sabato 27 settembre 2014

LA PRIMA EDIZIONE DELLA “FORTULLA COOKING CUP”, UNA DIVERTENTE REGATA VELICA PER BUONGUSTAI.




Lo Yacht Club Cala de’ Medici, di Rosignano Solvay (Livorno), ha organizzato e svolto, nei giorni di Sabato 20 e Domenica 21 Settembre 2014, la Prima Edizione della Regata VelicaFortulla Cooking Cup”.

La Regata ha avuto il supporto del Comitato Circoli Velici della Costa degli Etruschi, del Comune di Rosignano Solvay, del Porto di Marina Cala de’ Medici e della Federazione Italiana Vela.

Sponsor principale della manifestazione l’Azienda VitivinicolaFortulla” una delle realtà del territorio che fanno parte di quel progetto più ampio e complesso che si chiama “Agrilandia”.

L’Agenzia specializzataSuperior ADV”, di Marco Provinciali e Andrea Leonardi, di Livorno, si è occupata della comunicazione. 

La “Fortulla Cooking Cup” prevedeva, in due prove, la regata, con imbarcazioni di lunghezza superiore ai 7,5 m., svoltasi, nelle acque antistanti al Porto di Marina Cala de’ Medici, seguendo, tra gli altri vincoli, il regolamento di regata ISAF 2013-2016.
Oltre alla veleggiata vera e propria la gara comprendeva anche la combinata con la prova  enogastronomica.

In ambedue le giornate gli equipaggi, rientrati in porto dopo la velica, hanno avuto un breve lasso di tempo per preparare, sempre a bordo, dei piatti che per il primo giorno rientravano nella tipologia dell’antipasto e del primo, nella successiva giornata il piatto doveva essere un secondo.

Alla partenza, purtroppo a causa delle condizioni climatiche non favorevoli (assenza totale di vento dopo che su parte della Toscana, il giorno prima, si era abbattuta una super dannosa bufera di acqua, grandine e trombe d’aria) ci sono state diverse defezioni rispetto alle numerose iscrizioni.

Si sono presentate le seguenti imbarcazioni: Phantomas, Finisterrae, Tuscan Spirit, Breezy, Sandra, Eli J, Freedom.

Severissimi controlli alla partenza si sono assicurati che i prodotti alimentari imbarcati fossero crudi.

La Confederazione Italiana Agricoltori (C.I.A.) e la Coldiretti hanno gentilmente fornito, a tutti gli equipaggi, dei bellissimi cesti di freschissimi prodotti del territorio.

Per la parte velica il Comitato di Regata e di Giuria era composto da Andrea Bimbi (Presidente), Maurizio Giannelli e Tatjana Ardizzone.

Per la parte eno/culinaria (si valutava anche l’abbinamento con i Vini dello sponsor il “Fortulla Rosé 2012” e il “Fortulla Bianco 2013”) la Giuria di cinque membri, sempre presieduta dal sottoscritto, Giorgio Dracopulos, Enogastronomo del Corriere del Vino, ha avuto componenti diversi tra il sabato e la domenica.

Sabato 20 Settembre erano presenti Emanuele Vallini Chef/Patron della “Taverna La Carabaccia” di Bibbona (Li), Sabino Caroti  Sommelier responsabile della “Delegazione F.I.S.A.R. Le Due Valli - Cecina”, il Dott. Luca Gatteschi Specializzato in Medicina dello Sport e Medico della Nazionale Italiana di Calcio e Andrea Leonardi dell’Agenzia specializzata “Superior ADV”. 

Domenica 21 erano presenti il Dott. Alessandro Scalzini Medico specializzato in Cardiologia e Medicina Subacquea - Iperbarica oltre ad essere Docente all’Istituto Sant’Anna di Pisa, il Dott. Simone Cantoni uno dei più grandi esperti Italiani di Birra, Docente Degustatore dell’Associazione Culturale “Unionbirrai” e di “Slow Food” e Direttore del Gruppo “Puro Malto”, Alberto Grimelli Agronomo e Direttore di “Teatro Naturale”, e Marco Provinciali dell’Agenzia specializzata “Superior ADV”.

Dopo le due giornate di gara velico/enogastronomica il responso delle Giurie ha decretato i seguenti vincitori:

- Per la Combinata: Prima l’imbarcazione “Freedom” dell’Armatore Puccitta Roberto, Seconda “Eli J” di Pini Alessandro, Terza “Sandra” di Amica Vela Asd;

- Per la Gara Velica: Prima “Tuscany Spirit” dell’Armatore Cavagnani Jemes, Seconda “Eli J” di Pini Alessandro, Terza “Breezy” di Formichi Andrea;

- Per la Gastronomica: Prima l’imbarcazione “Freedom” dell’Armatore Puccitta Roberto, Seconda “Eli J” di Pini Alessandro, Terza “Sandra” di Amica Vela Asd.

Puccitta Roberto del “Freedom”, insieme al suo equipaggio, ha preparato per la Gara Gastronomica, il Sabato, un antipasto “tartare di mazzancolle con mozzarella di bufala del Caseificio  Rivabianca e sopra dei fili di peperoncino”, la Domenica, “tartare di tonno rosso rifinita con zenzero caramellato e accompagnata da riso nero”.
Due piatti molto interessanti sia per la diversa interpretazione delle “tartare”, sia per le presentazioni (uno stile molto personale e gradevole), sia per l’accostamento (anche con il vino) e la piacevolezza dei sapori.

Nel tardo pomeriggio di Domenica ci sono state le premiazioni, per i vincitori, ma anche per tutti gli altri partecipanti ci sono stati dei piccoli regali.

Dopo le parole di saluto e di ringraziamento dell’Assessore al Turismo, Commercio e Sport del Comune di Rosignano Marittimo, Licia Montagnani, l’Assessore stesso insieme a Carlo Potestà, Direttore Sportivo dello Yacht Club Cala de’ Medici, e Laura Marzari dell’Azienda Vitivinicola “Fortulla” di Casiglioncello (LI), lo sponsor, hanno consegnato, tra gli applausi del pubblico, i numerosi premi.

Ha chiuso la manifestazione un buffet, per tutti i presenti, offerto dallo Yacht Club Cala de’ Medici.

Un particolare ringraziamento per l’impegno profuso nell’organizzazione va a Elisa Cicconetti dello Yacht Club e a tutto lo staff del “Fuxy Bar” del Porto che ha pazientemente assistito e ospitato la Giuria Enogastronomica.

Divertente la Prima Edizione della Regata Velica “ Fortulla Cooking Cup 2014”, una Regata per navigati marinai ed esperti buongustai.





La Giuria Enogastronomica di Sabato

La Giuria Enogastronomica di Domenica

"Arrivano i Piatti"

L'Equipaggio del "Freedom"

Tartare di Mazzancolle e Mozzarella di Bufala

Tartare di Tonno Rosso e Riso Nero

Laura Marzari, Carlo Potestà, Licia Montagnani

La Premiazione del "Freedom"

sabato 20 settembre 2014

“SCIROPPO DI ROSE” UN SIMPATICISSIMO ED EDUCATIVO LIBRO TASCABILE SCRITTO DA SERGIO ROSSI ED EDITO DALLA SAGEP NELLA COLLANA “PIACERI DA GUSTARE”.




La Rosa Canina, l’antenata delle rose coltivate, è una specie, spontanea, tra le circa 150 della Famiglia vegetale delle Rosaceae, molto comune in Italia, cresce soprattutto tra le siepi e ai margini dei boschi.

La Rosa Canina viene usata da secoli in molti campi, già Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio, scrittore “scientifico”  Romano, del I secolo d. C., ne citava le doti curative.

Tra l’altro, per la sua straordinaria ricchezza di Vitamina C., si usa molto in medicina, in cosmesi e per l’alimentazione. 
Con i suoi frutti freschi si preparano, per esempio, delle ottime marmellate.

Anche i petali di rosa in genere sono stati, da sempre, fonte d’interesse per l’uomo, come molti altri tipi di fiori commestibili, molto spesso anche solo per guarnire delle preparazioni.

Per quei meravigliosi e romantici fiori che sono le rose gli esempi di uso alimentare si moltiplicano: le già citate marmellate, acqua di rose, polvere di rose, gli infusi di petali di rose, lo sciroppo di rose.

Mi ricordo che quando ero piccolo in Grecia (dove ho fatto la prima e la seconda elementare) la mia nonna paterna, Antigoni, mi preparava spesso la merenda con una fetta di pane e sopra una profumatissima e deliziosa marmellata di rose.

In Italia lo sciroppo di rose è una tradizione che si è sviluppata in special modo nella bella Regione Ligure, grazie alle varietà di rose utilizzate, sia coltivate che selvatiche, (per esempio la Rosa Centifolia, originaria della Persia, detta “Chapeau de Napoleon", perché vista di profilo assomiglia al famoso copricapo) che qui hanno trovato un terreno particolarmente avocato.

In Liguria infatti, da secoli, si usa questo sciroppo per uso curativo (in passato veniva consumato con parsimonia per molti motivi anche “economici”, dato il costo dei suoi ingredienti), ma il suo particolare e straordinario sapore negli ultimi decenni lo hanno fatto decollare come una vera e propria prelibatezza. 

Lo Sciroppo di rose Ligure è anche un Presidio Slow Food Italia.

Proprio per raccontare “tutto e di più” su questo particolarissimo nettare, dal colore e profumo intenso, Sergio Rossi ha scritto bel Libro Tascabile (formato cm. 16,5 x 12,7, pagine 96 di carta lucida con molte foto a colori), ovviamente intitolato “Sciroppo di Rose”.

Il Libro è stato recentemente (Giugno 2014) pubblicato dalla nota Casa Editrice GenoveseSAGEP Editori”, nella CollanaBuono a Sapersi, Piaceri da Gustare”. 

Sergio Rossi si occupa di storia della cucina, produzioni alimentari e promozione territoriale.
Già Direttore del “Conservatorio delle cucine mediterranee” di Genova, è ideatore ed autore del sito “La Civiltà della Forchetta”, inoltre cura l’Archivio per la storia dell’alimentazione “Giovanni Rebora”. 

Sergio, autore di numerosi articoli sulla cultura enogastronomica, ha già pubblicato diversi Libri che hanno incontrato il favore della critica e del pubblico: “Le Ragioni del Tonno”, “Tartufi - frutti della terra, figli degli dei”, “La cucina dei tabarchini” e “I segreti di una cuoca”.

Ma torniamo al Libro Sciroppo di Rose” ….. la tradizione ligure delle rose antiche.

Dopo un iniziale “corposo” capitolo d’inquadramento storico/botanico, ricco anche di molte curiosità, si passa al successivo, anche questo corposo e interessantissimo, intitolato “L’Utilizzo delle Rose”. 
In questo capitolo c’è una “parentesi” fotografica intitolata “Sciroppo di Rose Backstage”.
Seguono “Dall’Album dei miei ricordi” e “Le Ricette” (comprese quelle, super dettagliate, e fondamentali dello Sciroppo di Rose: l’ufficiale e la tradizionale), deliziose e appetitose preparazioni descritte con efficace semplicità.

Meritevole di plauso è colui che diffonde nel mondo le straordinarie capacità produttive alimentari della bella Italia e Sergio Rossi, per raggiungere più lettori possibili, ha fatto il suo libro bilingue Italiano/Inglese.

Sciroppo di Roseil libro di Sergio Rossi è educativo e nello stesso tempo simpatico e divertente,  assolutamente da non perdere.







La Copertina

La Quarta di Copertina

sabato 13 settembre 2014

“RESTAURANTE COCTELERÍA SERGI AROLA GASTRO”, A MADRID, DUE STELLE MICHELIN, ESTREMAMENTE ACCOGLIENTE E ASSOLUTAMENTE AFFASCINANTE.




La bellissima Capitale della Spagna, Madrid, amministrativamente, è divisa in 21 Distretti che, a loro volta, si suddividono in “Barrios” (quartieri).

Nella definizione di “Almendra Central” (zona centrale della Città) vengono tradizionalmente compresi sette dei suddetti Distretti: Centro, Arganzuela, Retiro, Salamanca, Chamartín, Tetuan e Chamberí.

Il Distretto di Chamberí, identificato dal numero 7, prende il nome dalla Città Francese di “Chambéry”  Capoluogo del Dipartimento della Savoia, nella Regione Rodano - Alpi.

A sua volta Chamberí è suddivisa in sei Quartieri: Gaztambide, Arapiles, Trafalgar, Almagro, Ríos Rosas, Vallehermoso.

Il distretto ha una popolazione di circa 150.000 abitanti prevalentemente di classe medio alta, ed è ricca di bellissimi edifici (molti dei quali dichiarati, per la loro storia e bellezza, Monumento Nazionale), si parla di ville, palazzi, chiese, musei, oltre che di piazze, monumenti, parchi e giardini.

Proprio nel Quartiere di Almagro, in una signorile strada a senso unico e alberata, Calle Zurbano, e precisamente al numero civico 31, c’è uno dei Ristoranti più importati e premiati di tutta la Spagna: “Sergi Arola Gastro”.

Il “Restaurante Coctelería Sergi Arola Gastro” è dello Chef Sergi Arola Martínez e di sua moglie Sara Fort Costa, Responsabile del Locale, della Sala e Sommelier.

Sergi Arola è nato a Barcellona, nella Comunità Autonoma della Catalogna, il 4 Marzo 1968, è parte di una famiglia numerosa (ha altri tre fratelli), per lunghi periodo ha vissuto con il nonno materno, Joaquín Arola Giralt, in Provincia, nel Comune di Olesa di Monserrat (famoso tra l’altro per la produzione di ottimo Olio d’Oliva).

Fin da giovane dimostra subito uno spiccato interesse per la cucina, soprattutto per la preparazione dei suoi pasti, non essendo mai contento di ciò che gli veniva preparato. 
Nonno  Joaquín non era bravo a cucinare ma era un buongustaio che aveva vissuto anche in Francia, sarà proprio lui il primo “cliente e critico” degli esperimenti di Sergi.

Dopo le scuole dell’obbligo e le superiori, seguendo proprio la sua innata passione, frequenta e si diploma alla “Escola Superior d’Hostaleria de Barcelona” (ESHOB), un importante e moderno istituto privato da poco inaugurato (1985).

Mentre studia la sua materia preferita non tralascia però un’altra sua grande passione, la musica.
Infatti è uno dei componenti fondamentali (compone anche musica testi) del complesso “Los Canguros”, dove suona la chitarra elettrica.
Il Complesso pop-rock ebbe una certa notorietà verso la fine degli anni ottanta.

Un altro suo grande amore: la motocicletta.

Per mantenersi agli studi e per le sue piccole spese, inizia subito a lavorare in alcuni Ristoranti.
La prima esperienza importante, dove incontra e s’innamora, per la prima volta, della “nouvelle cuisine”  (innovativo movimento culinario nato in Francia nel 1973), e quella con il bravo Chef Frans Maertens.

Dopo varie e fondamentali esperienze, in Francia e Spagna, con i più grandi Chef del Mondo, come Ferran Adrià, alla fine del 1997 Sergi rileva un piccolo (solo 20 coperti) Ristorante che si chiama “La Broche”, nella zona Centrale di Madrid, in Calle de Doctor Fleming.
  
Il Locale aveva una solida tradizione di Ristorante di quartiere ma l’arrivo di Sergi Arola rivoluzionerà il tutto cosi rapidamente che già alla fine del 1998 arriva la “Prima Stella” della prestigiosa Guida Rossa Michelin Spagnola.

Nel 2000, Sergi, dopo essersi accordato con la Catena AlberghieraOccidental Hotels & Resorts” trasferisce il suo Ristorante sotto il vicino e lussuoso Hotel (5 stelle) Miguel Angel di Madrid.
Alla fine dello stesso anno 2000 arriva anche la “Seconda Stella Michelin”.

Dall’apertura al 2007 il Locale è stato super premiato e ha mantenuto le “Due Stelle Michelin”, primo Ristorante di un albergo ad ottenere questo risultato in tutta la Spagna.

Tra il 2004 e la fine del 2009, oltre al suo Ristorante principale, Sergi Arola ha aperto altre sue attività gastronomiche a Barcellona, a Lisbona in Portogallo e a San Paolo in Brasile.

Nel Febbraio del 2008, conclusa l’esperienza del “La Broche”, dopo impegnativi lavori di adeguamento, Sergi Arola apre il “Restaurante Coctelería Sergi Arola Gastro” e per la prima volta nella storia della Guida Rossa Michelin, dopo solo pochi mesi, gli verranno confermate, in un sol colpo, le “due stelle”.

Sara Fort Costa, classe 1971, essendo nata il 2 Maggio, è del segno del Toro e la sua decisa determinazione caratteriale, unita ad una estrema disponibilità, alla gentilissima pazienza oltre che alla sua bravura, rispecchia perfettamente il suo segno.

Sara ha conosciuto Sergi a Roses quando lui lavorava a Cala Motjoi (Roses, Girona), al mitico Ristoranteel Bulli” (tre stelle Michelin) di Ferran Adria.

All’inizio del 1998 Sara, lasciata la sua Libreria a Roses, si trasferisce a Madrid ed entra a lavorare in sala al RistoranteLa Broche”. 
Nasce così quell’unione che li porterà al matrimonio e alla conseguente nascita delle loro belle bimbe Carla e Ginevra.

Sara Fort successivamente prenderà anche il diploma di Sommelier ed è il fondamentale sostegno al grande successo del marito. 
Anche lei come Maître ha ricevuto molti importanti premi a carattere nazionale.


Dalla porta d’ingresso si entra in un piccolo disimpegno dove ci sono due brevi scalette una, sulla destra, che sale al Ristorante (dotata della tecnologia per l’abbattimento delle barriere architettoniche) e una, sulla sinistra, che scende alla Coctelería.

Il Locale della Coctelería, diretto dal barman Francisco Camino, e di forma rettangolare, accogliente e ben arredato, con otto tavolini. 
Sulla destra appena entrati troviamo il bancone Bar, in fondo alla stanza un parete totalmente vetrata mostra la fornitissima Cantina.

(Recentissimamente, Luglio 2014, dopo la mia visita, la “Coctelería” è stata trasformata e rinnovata, oggi è “SOT (sótano = seminterrato) - Vermutería”, sullo stile dei Locali Francesi, e con la possibilità di degustare dei piatti appositamente preparati).

Anche la sala del Ristorante è rettangolare, appena saliti c’è la Reception, poi si apre con una fila di tavolini disposti solo sul lato sinistro, in fondo ancora uno spazio con i tavoli solo sul lato destro e una vetrata da cui si accede all’ascensore che porta direttamente in Cantina
In totale circa venticinque coperti.

La Cucina, al piano Ristorante (c’è anche un’altra cucina per le preparazioni al seminterrato), in fondo è chiusa da una vetrata, attraverso la quale, i circa dieci ospiti seduti ad unico tavolo, di questa saletta riservata, si godono l’opera del maestro e dei suoi collaboratori.

Tutto l’arredo (compresa l’apparecchiatura molto bella) è scelto con gusto e sprofonda l’ospite in un’avvolgente atmosfera rilassante e lussuosa.

L’accoglienza è gentile, attenta e molto professionale.
Sara Fort Costa in Sala si muove indubbiamente con grande fascino e nel servizio, con molta classe ed eleganza, esprime tutta la sua premurosa esperienza di Maître/Sommelier.

La Carta dei Vini è molto ampia, selezionata e di qualità, circa 700 referenze per un numero molto alto di bottiglie: Vino De Jerez (Sherry), Espumosos, Blancos, Rosados, Tintos, Magnums, Dulces.
Tra le bollicine vasto assortimento di Spagnoli ma anche un’ampia scelta di Champagne.
Qui ci sono i migliori Vini della Spagna, Francia, Italia, Germania, Portogallo, Cile, Nuova Zelanda, Australia, Argentina, Sudafrica, e da altre parti del Mondo.
Una Carta dei Vini importante elaborata con l’aiuto del Sommelier Dani Poveda.  

Il Menu (in un raccoglitore in pelle) è completo, cambia ogni mese, c’è la possibilità di scegliere alla carta o di seguire diversi percorsi consigliati compreso uno più ridotto per il pranzo e uno specifico per i bambini.

Ma veniamo alla corposa degustazione che è stata accompagnata da una serie di Vini, suggeriti da Sara, molto interessanti:

- “Torelló Brut Nature”, Gran Reserva Cava, un Blend di uve Macabeo, Xarel-lo e Parellada, 12% Vol., prodotto dalla “Cava Torelló” vignaioli dal 1395;

-Amontillado Tradicion”, Denominación de Origen Vino De Jerez, 30 anni d’invecchiamento, V.O.R.S. (Vinum Optimum Rare Signatum), 100% Palomino, 19,5% Vol., bottiglia n. 117 su 1850 prodotte, un vino della “Bodegas Tradicion”;

- “Albariño Ocho Patas 2011”, Denominación de Origen Rías Baixas, 100% Albariño, 12,5% Vol., prodotto distribuito da “Cuvée 3000”;

- “Tinta del País 2009”, Denominación de Origen Ribera del Duero, 100% Tinta Fina, 14% Vol., della Bodegas “De Blas Serrano”, Fuentelcésped (Burgos);

- “Malus Mama 2008”,  (Malus = mela in latino – Mama = sidro di qualità in antico Basco) Naturalki Gozoa den Sagardoa, un mosto concentrato ottenuto da una selezione di mele delle varietà Astarbe, Mendiola, Moko e Goiko, 11% Vol., prodotto dall’Azienda “Malus Mama” nei Paesi Baschi.

In tavola il pane e i grissini della Casa ai vari buonissimi sapori.
Sono state servite le seguenti portate come antipasti:

- “Nuestra seleccion de Snacks y Clasicos a Bocados” - Dirty Martini, Candy de anchoas y mousse de aceitunas, Pincho de tortilla de patatas, Gazpacho en texturas, Bocata de calamares, Tortita de camarones, Bomba de la Barceloneta, Nuestras patatas bravas mixtas, Falso sashimi de atún.

Poi siamo passati al Menu scelto, “Sergi Arola”:

- Sardinas asadas con judías de Kenia, trompetas de los muertos y sobrasada de cerdo negro; - Molleja de ternera guisada con especias, en un paisaje otoñal; - Blanqueta de bonito con verduritas de temporada; - Pato en 2 cocciones con peras al vino rellenas; - Menjar Blanc, mouse de almendras y canela; - El Chocolate “Da la vida”.

Il Menu si è concluso con la “Piccola Pasticceria della Casa”.

Tutto molto buono, molto belle anche le presentazioni.

La Cucina dello Chef Sergi Arola Martínez è fatta di intensa personalità e di esperta artigianalità, di altissima professionalità e grande fantasia, di tradizione e innovazione, oltre che di una materia prima in cui si sente un’estrema ricercatezza della qualità.
In Cucina Sergi è coadiuvato dal bravo Chef Ferran Cerro.

Sergi Arola è una fonte inesauribile di iniziative, libri, radio, televisione e ancora progetti per l’apertura di nuovi Locali, e poi ha anche un grande cuore con tutte le opere di beneficenza che fa per i bambini sofferenti nel mondo.

Al “Restaurante Coctelería Sergi Arola Gastro”, di Madrid, del Maestro Sergi Arola e di sua moglie Sara Fort ho trovato accoglienza, intimità, fascino e mi sono divertito a degustare un interessantissimo Menu.








La Prima Parte della Sala

La Seconda Parte della Sala

La Saletta Riservata con Vista sulla Cucina

Snacks

Altri Snacks

Sardinas Asadas

Pato con Peras

Menjar Blanc

El Chocolate da la Vida

La Piccola Pasticceria

Sara Fort Costa e Giorgio Dracopulos

giovedì 4 settembre 2014

“CASTELLO DI AMA AL POGGIO 2006” UN VINO BIANCO, BEN CONSERVATO, CHE ESPRIME GRANDI SENTORI E MAGNIFICHE SENSAZIONI.




Conservare il vino in bottiglia in uno stato ottimale potrebbe sembrare semplice, ma nella realtà non è così.

L’Età della Pietra, quell’epoca dell’evoluzione umana che va da 2.500.000 anni fa, quando comparve l’uomo, a circa 5.000 anni a.C., si divide in tre periodi: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.

Verso la fine del Neolitico l’uomo incominciò a forgiare i primi metalli e nacque quella forma fondamentale di sopravvivenza umana, legata all’alimentazione, che è denominata “agricoltura”.

Proprio a quest’ultimo periodo, molto probabilmente, risalgono anche le prime coltivazioni di vigneti (vite comune o euroasiatica definita da Carl Nilsson Linnaeus, nel 1753, “Vitis Vinifera”), come dimostrato da alcuni ritrovamenti nella regione del Caucaso.

I vigneti portarono l’uva e le prime spremiture, di conseguenza si presentò subito il problema di come conservare il prezioso succo così ottenuto.

Egiziani, Etruschi, Greci e Romani svilupparono sia le modalità di coltivazione che quelle di conservazione del vino che passò dai contenitori realizzati con le interiora di animali a terrecotte di tutti i tipi e forme (famose le giare e le anfore), più raramente si faceva uso di contenitori in metallo, ma tutti i tipi usati venivano sigillati con i metodi più vari.

Successivamente, circa 2.200 anni fa, le popolazioni, abitanti nelle Provincie Romane della Gallia e della Germania, iniziarono ad utilizzare delle botti per la conservazione del vino.

Passaggio facile per loro che le usavano già per conservare e trasportare la birra.

La botte (dal Latino “buttis”= vasetto) è un contenitore, dalla forma vagamente cilindrico bombata e di varie misure, fatto di doghe di legno un po’ incurvate, tenute da cerchi di metallo.

Fu una rivoluzione, in campo enologico, così grande che le botti sono normalmente usate tutt’ora.

Altrettanto rivoluzionaria fu la successiva introduzione della bottiglia di vetro e del tappo sigillante di sughero che permise al Vino di conservarsi anche per moltissimi anni.

Alcuni ritrovamenti fanno risalire le prime “antiche” bottiglie ai Siriani nel I Secolo d.C., ma bisogna addirittura attendere quelle fabbricate a Murano (Isola della Laguna Veneta famosa, dal 1291, per la lavorazione artistica del vetro di qualità), nel XV e XVI Secolo, per poter parlare dell’inizio della diffusione del loro uso.

Ora abbiamo la bottiglia, di varie forme e capacità, perfettamente sigillata, ma abbiamo lo stesso problema di migliaia di anni fa: come conservare il vino.

Se si possiede una cantina adeguata, perfettamente attrezzata e climatizzata alle temperature consone in sintonia col grado d’umidità dovuto, non ci sono problemi, si è fortunati.

Ma la stragrande maggioranza degli appassionati deve conservare i suoi “tesori” in casa, allora, meglio prendere alcune fondamentali precauzioni per cercare di limitare i danni.

In primis dovete scegliere un locale dove la temperatura sia la più costante possibile, non abbia sbalzi, e se ci riuscite tenetelo tutto l’anno ad uno stato di piacevole freschezza. 
Ciò si può ottenere limitando il riscaldamento in inverno e con altri accorgimenti in estate, per esempio non areando nelle ore più calde.
Assicuratevi che il locale prescelto non sia eccessivamente umido o contenga materiali che possono rilasciare nell’aria sostanze dannose.
Poi è necessario che le bottiglie stiano sdraiate e le stesse, se possibile, raccolte in cassette di legno, non nelle solite “polverose” rastrelliere.

Il legno, materiale poroso, oltre a tenere i vini al buio, pur permettendo una certa respirazione, contribuisce soprattutto a proteggerli da molti altri eventuali rischi.

Ovviamente tutte queste attenzioni devono essere dedicate a quei vini che potenzialmente hanno la possibilità di dare il meglio di se con il passare del tempo. 

Questi semplicissimi consigli vi permetteranno di conservare (in modo un po’ spartano) i vostri migliori vini, soprattutto rossi, per parecchi mesi e “molto probabilmente” anche per qualche anno. 

Comunque ogni tanto stappate qualche bottiglia per controllare l’andamento visto che il vino, in casa, invecchia ad una velocità tre volte superiore a quello conservato in una vera e propria cantina.

Grande è la soddisfazione se riuscirete ad aprire una bottiglia d’annata che sia in grado di dare molto, ancor di più se si tratta di un vino bianco meno difeso dalle ossidazioni.

Un successo, per esempio, è riuscire a degustare nel Settembre 2014 un grande vino bianco come “Al Poggio 2006” dell’Azienda “Castello di Ama s.p.a.” di Gaiole in Chianti in Provincia di Siena.

Ama, sorta più di 10 secoli fa in una zona dove iniziava a fiorire l’agricoltura e la viticoltura, è una Frazione di Gaiole in Chianti, composta dal Borgo antico, inizialmente circondato dalle mura di una fortezza di cui oggi restano solo poche tracce, e da varie località rurali limitrofe. 
Il tutto ubicato a circa 500 m. s.l.m., sulle splendide e dolci colline Senesi

L’affascinante Borgo, che sorge su un’altura tra Radda e Gaiole in Chianti, è proprietà dell’AziendaCastello di Ama”, nata nel 1972 grazie all’amorevole passione di 4 Famiglie Romane, oggi si estende per circa 250 ettari (di cui 90 di vigneti, 40 di oliveti) ed è gestita dalla Famiglia di Lorenza Sebasti e Marco Pallanti con i loro figli Arturo e Norma.

Marco Pallanti, l’agronomo e l’enologo, è stato anche, per due volte, Presidente del “Consorzio del Chianti Classico”.

Al Castello di Ama molto si è fatto, negli anni, per la qualità delle vigne e del vino, tra le altre cose, per primi, qui hanno applicato l’idea di “cru” (nel significato più stretto “vino fatto da un singolo vigneto”) nella Terra del Chianti.

La prestigiosa e super premiata Azienda, vanto della viticoltura Italiana nel Mondo, produce soprattutto Vini rossi (Castello di Ama San Lorenzo, Castello di Ama Vigneto Bellavista, Castello di Ama Vigneto La Casuccia, L’Apparita, Haiku, Ama, Il Chiuso) un rosato (Rosato) e un vin santo (Vin Santo) fatto con uve di Trebbiano Toscano e Malvasia Lunga del Chianti.

L’unico Vino bianco  è “Al Poggio”.

Nel 1978  all’interno del Vigneto Bellavista, dato le sue particolari proprietà del terreno (fortemente calcareo), fu impiantata una particella, di circa un ettaro e mezzo, di Pinot Grigio.

Nel biennio 1982-1983 furono reinnestate altre parcelle con cloni di Chardonnay (Entav 95 - 96, originari di Côte d’Or, bacche medie, Entav 76, originaria di Saone-et-Loire, bacche piccole) provenienti dalla Borgogna e classificati Borgogna/Digione (Francia).

Successivamente nel 1984 sui terreni denominati “Al Poggio” furono impiantati altri 4 ettari di Chardonnay.

Per arrivare ad ottenere un vino di grande struttura fu scelto il sistema di allevamento delle viti denominato a “Lira Aperta” (un sistema studiato in Francia che deve il nome alla somiglianza con l’omonimo strumento musicale della parete fogliare sdoppiata, per una maggiore esposizione al sole, e sistemata a forma di “V”).

Attualmente Castello di Ama ha poco più di due ettari di Pinot Grigio e cinque ettari e mezzo di Chardonnay.

Con la vendemmia 1988 è stato prodotto per la prima volta il Vino bianco “Al Poggio”.

Ma torniamo alla bottiglia degustata.

Castello di Ama Al Poggio 2006”, Bianco Toscana I.G.T., 100% Chardonnay, 13% Vol., con questa vendemmia sono state prodotte 24.900 bottiglie bordolesi.

Il buon andamento del clima dell’annata in questione ha permesso di raccogliere un’uva in perfette condizioni sotto tutti i punti di vista, infatti il 2006 è considerata una delle migliori annate, negli ultimi due decenni, in tutto il territorio del Chianti Classico.

Il mosto è stato refrigerato poi fermentato per un 60% in vasche d’acciaio, mentre il 40% è passato in Barriques.

La bottiglia stappata, conservata nelle migliori condizioni, aveva il tappo perfettamente integro.
Aperta, il Vino è stato scaraffato (visto i non pochi anni di imbottigliamento) e lasciato riposare per una migliore ossigenazione.

Al momento della degustazione il nettare si è presentato con un bel colore giallo dorato intenso ma brillante e nitido, al naso ottimi sentori, molto forti, di frutta matura e di fiori freschi, in bocca un ingresso vellutato ma delicatamente “potente”, estremamente equilibrato, gli aromi rispecchiavano, prevalentemente, i sentori olfattivi, ed erano magnifici, un finale persistente e avvolgente lasciava la bocca in uno stato di puro godimento.

Un grande Vino Bianco “Al Poggio”, della magnifica Azienda Toscana Castello di Ama”, in particolare nell’annata 2006 bevuta dopo ben 8 anni, grazie anche alle amorevoli cure con cui è stata conservata la bottiglia in questione.







La Bottiglia

L'Etichetta