65 pagine di preziose e gustose “Ricette” (per l’esattezza 31, oltre a quelle delle salse), del bravissimo Chef Roberto Rossi, magnificamente illustrate dalle foto di Bruno Bruchi. Piatti prelibati, talmente belli, che sembrano pronti da mangiare, davanti, per esempio, alle immagini delle “Pappardelle al sugo di lepre” o delle “Conchiglie di grano duro al sugo di coniglio (allevato a castagne del Monte Amiata), si fa fatica anche “solo a girare pagina”.

L’ultima parte del Libro è dedicata ai ringraziamenti.

Ci sono voluti due lunghi anni di lavoro per portare alla fine il progetto di questo libro, dice Roberto Rossi dedicandomi una speciale copia numerata, ma ne è valsa la pena. Poi aggiunge sorridendo: “ero rimasto solo io a non avere il Libro”.

Molto lavoro è stato fatto per la versione Italiana ma molto è stato fatto anche per la versione Tedesca e quella in Inglese.

Un bellissimo Libro ”Silene - Cucina, Olio, Arte in Toscana” di Roberto Rossi che ho letto “tutto di un fiato” appassionandomi su ogni capitolo e godendomi le coinvolgenti e magnifiche immagini.

Ristorante Silene
Località Pescina, 9
Seggiano (GR)
Tel.  0564  950805


Lo Chef Roberto Rossi e Giorgio Dracopulos

Marinella e Roberto

Lo Chef Roberto Rossi in Sala

Roberto e Marinella in Cucina

La Ricetta delle Pappardelle

La Ricetta delle Conchiglie

"SILENE" il Libro