domenica 30 dicembre 2012

CHAMPAGNE GAUTHEROT 2006: UN GRANDE CHAMPAGNE PER BRINDARE AL NUOVO ANNO.



Lo Champagne non è solo un Vino Francese con le bollicine (pèrlage) ma, in tutto il mondo, è un “cult” da più di trecento anni. La sua invenzione, forse, è merito di un giovane frate benedettino, Pierre Pérignon (1639-1715), che si dedicò ai malandati vigneti dell’Abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers, a nord di Epernay, in Francia. Anche se non è assolutamente chiaro come e se arrivò lui a fare un così prelibato nettare, l’Abate Dom Pérignon ha dei meriti certi. Per primo il fatto di aver selezionato il vitigno migliore, il Pinot Nero, poi l’affinamento della tecnica dell’Assemblaggio (mettere insieme il vino della stessa tipologia di Uva, ma proveniente da zone diverse) e anche per l’introduzione dell’uso di particolari tappi di sughero trattenuti da un filo metallico chiamato “muselet” (gabbietta), la soluzione per imprigionare la grande pressione nelle bottiglie.

Lo Champagne viene prodotto nell’omonima Regione situata nel nord-est della Francia, circa 34.000 ettari di “ricchi” vigneti divisi in cinque zone naturali, dalle diverse caratteristiche sia del terreno che climatiche: Montagne di Reims, Valle della Marna, Còte des Blancs, Còte de Sèzanne e Còte des Bar nell’Aube.

Il nome “Champagne” è una Appellation d’Origine Contròlée (A.O.C.), può essere “Grand Cru” o “Premier Cru”, a secondo del Comune di provenienza delle uve.

Le Uve vengono vendemmiate obbligatoriamente a mano, il disciplinare vieta l’uso di macchine, e il Vino nasce con un procedimento, che prende il nome dal territorio in cui viene prodotto, il “metodo champenoise”. Il metodo ha varie fasi e prevede, principalmente, una doppia fermentazione del mosto, la prima volta nei tini, la seconda forzatamente con l’introduzione di zuccheri e lieviti selezionati, chiamati “liqueur de tirage”, direttamente nel Vino imbottigliato.

Il termine “metodo champenoise” può essere usato solo per il vino spumante dello Champagne; infatti, in Italia, la stessa procedura viene denominata “metodo classico”.

Molto interessante, per capire la qualità dello Champagne da scegliere, è l’identificazione delle sigle di due lettere, stampate di solito sull’etichetta, che definiscono la tipologia di organizzazione professionale del produttore:

- NM = Négociant-manipulant, nome dato alle Aziende più famose che comprano le uve, le assemblano e le elaborano, per poi commercializzare le bottiglie con il loro marchio, sono prodotti di pregio;

- RM = Récoltant-manipulant, piccoli produttori, sono coloro i quali si definiscono “artisan-vigneron” (artigiano/contadino vignaiolo), elaborano, imbottigliano e commercializzano le proprie uve, in gran parte fanno prodotti molto buoni e in alcuni casi straordinari;

- CM = Coopérative de manipulation, gruppi di vignaioli che assemblano le uve, le elaborano, imbottigliano e commercializzano, di solito la loro produzione è mediamente accettabile;

- RC = Récoltant-coopérateur, sono i viticoltori che conferiscono le loro produzioni ad una cooperativa che esegue la vinificazione e l’imbottigliamento, successivamente ognuno riprende le sue bottiglie per la commercializzazione;

- MA = Marque d’acheteur, commercianti che acquistano le bottiglie pronte per essere consumate, aggiungendovi esclusivamente la propria etichetta per la commercializzazione.

Per fare lo Champagne si possono usare, teoricamente, parecchie tipologie di vitigni, in realtà vengono usati prevalentemente: Pinot Nero, Pinot Meunier, Chardonnay, Pinot Bianco, Arbanne, Petit Meslier.

Tra i Récoltant-manipulant, con una tradizione antichissima, tramandata di padre in figlio fin dal 1695, c’è l’Azienda Gautherot di Celles-sur-Ource nella Regione Champagne-Ardenne Dipartimento Aube.

Il piccolissimo Comune di Celles-sur-Ource, meno di 500 abitanti, nell’Arrondissement (divisione amministrativa in uso in Francia) di Troyes, nel Cantone di Mussy-sur-Seine, è ubicato in una tranquilla e verdeggiante vallata attraversata dal fiume Ource, un affluente della Senna. Qui ben 40 famiglie si dedicano alla produzione di Champagne.

Oggi la Maison Gautherot è di Francois Gautherot che ha ereditato, dal nonno René e dal padre André, tutti i segreti, l’arte e la passione per produrre ottimi Champagne, seguendo due fondamentali parole “magiche”: precisione e pazienza.

Con 18 magnifici ettari in collina (prima del 2007 erano solo 4,5) di vigneti coltivati con metodi biologici e biodinamici e lavorati manualmente con l’aratro, il “psou” (un particolare piccone) e le cesoie, vengono prodotte complessivamente 120.000 bottiglie divise in 5 tipologie di Champagne: Exception, Carte D’Or, Grande Réserve, Rosé e il Millésime.

Per poterlo definire Champagne il disciplinare obbliga ad almeno un anno di permanenza in Cantina. I Gautherot, forti della loro esperienza, per dare il meglio nei loro Champagne, hanno ritenuto di elevare a tre anni questo periodo di permanenza.

Lo “Champagne Gautherot Millésime 2006” è un grande Champagne, solo le migliori annate sono millesimate, e il termine grande lo definisce esattamente per quello che è. Prodotto con le vigne più vecchie dell’Azienda, che crescono su terreni argillosi e calcarei, è frutto di un sapiente dosaggio, di Pinot Nero e Chardonnay, e più di 40 mesi di Cantina. Lo Champagne Gautherot Millésime 2006 è stato premiato con la medaglia di Bronzo al “Concours Général Agricole” del 2012. Il Concorso, creato nel 1870 e promosso dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali di Francia, ogni anno premia le eccellenze del territorio nelle varie categorie.

Alla Maison Gautherot, negli anni, sono andati moltissimi premi per la straordinaria qualità della loro produzione di Champagne, ma niente può essere più chiaro delle parole stesse di Francois Gautherot : “votre plaisir sera notre plus belle récompense”.



Champagne Gautherot 2006 Millésime

lunedì 24 dicembre 2012

GARAGE CAFE’ E 0586 GARAGE: L’AMERICA VISTA DAL MASTRO BIRRAIO LEONARDO CECCANTI.



Louis-Guillaume Perreaux: vi ricorda niente questo nome? Questo austero signore Francese, nato nella Bassa Normandia e vissuto tra il 1816 e il 1889, era un proficuo inventore, lui amava definirsi “Ingegnere Meccanico”. Tra le molte altre cose che ha inventato e brevettato (alcune anche semplici come “lo strumento per cercare il figlio quando lo perdeva”), c’è “il velocipede ad alta velocità”. Il mezzo, costruito nel 1868, era un’antesignana bicicletta, di quelle con il grande ruotone anteriore, spinta da un mini motore a vapore: la capostipite di tutte le motociclette.

Successivamente, nel 1885, Gottlieb Wilhelm Daimler e August Wilhelm Maybach, due ingegneri Tedeschi, che saranno anche tra i più grandi imprenditori dell’allora nascente industria automobilistica, costruirono il primo prototipo funzionante di “motocicletta”.

Attraverso gli anni l’evoluzione della motocicletta ha fatto passi da gigante diventando non solo uno dei mezzi di trasporto più usati, ma anche quello più ammantato di un particolare fascino che, tra l’altro, è differenziato a seconda della tipologia del mezzo e della casa produttrice.

Oggi ci sono in commercio molte moto con marchi famosi e con una lunga storia alle spalle, ma tra tutti c’è n’è uno particolarmente suggestivo e affascinante per tutti i motociclisti del mondo, la Harley-Davidson.

La storia della Harley-Davidson Incorporated nasce negli Stati Uniti d’America a Milwaukee, la più grande città dello Stato del Wisconsin, adagiata sulla riva sud-occidentale del Lago Michigan e famosa per la produzione della birra. Nel 1901, il ventiduenne William Sylvester Harley, con il suo amico d’infanzia il ventunenne Arthur Davidson, si misero a costruire un personale esemplare viaggiante di “motocicletta”. Successivamente l’Azienda vera e propria fu fondata ufficialmente il 28 Agosto 1903 ed iniziò la sua limitatissima produzione che in quell’anno si limitò a tre esemplari.

Da allora le motociclette prodotte dalla Harley-Davidson, con il particolare motore bicilindrico a V che produce quell’inconfondibile rombo “borbottante”, sono diventate un mito inossidabile nel tempo.

In più di cento anni sono state “cavalcate” dai soldati Statunitensi in due Guerre Mondiali e adottate da molti corpi di polizia nel mondo oltre ad essere vissute dai giovani, in anni più recenti, come simbolo di libertà. Le Harley-Davidson sono state anche usate come mezzo di aggregazione tra motociclisti con gli stessi interessi e passioni.

Birra e motociclette Harley-Davidson, la passione nata a Milwaukee è giunta anche in Italia, dove persone, come il Mastro Birraio Leonardo Ceccanti, sono riuscite a concretizzare i propri sogni.

Leonardo è nato a Pistoia, il 30 Gennaio 1968, ma è sempre vissuto a Castiglioncello, accogliente località turistico balneare, della bellissima Costa Toscana, in Provincia di Livorno. Fin da piccolo ha avuto un’innata passione per le moto e, crescendo, l’ha abbinata ad un’altra grande passione quella per una delle bevande alcoliche più antiche (era già prodotta 4.500 anni fa in Mesopotamia) e diffuse al mondo: la Birra.

Leonardo Ceccanti, nel 1990, acquista la sua prima motocicletta Harley-Davidson, una fiammante e roboante “1340 Softail Spinger”, e da quel momento entra di fatto nella “filosofia”, ispirata dai grandi spazi Americani, del piacere di correre nel vento in libertà (sinonimo di questa marca di motociclette), assumendo anche il soprannome di “Vikingo”.

Nel 2001, Leonardo, seguendo la sua passione per le birre artigianali, frequenta il corso, ricco e completo, di Slow Food, diplomandosi “Mastro Birraio”.

Per qualche anno “Vikingo” Ceccanti ha maturato la volontà di esprimere le sue passioni verso l’esterno e appena si è presentata l’occasione ci si è buttato a capo fitto.

Il 5 Giugno 2010, nella Zona Industriale “Le Morelline”, a Rosignano Solvay, in Provincia di Livorno, apre l’officina “0586 Garage”. Si tratta di qualcosa di diverso dei soliti concessionari Harley-Davidson, è un franchising di officine specializzate in realizzazioni “custom” (su misura) e tutto ciò che ruota intorno alla famosa moto Americana. Ogni sede specifica ha il prefisso telefonico della zona posto davanti alla parola “Garage” e offre la vasta gamma dei prodotti Harley-Davidson, dall’oggettistica, ai pezzi di ricambio, ai vari kit di trasformazione, fino ai vari modelli di moto complete. Il messaggio trasmesso al pubblico è quello della meticolosa preparazione abbinata alla familiarità tra utenti che formano il gruppo locale di appassionati della mitica due ruote.

Tutto ciò sull’onda del successo che la Filiale Italiana della Harley-Davidson ha avuto, in questi ultimi quattro anni, con la vendita di ben 4.000 motociclette. Successo festeggiato con la messa sul mercato, solo Italiano, di una “Special Edition nera, sexy e cattiva”, di una delle moto più amate dagli harleysti, la “Sportster Iron 883”.

Per rendere il tutto ancor più accogliente, socializzante e coinvolgente, il 28 Aprile 2012, accanto allo “0586 Garage”, Leonardo, insieme alla sua dolce metà, Veronica Belfanti, apre il “Garage Cafè”.

Questo nuovo Locale (una grande sala arredata spartanamente e con un gusto e colori attinenti alle moto Harley e all’America in cui domina un’imponente bancone) ha molte sfaccettature che soddisfano i gusti più svariati, stando aperto dalla colazione fino a tarda sera: Bar, Caffè, Birreria, Paninoteca, Braceria, Pizzeria e Ristorante, con serate di musica dal vivo, piano bar e karaoke.

Il Menu offerto si basa su scelte classiche della nostra tradizione e piatti presi dalla Cucina d’oltreoceano. Lo Chef responsabile di tutto ciò è Massimiliano Giusti, Livornese di nascita ma che ha fatto molte esperienze anche all’estero.

Leonardo Ceccanti non ha potuto resistere alla tentazione di produrre le “sue birre”, ed ecco così che ne sono nate tre, confezionate in belle bottiglie sia di vetro che in ceramica, con il marchio “Garage Beer”. La “Avenue”, birra di frumento, la “Street”, una birra rossa e la “Route”, la birra chiara, tutte frutto dell’armonico abbinamento di malto d’orzo, differenti tipologie di luppoli e lieviti selezionati. L’orzo e il frumento provengono dai possedimenti della Fattoria Bini di Empoli (FI), proprietà di Elena e Francesca Bini Moriani, che si occupa anche della distribuzione di queste birre.

Per farvi vedere meglio “Garage Cafè” e “0586 Garage”, l’America vista dal Mastro Birraio “Vichingo” Ceccanti, ho fatto un’esclusiva video intervista a Leonardo che potete vedere sulla “Tavolozza del Gusto in Video” cliccando il link qui sotto:



Garage Cafè Tel. 0586 760363

0586 Garage Tel. 0586 760210

Strada nuova di lottizzazione

Zona Industriale Le Morelline

Rosignano Solvay (Li)






Leonardo Ceccanti e Giorgio Dracopulos

0586 Garage

0586 Garage le Moto

Harley-Davidson XR 1200

                                                             Garage Cafè la Sala

domenica 16 dicembre 2012

DOMAINE MARCEL DEISS E WEINGUT HEYMANN-LOWENSTEIN CON I LORO VINI, DISTRIBUITI DA CUZZIOL, AL FOUR SEASONS DI FIRENZE.




Tra le Aziende che sul territorio nazionale distribuiscono grandi Vini , provenienti dai Paesi più avocati del mondo, una delle più moderne e importanti è la “Cuzziol S.p.A.” con sede a Santa Lucia di Piave in Provincia Treviso nella Regione Veneto.

La Ditta nasce, nei primi anni ’50, per volontà di Renzo Cuzziol e della sua gentile consorte, come una distribuzione di Birre con la vocazione di prediligere le eccellenze.

L’evoluzione Aziendale, attraverso gli anni, è stata quella di trasformare la ragione sociale in Società per Azioni, pur rimanendo in mano della Famiglia Cuzziol. Infatti, oggi, ne sono a capo i tre Figli di Renzo: Giuseppe come Presidente e Amministratore Delegato, Maria Grazia Responsabile Amministrativa e Luca Direttore Commerciale.

La Cuzziol conta su 45 addetti e 80 rappresentanti per distribuire in tutta Italia super selezionate Etichette di Vini Nazionali e Esteri insieme a pregiate Birre e prodotti Gastronomici di grande qualità.

Molte sono le iniziative che la Cuzziol S.p.A. intraprende nell’arco dell’anno per promuovere al meglio le Aziende di cui è distributrice, una di queste si è svolta nel pomeriggio di Sabato 1 Dicembre 2012, in uno degli Hotel di Firenze, tra i più lussuosi del Mondo, che ha sede nel magnifico e antico Palazzo della Gherardesca, il Four Seasons.

La Four Seasons Hotels Incorporated è una Società Canadese, fondata nel 1960 da Isadore Sharp, titolare di una catena di 85 Alberghi/Resort super accoglienti ubicati in posti bellissimi e sparsi nel mondo. In Italia ci sono due strutture di questa catena, una a Milano e l’altra è quella di Firenze.

Il Palazzo della Gherardesca è stato edificato tra il 1472 e il 1480 su progetto di Giuliano Giamberti da Sangallo (1445-1516) architetto, ingegnere e scultore Fiorentino. L’edificio, con il fantastico parco privato più grande di Firenze, è patrimonio artistico nazionale ed è uno dei più importanti esempi di quello stile abitativo denominato “casini di delizie”, grandi e accoglienti case di città che in realtà sono bellissime ville immerse nei colori dei loro parchi e giardini. Tutta la struttura, di incredibile bellezza, si eleva intorno al grande cortile a forma quadra, studiato per sfruttare al massimo la luce naturale, con arcate a tutto sesto su pilastri quadrati, all’interno dei quali corre il loggiato con le volte a botte. Il tutto arricchito e decorato con una fine, preziosa serie di pitture e di bassorilievi. Il Palazzo, negli anni che vanno dal 1940 al 1942, è stato risistemato e il cortile, per meglio preservarlo dalle aggressioni atmosferiche, è stato ricoperto con un lucernaio, tutto il lavoro e stato progettato e seguito dall’architetto Riminese Piero Sanpaolesi (1904-1980) e dall’architetto Montecatinese Raffaello Brizzi (1883-1946). L’edificio dopo essere stato acquisito e radicalmente ristrutturato dalla Four Seasons Hotels Incorporated è dal 2008 una delle “perle” della loro catena alberghiera.

Ma torniamo alla degustazione di Cuzziol svoltasi, al primo piano, nella Sala Gherardesca dell’Hotel, uno spazio ricco di maestosi affreschi alle pareti illuminato dai grandi lampadari di cristallo.

Le Aziende presentate erano, una Francese, e più precisamente ubicata nel cuore della Regione dell’Alsazia, la Domaine Marcel Deiss, e l’altra Tedesca, della Mosella, la Weingut Heymann-Lowenstein.

La Domaine Marcel Deiss ha sede nel piccolo Comune Alsaziano di Bergheim, nel Diparimento dell’Alto Reno, nell’Arrondissement di Ribeauvillé nell’omonimo Cantone. L’Azienda fu fondata da Marcel Deiss che nel 1946, dopo la seconda Guerra Mondiale, ha abbandonato la divisa militare per dedicarsi alla campagna e alla viticoltura. Oggi l’Azienda ha 27 ettari, divisi in diversi appezzamenti tutti collinari, produce circa 120.000 bottiglie ed è gestita, seguendo i dettami della biodinamica, dal figlio di Marcel, Jean Michel Deiss. I vigneti sono coltivati a mano seguendo regole, tecniche e procedimenti antichi, anche estremi, dell’Alsazia, in abbinamento a tutte le garanzie che può dare una produzione certificata biologica. Particolare il metodo di suddividere i Vini non per uvaggio ma per territorio. Jean Michel è affiancato attivamente nel lavoro dalla moglie, Marie-Hélène Cristofaro, esperta enologa, che produce, dal 2009, anche personalmente e con il suo nome, un tipo di Vino che si chiama “Alsace Nature”.

Per la Domaine Marcel Deiss era presente proprio la gentile e sorridente signora Marie-Hélène Cristofaro Deiss che, tra i vari Vini prodotti dall’Azienda, ha portato in degustazione i seguenti Vini Bianchi:

- “Gewurztraminer 2011”, Vigne Giovani, Appellation Alsace Controllée, prodotto principalmente per il mercato Italiano;

- “Alsace 2010”, un blend di 13 vitigni Alsaziani;

- “Engelgarten 2008”, Le jardin des anges, Premier Cru, Appellation Alsace Controllée, Riesling, Muscat, Pinot Blanc, Pinot Gris e Pinot Noir, tutti coltivati su terreni ghiaiosi a un tiro di cannone dalle antiche mura medievali di Bergheim;

- “Rotenberg 2007”, Premier Cru, Appellation Alsace Controllée, in prevalenza Riesling e Pinot Gris, tutte piante cresciute in terreni calcarei giurassici;

- “Altenberg De Bergheim 2008”, Grand Cru, un misto di vitigni Alsaziani provenienti da terreni calcarei giurassici e marnosi;

- “Schoenenbourg 2008”, Alsace Grand Cru A.O.C., prodotto senza solfiti, con uve provenienti da una vecchia vigna, in prevalenza Riesling, coltivata su terreni di marna-gessosa.

L’altra Azienda in degustazione, la Weingut (Cantina) Heymann-Lowenstein, si trova nel territorio del fiume Mosella prima che confluisca nel Reno, in un altro piccolo Comune, Winningen, in Germania Occidentale, nel Distretto di Mayen-Coblenza nella Renania-Palatinato. Ha iniziato l’attività nel 1980 grazie all’impegno di Reinhard Lowenstein, proprietario, ingegnere e enologo, insieme a sua moglie Cornelia Heymann. Oggi ha 15 ettari, al 95% di Riesling (il resto Pinot Bianco, Muller-Thurgau e Elbling), lavorati a mano con sistemi biologici e tradizionali, con una produzione di circa 100.000 bottiglie. I terreni vinificati sono a terrazzamenti vari estremamente ripidi, dove da 2000 anni vi si coltiva la vite. Con un terreno roccioso, ricco di minerali e con un microclima particolare e freddo, qui si producono dei Riesling estremamente raffinati, rispettando il terreno e la natura e seguendo il principio di minimizzare l’intervento nel processo di vinificazione.

Alla degustazione in questione era presente Reinhard Lowenstein che con il suo entusiasmo ha descritto e ci ha fatto sentire 3 Cru bianchi vinificati “secchi” e uno “morbido dolce”:

- “Schieferterrassen 2011”, il nome in Italiano si traduce in “Terrazze di Scisto” (lo scisto è una roccia friabile e a lastre sottili, praticamente la nostra ardesia, è il risultato della trasformazione dell’argilla sottoposta a varie influenze climatiche subite attraverso i millenni), prodotto con uve Riesling da viti di oltre 40 anni;

- “Kirchberg Erste Lage 2010”, un Riesling Riserva lasciato maturare in botti di rovere grandi che si presta ad una lunga conservazione;

- “Uhlen Roth Lay Erste Lage 2007”, un altro Riesling proveniente da vigne con oltre 50 anni, estremamente armonico, matura in acciaio e legno;

- “Auslese Rottgen Erste Lage 2004”, in bottiglia da 0,375, un Riesling complesso, vendemmiato tardivamente, molto maturo, viene fatto fermentare in contenitori di acciaio a freddo, una particolare cura viene applicata per conservare il contenuto naturale di zucchero.

Reinhard Lowenstein è soprannominato il “ribelle della Mosella” per la sua ferma volontà di ricercare, nella sua produzione, la migliore qualità senza compromessi.

All’interessantissima degustazione hanno partecipato clienti e rappresentanti di Cuzziol, giornalisti e addetti al settore, provenienti da Firenze e da altre parti della Toscana. Per Cuzziol facevano gli onori di casa il bravo Paolo Leone, Direttore Commerciale Italia, e la gentile e premurosa Axelle Brown-Videau addetta alla pubbliche relazioni.

Dopo la degustazione, la sera, il grande Executive Chef Vito Mollica, responsabile della ristorazione al Four Seasons Hotel di Firenze, che con il Ristorante “Il Palagio” ha meritato la “Stella” della prestigiosa Guida Michelin, ha preparato una magnifica scenografia natalizia, nella bellissima corte quadrata coperta, dove è stata servita una cena di altissimo livello con la presenza di speciali ospiti come Leonardo Romanelli, famoso giornalista e gastronomo televisivo.






Marie-Hélène Cristofaro, Reinhard Lowenstein e Dracopulos

Scenografia Natalizia

Giorgio Dracopulos,Vito Mollica e Leonardo Romanelli

venerdì 7 dicembre 2012

RISTORANTE CASALTA A STROVE, FRAZIONE DI MONTERIGGIONI (SIENA): OTTIMA ACCOGLIENZA E CUCINA DEL TERRITORIO.




Gli antichi Greci e i Latini (antico popolo indoeuropeo stabilitosi sulle coste tirreniche della Penisola Italica Centrale a partire dal secondo millennio a.C.) chiamavano la terra degli Etruschi "Etruria". Ma nel passaggio dal mondo antico a quello medievale, stabilito dagli storici dal terzo al sesto secolo d.C., e per tutto l’Alto Medioevo fino all’anno 1000, la terra anticamente definita Etruria venne rinominata "Tuscia".

La Tuscia storica era una vasta area territoriale che per le varie vicissitudini trascorse venne suddivisa in Tuscia Romana, Tuscia Ducale e Tuscia Longobarda, quest’ultima diventerà, all’incirca, l’attuale Regione Toscana.

A partire dal XII secolo in Toscana nacquero diversi Stati autonomi tra essi i più potenti erano la Repubblica di Firenze e la Repubblica di Siena. Dal XIV secolo partì la politica espansionistica di Firenze che venne a scontrarsi per forza anche con Siena. In previsione di questi eventi i Senesi avevano provveduto a costruire diverse fortezze e castelli sul percorso delle armate nemiche.

Una delle Cittadine Fortificate, che tutt’oggi possiamo ammirare nella sua bellezza perfettamente conservata, è Monteriggioni (SI) costruita, agli inizi del XIII Secolo, su una dolce collina di un’antica Fattoria Longobarda.

A maggior difesa di Monteriggioni anche i piccoli borghi limitrofi furono dotati di cinte murarie, uno di questi è Strove, oggi Frazione del Comune di Monteriggioni.

Strove è ubicata a meno di sei chilometri da Monteriggioni verso l’allora confine Fiorentino. Ha una storia molto antica che la lega ai Longobardi e alla Via Francigena. Restano a ricordarci tutto ciò i resti della Torre Longobarda, delle mura Senesi e la piccola Chiesa di San Martino Vescovo di Tours, citata per la prima volta in una donazione del 1137 ma molto più antica. La Chiesa è composta da una sola navata coperta con capriate, il campanile è di più recente costruzione.

Oggi Strove è un piccolissimo borgo con alcune case e poche decine di abitanti.

Proprio qui, in una delle case più alte da cui prende il nome, c’è il Ristorante Albergo “Casalta” di Lazzaro Cimadoro e Barbara Pala.

Lazzaro è nato il giorno 11 di Marzo 1967 in Calabria, a 430 metri s.l.m. sul versante settentrionale del Monte Poro, nel Comune di Zaccanopoli che, dal 6 Marzo del 1992, fa parte della nuova Provincia di Vibo Valentia.

Finite le scuole dell’obbligo frequenta l’Istituto Professionale di Stato per i servizi Alberghieri, per la Ristorazione e per l’Agricoltura “EnricoGagliardi” di ViboValentia come “operatore della ristorazione con indirizzo preparazione pasti”.

Nel 1985 consegue il diploma di Tecnico di Cucina e affronta il servizio di leva a La Spezia dove, alla Scuola Sottufficiali dell’Aeronautica, lavora nelle cucine della mensa.

Nel 1986 si trasferisce a Colle di Val d’Elsa, in Provincia di Siena, a casa della zia Antonietta, ed entra a lavorare dal Grande Chef Gaetano Trovato del Ristorante “Arnolfo”, il Locale in quegli anni si trovava, sempre a Colle, in piazzetta Santa Caterina, uno degli angoli storico-panoramici più belli della cittadina. Il Ristorante “Arnolfo” con il suo straordinario Chef/Patron era in vertiginosa ascesa e aveva, tra l’altro, appena ricevuto la “Prima Stella” assegnata dalla super prestigiosa Guida Michelin.

Per Lazzaro Cimadoro è la svolta della sua vita. Trascorso un anno con un così grande maestro si aprono nuove e sempre più interessanti prospettive.

Successivamente Lazzaro torna in Calabria impegnato nelle Cucine di alcuni importanti Villaggi Turistici, poi si trasferisce vicino a Como, a Montorfano, nella Tenuta Sant’Andrea, un suggestivo, lussuoso e accogliente Albergo Ristorante sulle sponde del Lago di Como. Qui, in un’atmosfera elegante e raffinata, fa valere la sua esperienza diventando Responsabile di Cucina e Chef negli anni 1989-1991.

Successivamente Lazzaro torna a Colle di Val d’Elsa, da “Arnolfo” dal 1992 al 1993.

Venuto a conoscenza che veniva ceduto il Ristorante “Casalta”, nella Frazione di Strove, con un collega ne rileva la gestione aprendo nel mese di Marzo del 1993.

Questo connubio dura poco perché, nel 1994, al posto del socio subentra Barbara Pala, fidanzata con lui già da un anno.

Barbara è nata a Siena, ma è di Colle di Val d’Elsa, il suo babbo è originario della Sardegna e la sua mamma è Toscana, nella sua vita lavorativa ha fatto diverse esperienze, nella ristorazione, lavorando sempre in sala.

Barbara è convolata a nozze con Lazzaro nel 1999.

Nel 2006 Lazzaro e Barbara rilevano anche la gestione del piccolo Hotel che si trova sopra al Ristorante. Dieci calde e accoglienti camere doppie, arredate con mobili d’epoca e, anche se rispettano la sobrietà di stile di vita di una volta, sono dotate di ogni moderno comfort.

Lazzaro insieme al fratello più piccolo, Massimo, che ha sempre collaborato con lui, ha preso in gestione, nel 2009, sempre a Strove, un’altra super suggestiva antica struttura di accoglienza la Tenuta di Castel Bigozzi appartenuta agli avi della nobile Famiglia Senese dei Montanini. Il Relais offre 20 camere tra standard, suite e dépendance, elegantemente arredate con mobili in stile Toscano e tutte godono di una magnifica veduta del parco circostante e della campagna.

Il Ristorante “Casalta” è molto accogliente, si entra nella piccola corte interna da un grande cancello con tettoia a mo’ di fortino. A sinistra la scala che porta alle camere del piano superiore, davanti una tettoia, sotto la quale, a sinistra, si trova la porta a vetro d’ingresso al Ristorante.

Un piccolo disimpegno e si accede nella saletta più grande divisa da un grande arco, al centro della parete opposta all’ingresso una breve scaletta porta ad un’altro disimpegno, da cui a sinistra si entra nella ben fornita Cantinetta/Enoteca dove si può cenare o degustare con un grande tavolo per 8 persone, a destra una ulteriore salettina e la porta della cucina. I coperti, in totale, al massimo sono 45. Gli archi, le travi, il pavimento in cotto, i tavolini ben disposti, le poltroncine gialle in pelle, le pareti chiare con i quadrettini, le finestrine e le luci che ben illuminano le chiare pareti, fanno dell’insieme un ambiente molto rilassante e familiare dove ci si trova subito a proprio agio.

La Carta dei Vini è molto ampia con molta scelta anche nei prezzi, grande considerazione nelle specifiche Etichette è stata data al Territorio e alla Toscana in genere.

Il Menu, segue le stagioni e ciò che di meglio offre il mercato. Una scelta prevalentemente di Terra, ma non mancano alcune portate di Mare.

Ma veniamo alla degustazione fatta che è stata accompagnata da una buona bottiglia di “Rodano 2007” Chianti Classico D.O.C.G., 100% Sangiovese, 14% Vol., della Fattoria Rodano Castellina in Chianti in Chianti (SI).

In tavola un ricco cestino di pane e panini assortiti della casa insieme a vari tipi di schiacciatine e grissini, tutto fragrante e caldo. Sono stati serviti:

- Crostone di pane con uovo biologico, cavolo nero, fonduta di pecorino fresco e tartufo scorzone;

- Tortelloni trasparenti ripieni di guanciale di vitello brasato su vellutata di patate;

- Agnello arrosto con erbe aromatiche;

- Millefoglie di cioccolato con crema di castagne , frutta assortita e nel bicchierino aspic di fragole.

Tutto ben presentato e molto buono. Il servizio di Barbara in sala è premuroso e attento.

La cucina del bravo Chef Lazzaro Cimadoro è molto professionale, esperta e si esprime in modo diretto, semplice e pulito. Una Cucina legata al “fatto in casa”, al territorio, all’uso di prodotti di qualità, una Cucina che rispetta le stagioni e la natura.

Lazzaro è molto appassionato al suo lavoro e ha sempre cercato di sostenere la filosofia della “buona cucina” impegnandosi, per 10 anni, anche come responsabile di zona dell’Ordine Ristoratori Professionisti Italiani (O.R.P.I.) associazione nata a Milano nel 1984 per promuovere, presentare, divulgare e tutelare, a livello nazionale e internazionale, la Cucina Italiana.

A Strove al Ristorante Albergo Enoteca “Casalta” dello Chef Lazzaro Cimadoro e sua moglie Barbara Pala ho trovato una conduzione familiare che offre un’ottima accoglienza e una buonissima Cucina del Territorio. 


Ristorante Casalta

Via Giacomo Matteotti, 22

Località Strove, Monteriggioni (Siena)

Tel. 0577 301238





Lazzaro Cimadoro e Giorgio Dracopulos

La Sala Grande

Il Crostone

I Tortelloni

L'Agnello

Il Millefoglie di Cioccolato

domenica 2 dicembre 2012

“LA MAREMMA IN TAVOLA. LUOGHI, STORIE E RICETTE TRA TERRA E MARE” IL NUOVO LIBRO DI RUGGERO LARCO.





Un vasto territorio di circa 5.000 chilometri quadrati, dai confini non ben definiti, bagnato dal Mar Tirreno e ubicato nel sud della regione Toscana e nell’Alto Lazio, prende il nome di Maremma. Sull’origine del nome non vi è certezza, ma quello che veniva identificato con il nome Maremma era un’area geografica in cui vi ristagnavano le acque. Questo fenomeno era causato dal basso livello del terreno rispetto al mare e dalla conseguente difficoltà di smaltimento delle acque stesse. Una zona acquitrinosa e paludosa, quindi, dove per secoli regnarono povertà e malaria, tantoché nell’Alto Medioevo (convenzionalmente datato dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C. all’Anno 1.000) era una zona senza più popolazione.

Dopo il 1700 iniziarono i primi tentativi di recupero e bonifica della zona per poterla destinare ad un nuovo ripopolamento. Il Gran Duca di Toscana Ferdinando III (1769-1824) fu il primo ad affrontare il problema della bonifica con il massimo dell’impegno e ciò gli fu letale perché ispezionando i lavori prese la malaria. Il risanamento di un cosi vasto territorio procedette, negli anni, con lentezza e a macchia di leopardo, perorato ed attuato da nobili latifondisti volenterosi e autorità illuminate. La svolta si ebbe alla fine del 1829 quando, per volontà del Granduca di Toscana Leopoldo II d’Asburgo-Lorena (1797-1870), più di 5.000 operi furono addetti alla costruzione di canali e argini che migliorarono definitivamente la situazione idrografica della piana Maremmana.

Oggi la Maremma è un Territorio ricco di Storia e tradizioni, le sue pianure, le sue coste, le sue spiagge, i suoi golfi e i suoi promontori si suddividono amministrativamente tra 5 Provincie e 34 Comuni. Necropoli Etrusche, Siti Archeologici, Castelli, Torri Costiere, Borghi, Pievi, Ville, Chiese e Fattorie, fanno del suo paesaggio uno splendido percorso turistico. Qui vivono e si tramandano antiche forme di allevamento di buoi e cavalli, qui si trova la mitica figura del “buttero” tipico guardiano di mandrie a cavallo. In Maremma le tavole sono imbandite con i tipici prodotti della terra e con piatti straordinari preparati con tramandate antiche ricette, qui si bevono Vini che sono conosciuti in tutto il mondo per la loro qualità.

Con queste premesse, Ruggero Larco ha voluto sottolineare tanto “ben di Dio” con un piacevolissimo e interessante nuovo Libro, pubblicato da Aska Edizioni (Casa Editrice Fiorentina che valorizza il patrimonio culturale e territoriale della Toscana), dedicato alla Maremma : “La Maremma in Tavola. Luoghi, storie e ricette tra terra e mare”.

Ruggero, classe 1953, è nato “con il sapore del salmastro in bocca” a Lido di Camaiore, nella Versilia Lucchese. Per la maggior parte della sua vita è stato a Firenze dove si è anche laureato in Architettura. Dopo alcuni anni di assistentato, con il Professore Giancarlo Cataldi, si è dedicato alla progettazione e all’imprenditoria nel campo dell’edilizia. Ha sempre avuto passione per la gastronomia e, dal 2004, è membro dell’Accademia Italiana della Cucina dove attualmente ricopre l’incarico di Delegato del Valdarno Fiorentino. Dal 2006, Ruggero Larco, desideroso di quiete e di un maggior contatto con la natura, vive in un casale sulle ultime propaggini del Chianti che guardano verso il Valdarno superiore. La sua passione per il buon cibo e la cucina tradizionale lo ha portato a scrivere dei libri dedicati ad alcuni aspetti gastronomici territoriali Toscani meno noti.

Nell’aprile 2011 ha pubblicato il suo “Pievi e Ricette. Dal Cuore della Toscana per la gioia degli occhi e del palato”. Un’accurata ed erudita trattazione delle espressioni più belle dell’Architettura Religiosa Romanica del Territorio del Chianti in abbinamento alle sue più antiche tradizioni Culinarie.

Il suo nuovo Libro, “La Maremma in Tavola”, è scritto con molta passione e segue l’impostazione che l’autore ha voluto dare a questa collana (infatti sta già preparando il terzo volume). I 24 Capitoli, riferiti ognuno ad una Località suggestiva e/o antica, illustrano, nelle prima parte, l‘ubicazione, la storia, le curiosità del posto visitato, poi si dettaglia il Menu degustato, con il Vino abbinato, e si descrivono le ricette. Si “gustano” 22 antipasti, 21 primi piatti, 24 secondi piatti e 24 dolci. In fondo al Libro due Appendici. Nella prima alcune ricette “speciali” di sott’olio e sottaceto, oltre ad alcune salse. Nella seconda una divertente pagina “I tempi di cottura ….. senza orologio” in cui si rammenta l’antico metodo di contare il tempo attraverso la diversa durata delle preghiere e l’elenco dettagliato dei Vini D.O.C della Maremma.

Venerdì 23 Novembre 2012, alla ore 17,00, presso la sala al primo piano dell’Archivio di Stato di Grosseto, ubicato in pieno centro, in Piazza Ettore Socci n.3, ho partecipato alla presentazione del nuovo Libro di Ruggero Larco organizzata dalla Delegazione Maremma-Grosseto dell’Accademia Italiana della Cucina.

Dopo le presentazioni e l’introduzione dell’Agronomo e super attivo Delegato Locale dell’Accademia Dr. Domenico Saraceno, il Professore dell’Università di Firenze, Architetto Giancarlo Cataldi, ha illustrato il suo interessante intervento “Per un’antropologia dell’abitare: La scala alimentare”.

Successivamente, il sottoscritto, Giorgio Dracopulos, Enogastronomo del "Corriere del Vino", è intervenuto sul tema “Cucina tradizionale e Cucina innovativa: Amiche o nemiche?”.

A seguire l’autore, Architetto Ruggero Larco, che con sentite parole ha spiegato le intenzioni e i sentimenti del suo nuovo Libro “La Maremma in Tavola”.

La presentazione si è conclusa con i ringraziamenti e un caloroso applauso del pubblico presente.


I Libri di Ruggero Larco

Domenico Saraceno, Ruggero Larco e Dracopulos 

Ruggero Larco e Giancarlo Cataldi

L'Autore e i Relatori

La Sala

Ruggero Larco e Giorgio Dracopulos