La Strada
Regionale (una volta Strada Statale) n.68 di “Val Cecina” nasce a Cecina, in
Provincia di Livorno, nel Quartiere di San Pietro Palazzi, dove interseca la
“mitica” Strada Statale n.1, la “Via Aurelia” che da Roma arriva a Ventimiglia,
istituita nel 1928, percorre, in parte, l’antichissimo tracciato di epoca Romana.
Questa
Strada si snoda, per 71,5 Km., da Cecina fino a congiungersi con la “Via
Cassia” a sud dell’abitato di Poggibonsi (SI).
La “68”
attraversa una delle Valli più belle della Toscana, la Val di Cecina, chiamata
così dal percorso dell’omonimo Fiume che vi scorre.
Una Terra
magnifica, fatta di suggestivi panorami e verdeggianti e curate campagne, dove si
producono oltre ai buonissimi frutti della terra anche magnifici lavorati di
qualità come olio extra vergine di oliva, vino, pane, formaggi, insaccati, carni,
dolci, e moltissime altre prelibatezze.
Una delle
Località più piccole, poche case, attraversata dalla Strada Regionale n.68, è una
Frazione del Comune di Guardistallo, in Provincia di Pisa, che si chiama “Casino
di Terra”.
La Località,
anche se già conosciuta fin dal Medioevo, come punto di sosta e di ristoro per
i carri trainati da cavalli, nasce con il nome di “Casino di Terra” nel 1862 a
seguito della realizzazione della linea ferroviaria Cecina-Volterra, e alla
conseguente costruzione, in loco, di una piccola Stazioncina che serviva i
Comuni di Montescudaio, Guardistallo e altre zone limitrofe.
La Ferrovia veniva
utilizzata, principalmente, per
trasportare, verso la costa, la lignite e il calcedonio proveniente dalla Cave
di Monterufoli.
Per dare il
nome di “Casino di Terra” alla Stazione si prese spunto da una vecchia casetta
di pietra che si trovava nei paraggi.
La linea ferroviaria fu chiusa
definitivamente, parecchi anni dopo, nel 1930 a seguito di una disastrosa piena
del Fiume Cecina.
Nel 1952,
proprio sulla destra, all’inizio di Casino di Terra venendo da Cecina, fu
inaugurato un moderno e attrezzato pastificio (IMEP), proprietà dell’ingegnere
Giorgio Perucchetti, dove lavoravano più di una settantina di dipendenti.
L’ingegnere dette ai suoi prodotti un marchio (un fagiano su di un ramo) e il
nome “Mocajo”, riprendendolo anche dall’omonima Fattoria (sempre dell’ingegnere)
ubicata nel territorio.
Il nome
“Mocajo” deriva da una pianta erbacea leguminosa, il “Moco”, che veniva
utilizzata per l’alimentazione animale e in caso di carestia serviva anche a
produrre farine per uso alimentare umano.
Lo
Stabilimento, purtroppo, fu chiuso nel 1964, ma la grande e alta struttura, in
mattoni rossi, è ancora presente e visibile anche se, ormai, è solo un rudere.
Proprio
adiacente al vecchio edificio del pastificio c’è una palazzina al cui piano
terreno ha sede un Ristorante, il “Mocajo”, della Famiglia Lorenzini, un locale
elegante e molto rinomato per la sua particolare accoglienza e la sua cucina di
grande qualità.
La storia
del Ristorante “Mocajo” inizia nel periodo di Pasqua del 1963, quando il
pastificio stava per chiudere e la mensa dello stabilimento aveva già chiuso.
Adelmo Lorenzini, classe 1928, e sua moglie Lia (che aveva lavorato fino ad
allora al pastificio) decisero di rilevare la gestione della mensa per aprirvi
una tipica Trattoria Toscana.
L’impegno fu grosso perché Lia aveva già un bimbo
di dieci anni, Fabrizio, e una bimba di pochi mesi, Laura.
Ma il carattere, la
volontà e la passione non mancarono per vincere ogni avversità.
Passarono
gli anni e, tra piatti tipici e manicaretti fatti con i prelibati prodotti del territorio, i figli crescevano, insieme ai profumi straordinari
provenienti dalle pentole sul fuoco, imparando, nello stesso tempo, il grande valore
dei frutti della terra.
La Trattoria
il “Mocajo” cambiò passo, e diventò un vero e proprio Ristorante di livello, a
partire dall’ingresso di Laura in Cucina, fino ad allora la figlia aveva
aiutato il padre in sala.
Altro fattore importante fu il rientro, nel 1995, di
Fabrizio, il fratello, e di sua moglie Tina Argentieri che si dedicarono alla
Sala e non solo.
Laura,
cresciuta alla scuola Culinaria della sua mamma e della nonna materna, in pochi
anni di totale studio e dedizione si è rivelata una Chef di grande talento,
molte volte premiata, e Fabrizio è diventato un esperto “Maître”, un vero
professionista, anche Sommelier A.I.S. dal Marzo del 2000.
Oggi il
Ristorante Enoteca “Mocajo” si
presenta in grande stile, con un grande livello di accoglienza e di cucina, pur
non dimenticandosi delle sue origini.
Infatti, adiacente al Ristorante e con un
ingresso a parte, c’è ancora una piccola e caratteristica trattoria/negozio/enoteca
“La Dispensa del Mocajo” dove si possono
degustare piatti tradizionali o acquistare ottimi prodotti del Territorio e
Vini.
Ma veniamo
alla visita fatta al Ristorante “Mocajo”.
Dal grande
piazzale parcheggio si arriva alla porta d’ingresso, a destra un piccolo dehors
coperto, con 4 tavolini, usato nelle sere d’estate.
Entrando si
trova l’accogliente reception e subito sulla destra c’è l’ampia e luminosa Sala
del Ristorante con al centro il grande caminetto.
Bello e
tradizionale l’arredo, fine e signorile l’apparecchiatura, i colori sono
chiari, tenui e riposanti, le vetrine piene di preziosi distillati attirano
subito l’attenzione.
Il Menu si
apre con il seguente messaggio: “Fabrizio, Laura e tutto lo Staff si augurano
che questa sosta al Mocajo sia per Voi serena e familiare e che soddisfi tutte
le Vostre aspettative.
Vi ricordiamo che state pranzando in quella che un tempo
era la sala mensa dei dipendenti del vecchio Pastificio Mocajo, che negli anni
50 fu uno dei più moderni e attrezzati pastifici Italiani, e nella quale ancora
oggi da oltre 50 anni la famiglia Lorenzini
Vi accoglie con tutto il suo affetto”.
Nella pagina
successiva viene sottolineato che il Ristorante appartiene al prestigioso
Circuito di Cultura Enogastronomica “Io Cucino il Territorio” e si leggono le seguenti parole: “Alla base della
nostra cucina c’è l’approvvigionamento di prodotti di prima qualità,
provenienti dalla nostra zona, la Val di Cecina. Da qui la difficile e costante
ricerca di piccole realtà produttive locali che assicurino la qualità e la
genuinità, tipiche di coltivazioni di natura biologica e biodinamica.
Coltiviamo direttamente per la necessità della cucina un orto di un ettaro.
Il Pane è del nostro forno e le Paste sono fatte in Casa”.
Segue un
ringraziamento alle principali Aziende fornitrici con il loro elenco.
Dopo c’è la
pagina degli aperitivi e successivamente quella dei “Menu Degustazione” e poi
una ricca Carta dove in netta prevalenza sono preparazioni di terra.
La Carta dei
Vini è molto ampia, un bel “tomo” di 35 pagine, dove si può scegliere tra
Bollicine Italiane, Champagne, Vini Bianchi Locali e da regioni avocate come
Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Umbria, Abruzzi, Campania, Sardegna,
Vini Rosati Toscani, Vini Rossi Locali e Toscani oltre che da Piemonte, Veneto,
Alto Adige, Trentino, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzi, Molise, Campania
Sicilia, Sardegna.
Seguono le mezze bottiglie e varie tipologie di Vin Santo.
Una Carta attentamente selezionata con centinaia di etichette di grande pregio
e da tutti i prezzi.
Le bottiglie si possono vedere anche fisicamente visitando
la Cantina a vista climatizzata.
Non manca
neanche una bella scelta di Birre Artigianali.
La
degustazione è stata accompagnata da un’ottima bollicina come aperitivo e due
bottiglie decisamente straordinarie:
- “Cantina della Volta Rosé 2010”, Lambrusco di Modena Spumante
D.O.C., Metodo Classico, 100% Uve di Lambrusco di Sorbara, 12% Vol., prodotto
dall’Azienda Cantina della Volta di Christian Bellei, ubicata a
Bomporto in Provincia di Modena;
- “Masseto
2005”, Rosso Toscana I.G.T., 100% Merlot, 15% Vol., uno dei migliori Cru del
Mondo, prodotto dalla Tenuta dell’Ornellaia di Bolgheri (LI).
Quest’annata,
frutto di una vendemmia particolarmente tardiva, degustata dopo 10 anni, è stata un’esplosione
di magnifiche sensazioni;
- “Avignonesi Vin Santo di Montepulciano
1998”, D.O.C., un
blend di Malvasia Toscana e Trebbiano, 14,5% Vol., prodotto da Avignonesi nella
Fattoria “Le Capezzine” di Montepulciano (SI). Sublime
nettare dagli esaltanti sentori, affinato per dieci anni, in caratelli di
rovere da 50 litri, sotto i tetti della “vinsantaia” della Fattoria.
Dell’annata
1998 ne sono state prodotte, per tutto il mondo, solo 2.309 bottiglie da 375
ml., la bottiglia degustata era la n.1978.
In tavola
l’alzatina con il fragrante pane e i grissini della Casa ai diversi sapori.
Sono state
servite le seguenti portate:
- Mini “5 e
5” (tipico panino Livornese farcito con torta di ceci);
- “Elogio al
pomodoro del nostro Orto”: Succo di pomodoro condito e con verdurine dell’orto,
accompagnato da un mini spiedino di formaggio, oliva, mezzo pomodorino e cappero
“occhio di pernice” (i capperi si classificano in base alle loro dimensioni e
questi, di calibro 7/8 mm., sono tra i più pregiati);
- Bavarese al pomodoro con crema da raveggiolo
(formaggio fresco molle di latte vaccino o
ovicaprino) e bresaola di Mucco Pisano (bovino allevato nella zona del Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli);
- Paté di
fagiano in guscio di cioccolato, Paté di lumache, con crostino e crema del
Frutto della Passione;
- Battuta di
coltello di carne Chianina, burrata, maionese al basilico e delizie dell’Orto;
- Panino di
farina di farro della Garfagnana ripieno di giardiniera estiva dell’orto con
bocconcini di arista insieme a due mezze fette di arista con paté di fagioli
cannellini;
- Pappa al
pomodoro “Pisanello” (più schiacciato del normale e costoluto con una polpa
soda e dal sapore dolciastro/acidulo) con gelato all’aglio a pane croccante
spalmato al pesto di basilico;
- Gnudi con
ragù di carne Chianina e scaglie di Parmigiano Reggiano, del “Consorzio Vacche Rosse”, invecchiato 36
mesi;
- Lasagnetta
con ragù di capretto e piselli insieme a formaggio erborinato della Maremma;
- Fagottini
di baccalà in salsa dolce forte classica;
- Piccione
al forno, coscia e ala, parzialmente disossate e ripiene, accompagnate da un
panino con hamburger di petto di piccione e crème caramel di cipolla;
- “Dal
Trippaio”: Listarelle di trippa fritte, Centopelli al Vin Santo e zafferano,
Panino di lampredotto e salsa verde, Croce e cuffia alla Fiorentina;
- Granita al
bitter;
- Zuppa
Inglese con cioccolato “Amedei”.
Una
degustazione estremamente valida e decisamente molto buona, fatta con delle
materie prime di grande rilievo e qualità e anche molto ben presentata.
I prodotti
del loro orto (coltivato ancora dal grande babbo Adelmo, 87 anni) sono
veramente buonissimi e il loro uso arricchisce i piatti di intensi profumi e
deliziosi sapori.
La cucina
tradizionale della Chef Laura Lorenzini è di grande gusto e anche qualche
piccola rivisitazione, in chiave più moderna, fatta con giusta misura, sia
nelle dosi che negli accostamenti, dà ai piatti molta piacevolezza.
In Sala
Fabrizio Lorenzini e sua moglie Tina Argentieri vi “coccoleranno” con tutta la
loro grande professionalità ed esperienza.
Al
Ristorante “Mocajo” a Casino di
Terra, in Provincia di Pisa, da oltre 50 anni portato avanti dalla Famiglia
Lorenzini, ho trovato dell’ottima Cucina Toscana, fatta con amore e passione,
andando ben oltre le mie più rosee aspettative.
Il Vecchio Marchio del Pastificio
Una Vista della Sala.
Una Vista della Cantina
Mini "5 e 5"
"Elogio al Pomodoro del Nostro Orto"
Bavarese al Pomodoro
Paté di Lumache e Paté di Fagiano
Battuta di Carne Chianina
Panino con Giardiniera e Arista
Pappa al Pomodoro
Gnudi
Lasagnetta
Fagottini di Baccalà
Piccione al Forno
"Dal Trippaio"
Granita al Bitter
Zuppa Inglese
Laura Lorenzini, G. Dracopulos, Fabrizio Lorenzini
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